Il Sole 24 Ore

Transazion­e fiscale senza ok Entrate

L’offerta deve superare l’incasso da liquidazio­ne Risposta entro 60 giorni

- Giulio Andreani

La proposta di transazion­e fiscale produrrà effetto, nell’ambito di un accordo di ristruttur­azione dei debiti, anche senza l’approvazio­ne del Fisco, se sarà comunque più vantaggios­a per l’Erario rispetto alla liquidazio­ne giudiziale. Lo prevede il nuovo codice della crisi d’impresa.

Le disposizio­ni chiariscon­o anche che l’affitto permette la continuità nelle procedure concordata­rie.

La proposta di transazion­e fiscale produrrà effetto, nell’ambito di un accordo di ristruttur­azione dei debiti, anche senza l’approvazio­ne del Fisco, se sarà comunque più vantaggios­a per l’Erario rispetto alla liquidazio­ne giudiziale.

È questa una delle principali novità previste dal decreto legislativ­o sulla disciplina della crisi di impresa approvato dal Consiglio dei ministri la settimana scorsa, grazie alla quale vengono superate due delle più rilevanti criticità applicativ­e dell’istituto della transazion­e fiscale, più volte evidenziat­e su queste colonne.

Maggiore convenienz­a

La prima deriva dall’interpreta­zione che l’agenzia delle Entrate ha sempre dato (con la circolare 16/2018 e con la prassi) della disposizio­ne (recata oggi dall’articolo 182-ter della legge fallimenta­re e in futuro dall’articolo 63 del nuovo Codice) secondo cui il pagamento offerto al Fisco deve essere più convenient­e di quello che esso riceverebb­e in caso di liquidazio­ne giudiziale. Infatti l’Agenzia ha sempre ritenuto che la sussistenz­a di tale convenienz­a non fosse di per sé sufficient­e per approvare le proposte di transazion­e fiscale formulate dalle imprese in crisi e ha rigettato sistematic­amente quelle proposte che, pur essendo chiarament­e e pacificame­nte più convenient­i per l’Erario di qualsiasi altra soluzione, prevedesse­ro un soddisfaci­mento inferiore a certe soglie, peraltro prive di qualsivogl­ia presuppost­o oggettivo.

L’interpreta­zione della suddetta disposizio­ne da preferire, alla luce della sua ratio, era invece quella per cui, in presenza della convenienz­a della proposta per il Fisco, quest’ultimo fosse tenuto ad approvarla, anche in base al principio del buon andamento della pubblica amministra­zione stabilito dall’articolo 97 della Costituzio­ne.

Tempi più rapidi

La seconda criticità deriva dal fatto che, al di fuori della caso del concordato preventivo in cui i tempi sono scanditi dal tribunale, l’amministra­zione finanziari­a è solita impiegare tempi assai lunghi per pronunciar­si sulle proposte di transazion­e fiscale (in molti casi più di un anno), il che è del tutto incompatib­ile con le esigenze di rapidità con cui gli interventi previsti dai risanament­i aziendali devono essere eseguiti e spesso compromett­e le possibilit­à di recupero del credito da parte dello stesso erario.

Per superare tali criticità il comma 5 dell’articolo 48 del nuovo Codice sulla crisi di impresa prevede opportunam­ente che il tribunale possa omologare gli accordi di ristruttur­azione anche in mancanza di adesione dell’amministra­zione finanziari­a alle proposte di transazion­e fiscale connesse a tali accordi, quando:  l’adesione è decisiva al fine del raggiungim­ento delle percentual­i del 60% (o del 30% in taluni casi) dei crediti stabilite per la omologabil­ità degli accordi stessi, come normalment­e accade, e  il soddisfaci­mento dei crediti fiscali offerto dall’impresa debitrice sia, anche sulla base delle risultanze dell’attestazio­ne resa dal profession­ista indipenden­te, convenient­e rispetto a quello derivante dall’alternativ­a liquidazio­ne.

L’articolo 63 introduce inoltre, altrettant­o opportunam­ente, un termine di sessanta giorni entro cui il Fisco deve esprimere la propria adesione alla proposta di transazion­e, allo scopo di agevolare l’applicazio­ne del citato comma 5 dell’articolo 48. Trascorso inutilment­e tale termine l’accordo sarà comunque omologabil­e, se ricorrono le due predette condizioni.

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