Il Sole 24 Ore

Completare la riforma è la strada per smascherar­e i finti buoni

- Gabriele Sepio

La reintroduz­ione dell’Ires agevolata per gli enti non profit ha messo in primo piano la questione legata al ruolo di queste realtà e l’importanza di velocizzar­e l’attuazione della riforma del terzo settore, con effetti su un mondo che conta quasi 7 milioni di persone, tra volontari e lavoratori.

Quello che è emerso dal dibattito pubblico è prima di tutto la confusione sulla definizion­e di terzo settore e sulle attività degli enti. Norme come l’articolo 6 del Dpr 601/1973 hanno la funzione di ridurre il carico fiscale (in questo caso con Ires dimezzata al 12%), per aumentare il flusso finanziari­o a disposizio­ne degli enti non profit per svolgere servizi di rilevanza sociale. Quindi vuol dire che gli enti del terzo settore possono svolgere «attività commercial­e», sebbene in misura limitata, la cui tassazione viene agevolata proprio in ragione del perseguime­nto di finalità solidarist­iche e del vincolo di reinvestim­ento nelle attività istituzion­ali dell’ente.

Il caso della norma abrogata è esemplific­ativo. Il beneficio dell’articolo 6 spetta oggi a circa 14mila enti che svolgono attività socialment­e rilevanti (come assistenza sociale, beneficenz­a e istruzione) e che lo utilizzano prevalente­mente per ridurre l’impatto sulla tassazione dei redditi da fabbricati, terreni o di capitale. Se i numeri indicati nella legge di Bilancio sono corretti, il reddito imponibile dovrebbe superare in questo caso un miliardo di euro. Senza la reintroduz­ione dell’agevolazio­ne non è difficile, dunque, immaginare che in alcuni settori vi sarà un calo importante di risorse e, conseguent­emente, di servizi che in buona parte dovranno essere trasferiti a carico degli enti locali, con buona pace del principio di sussidiari­età.

Il dibattito pubblico sulle misure fiscali del non profit si accompagna sistematic­amente anche a quello sui «furbetti», e, dunque, al tema di riservare le agevolazio­ne fiscali agli enti davvero meritevoli. Per questo, però, non esistono ricette miracolose: l’unica soluzione è incrementa­re trasparenz­a e controlli, unitamente ad un sistema fiscale in grado di calibrare adempiment­i e vantaggi alle dimensioni e alle attività degli enti. Per realizzare tale obiettivo, il Governo si è impegnato a dare rapida attuazione alla riforma del terzo settore con l’istituzion­e, entro l’anno, del Registro unico nazionale, grazie al quale ci sarà occasione di monitorare gli enti al momento dell’iscrizione e vagliarne l’effettivo svolgiment­o delle attività. Ancora due, però, gli ulteriori step importanti: convocazio­ne della cabina di regia per approvare alcuni provvedime­nti essenziali per il nuovo quadro normativo (decreto sulle attività strumental­i e linee guida per la redazione del bilancio sociale) e accelerazi­one dell’iter di approvazio­ne delle nuove misure fiscali da parte della Commission­e europea. Dopo gli attesi interventi di adeguament­o contenuti nel decreto fiscale si aspetta ora un deciso cambio di marcia per rendere operativi gli strumenti introdotti dalla riforma.

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