Stop all’aumento Carige Malacalza attacca: prima serve un piano
Il primo azionista si astiene e fa mancare il quorum per l’operazione da 400 milioni
Niente aumento di capitale per Carige. O almeno non in questo momento. E no anche al raggruppamento delle azioni ordinarie e di risparmio proposto dal cda (nell’ordine di una ogni mille). Ieri Malacalza Investimenti, azionista di riferimento dell’istituto (27,5% delle quote) si è astenuto dal voto sulla ricapitalizzazione da 400 milioni della banca. Una decisione che, a fronte del 41% del capitale iscritto al voto, ha fatto mancare il quorum deliberativo per l’operazione. I manager dell’istituto preoccupati. Il presidente Modiano: «Non è tempo fino a marzo, ci ammazzano tutti. L’ad Innocenzi, c’è allarme sulla cedola del bond. Oggi il cda.
Niente aumento di capitale per Carige. O almeno non in questo momento. E no anche al raggruppamento delle azioni ordinarie e di risparmio proposto dal cda (nell’ordine di una ogni mille). Ieri Malacalza Investimenti, azionista di riferimento dell’istituto (27,5% delle quote) si è astenuto dal voto sulla ricapitalizzazione da 400 milioni della banca. Una decisione che, a fronte del 41% del capitale iscritto al voto, ha fatto mancare il quorum deliberativo per l’operazione e anche per i successivi punti all’ordine del giorno. Perché l’aumento passasse, infatti, era necessario che votassero i due terzi dei presenti (e sono conteggiati presenti anche gli astenuti). La votazione, alla fine, si è conclusa con il 70,6% di astenuti.
L’azionista ha affidato all'avvocato Paolo Ghiglione l’illustrazione dei motivi per i quali è giunto a questa decisione, nonostante continui a manifestare fiducia per il cda guidato da Pietro Modiano (presidente) e Fabio Innocenzi (ad). Il legale ha ricordato come «nel corso del tempo» i Malacalza abbiano «posto censure» all’operato «del precedente management (quello guidato da Paolo Fiorentino, ndr)», in merito a «cessioni di cespiti» e a comportamenti che hanno creato «ingenti fughe di depositi». Nonché «più in generale alle dinamiche dell’operazione di aumento di capitale del 2017». Ghiglione, poi, ha fatto riferimento alla necessità, emersa a settembre, «di ulteriori accantonamenti su crediti a fronte di richieste di Bce» di rettifiche per oltre 250 milioni. È naturale, ha detto Ghiglione, che «l’azionariato si domandi se anche l’aumento di capitale che viene qui proposto non sia destinato a subire la stessa sorte dei precedenti» con i quali si sono bruciati circa 2,2 miliardi. Secondo l'azionista, dunque, «manca, a oggi, il nuovo piano industriale, così come tutti i documenti di pianificazione strategica complessivi». Manca poi «una completa e definitiva stima del valore effettivo dell'intero portafoglio crediti» e «non è dato sapere se l'Autorità di Vigilanza ha svolto o prevede di svolgere ulteriori assessment sulla banca», imponendo, come in passato, «ulteriori prescrizioni» che «possano comportare nuove carenze dei requisiti patrimoniali». Inoltre, ha detto Ghiglione, «non sono ancora noti i risultati di bilancio 2018 e si è ancora in attesa degli obiettivi patrimoniali che saranno dati a Carige nel 2019». Quanto poi all’urgenza dell'intervento richiesto sul capitale della banca, Ghiglione ha sottolineato che la banca è stata «per il momento posta in sicurezza grazie al prestito obbligazionario sottoscritto dal Fondo interbancario, consentendo dunque di rinviare l'assunzione della decisione su una possibile nuova operazione sul capitale a una prossima assemblea». Per questi motivi Malacalza, ha deciso per l'astensione, che non implica ha detto Ghiglione, la contrarietà «a una nuova operazione di capitalizzazione», da effettuarsi dopo «che siano forniti tutti gli elementi necessari per consentire ai soci una adeguata valutazione».
La decisione di Malacalza di opporsi, con l'astensione, all'aumento di capitale, non è cambiata, nonostante, nel corso di un'assemblea fiume durata quasi otto ore, Modiano e Innocenzi abbiano cercato di convincere gli azionisti a mutare la propria dichiarazione di voto. Modiano ha proposto anche una sospensione dell'assemblea per trovare un compromesso, anche con «una delega condizionata».
Ma su questo ha risposto direttamente Mattia Malacalza, ad di Malacalza Investimenti. «Queste – ha detto - non sono decisioni che si prendono qui. Non abbiamo bisogno di fare nessun tipo di passaggio ulteriore».
Successivamente Ghiglione ha sottolineato che l’azionista «non sta bocciando il cda; abbiamo un’enorme fiducia in questo consiglio, li abbiamo scelti noi e a ragione». Ma ha aggiunto che l'astensione sarebbe rimasta tale. Una decisione che ha portato Modiano a dire, parlando con un membro del cda, a margine di una pausa dell'assemblea: «Non c’è tempo, (l'aumento, ndr) non si può fare a marzo, ci bocciano, ci ammazzano tutti». Il riferimento è alla Bce che, secondo i vertici di Carige, ha rinviato al 31 dicembre 2019 (dal 31 dicembre 2018 previsto in precedenza) il termine entro il quale la banca dovrà dimostrare l'osservanza dei requisiti patrimoniali imposti dalla Vigilanza stessa, solo a patto della riuscita dell'aumento di capitale. Innocenzi ha invece lanciato l'allarme per gli effetti sul bond Tier2 dello stop all'aumento. Questo, ha detto, comporta la crescita dal 13% al 16% della cedola, con un onere, per la banca, in mancanza di conversione, di 512 milioni in 10 anni. Il cda si riunirà oggi per fare il punto della situazione.