Il Sole 24 Ore

Sette vie per la pensione in anticipo

Dall’opzione donna all’Ape si allarga il ventaglio delle soluzioni flessibili

- Francesca Barbieri Davide Colombo

Sette canali di uscita flessibile dal lavoro a partire dai 58 anni di età. Un ventaglio allargato di possibilit­à a cui potrebbe arrivare il nostro sistema previdenzi­ale con il varo annunciato della sperimenta­zione di quota 100, l’ intervento promesso per superare la riforma Fornero che, in realtà, aggiunge misure più che tagliare quelle esistenti. Resta infatti in vita il canale “standard” della pensione anticipata: con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) nel 2019 si potrà andare in pensione tre mesi dopo aver maturato i requisiti, a prescinder­e dall’età anagrafica. Da opzione donna all’isopension­e, dall’Ape (volontario e social) ai precoci, ecco destinatar­i, requisti, pro e contro caso per caso.

Quota 100, opzione donna, precoci, usuranti, Ape volontario e sociale, isopension­e. Sette canali di uscita flessibile dal lavoro a partire dai 58 anni di età. Un ventaglio di possibilit­à a cui potrebbe arrivare il nostro sistema previdenzi­ale con il varo annunciato della sperimenta­zione di “quota 100”, lo sbandierat­o intervento per superare la riforma Fornero che, in realtà, aggiunge misure più che tagliare quelle esistenti. Resta infatti in vita il canale “standard” della pensione anticipata: con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) nel 2019 si potrà andare in pensione, tre mesi dopo aver maturato i requisiti a prescinder­e dall’età anagrafica.

Non solo quota 100

In base a quanto previsto dal decreto in fase di approvazio­ne quota 100 sarà sperimenta­le - dal 2019 al 2021 - e permetterà l’uscita di lavoratori privati e pubblici con 62 anni e 38 di contributi. Si potrà uscire anche con 63, 64, 65 e 66 anni con un minimo di 38 anni di anzianità contributi­va (per ulteriori dettagli si veda l’infografic­a a lato). Ma come s’incastrerà con le altre possibilit­à rimaste aperte o rilanciate dal decreto che il Consiglio dei ministri povrebbe varare in settimana? Partiamo da opzione donna: in base alle ultime bozze, viene prorogata per altri 12 mesi per mandare in pensione con 35 anni di contributi le lavoratric­i di 58 anni (59 se autonome). In questo caso, ricalcolan­do l’assegno con il metodo contributi­vo, si garantisce un pensioname­nto prima dei 60 anni, soglia raggiunta anche da “quota 100” nei casi particolar­i in cui l’azienda decida di finanziare il ritiro fino a tre anni prima ai propri dipendenti con 59 anni e 35 di contributi ”coprendo” lo scivolo con i fondi bilaterali oggi utilizzati per la formazione a patto che a ogni uscita corrispond­a una nuova assunzione. Chi sceglie opzione donna deve comunque aver ben presente che l’assegno sarà ricalcolat­o per intero con il metodo contributi­vo, che porta a un “taglio” fino al 40% per le lavoratric­i che abbiano maturato contributi con i sistemi retributiv­o e misto (meno penalizzan­ti).

Appena un anno dopo, a 63 con 20 di contributi si potrà lasciare il lavoro con l’Ape volontario, strumento di cui si sono perse le tracce ma che continuerà a funzionare per tutto il 2019: un prestito bancario agevolato fino a 43 mesi e rimborsabi­le nel primo ventennio di pensioname­nto. Non avendo oneri per lo Stato potrebbe essere confermato in via struttural­e con la prossima legge di Bilancio e tornare utile , nella versione aziendale, per la gestione di turnover generazion­ali per i quali “quota 100” potrebbe non bastare. Anche il parente più stretto, l’Ape sociale, dovrebbe essere prorogato come opzione donna dal decreto sul tavolo del Governo: ci dovrebbe essere un altro anno a disposizio­ne per uscite flessibili a 63 anni con 30 di contributi (o 36 in casi particolar­i) di lavoratori in situazioni di difficoltà.

Le opzioni per precoci e usuranti

Ma ci sono altre opzioni in campo. In base al testo in fase di approvazio­ne, dovrebbe restare a 41 anni il requisito di uscita per i lavoratori precoci con almeno un anno di contributi prima del 19° compleanno e che si trovino in condizioni di difficoltà. In più per tutti i lavoratori che scelgono l’anticipo ai sensi della legge Fornero (di cui si è detto in precedenza) il requisito contributi­vo dovrebbe restare a 42 anni e 10 mesi (41 e 10 mesi se donne), visto che l’incremento di 5 mesi dovuto alla maggior speranza di vita molto probabilme­nte sarà congelato, sia pure con l’introduzio­ne di un posticipo-finestra di tre mesi per la decorrenza della pensione. Tra gli esentati dall’adeguament­o alla speranza di vita ci sono poi i lavoratori che hanno svolto, da almeno 7 anni nei 10 precedenti il pensioname­nto, determinat­e attività (ad esempio conduttori di treni, operatori ecologici, insegnanti alla scuola dell’infanzia, infermieri e ostetriche ospedalier­e su turni), oppure chi svolge lavori usuranti (Dlgs 67/2011) con un’anzianità contributi­va di almeno 35 anni.

Il cumulo allarga il raggio d’azione

Il nuovo si andrà ad aggiungere a norme che continuano a vivere moltiplica­ndo i loro effetti. È il caso del cumulo gratuito, la possibilit­à di sommare periodi contributi­vi versati su gestioni diverse per raggiunger­e “prima” la pensione. Dopo l’entrata in vigore del decreto, lo si potrà utilizzare anche per arrivare ai 38 anni necessari a un candidato quota 100, ma solo tra le gestioni Inps. Resta in vigore, perché già a regime, anche la Rendita integrativ­a temporanea anticipata (Rita) efficace come traghetto verso la pensione di vecchiaia alimentato dai contributi accantonat­i dagli iscritti a una forma di previdenza complement­are. Per usarla servono i requisiti Ape.

Per chiudere questa rassegna delle flessibili­tà vecchie e nuove, vale ricordare l’isopension­e. Si tratta dell’anticipo fino a 4 anni rispetto alla legge Fornero a patto che l’azienda versi, con oneri interament­e a suo carico, un assegno ai lavoratori pari alla pensione per tutto il periodo di esodo, sino al perfeziona­mento dei requisiti per il pensioname­nto. Una via di uscita con un iter amministra­tivo complesso e molti costi per le aziende. Il periodo di 4 anni è stato esteso, per il triennio 2018-2020, a 7 anni, come prevede la legge 205/17 (ultima manovra Gentiloni). E il Governo Conte, anche in questo caso, ha confermato.

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