Con l’affitto d’azienda i benefici della continuità
Il contratto si può sciogliere anche se la liquidazione riguarda l’affittuario
Il Dlgs che riscrive le regole sulla crisi d’impresa varato definitivamente la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri affronta e risolve anche molte questioni relative all’affitto d’azienda. Chiarisce ad esempio che l’affitto permette la continuità nelle procedure concordatarie e che il curatore può sciogliersi dal contratto sia che la liquidazione giudiziale (ossia il “fallimento”) riguardi il concedente sia che riguardi l’affittuario. Ma vediamo tutte le novità.
Le caratteristiche
Nella prassi concorsuale, l’affitto di azienda ha sempre costituito un negozio poliedrico, suscettibile di valutazione sotto una pluralità di angoli visuali:
1) quale contratto pendente rinvenuto dal curatore alla apertura del concorso (spesso stipulato poco prima dell’ingresso in procedura ed in funzione di questa);
2) quale negozio utilizzato dal curatore in concomitanza con l’esercizio provvisorio della impresa, così da garantire la sopravvivenza della azienda senza il peso che, inevitabilmente, una gestione diretta della curatela avrebbe prodotto;
3) infine, quale istituto capace di traghettare l’impresa verso un nuovo imprenditore o una nuova compagine sociale e dunque in funzione del concordato in continuità, ovvero dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.
I nodi precedenti
Le diverse possibilità di approccio non erano tuttavia esenti da problematiche, oggetto di frequente dibattito nei tribunali. E così, per fermarsi alle ipotesi più ricorrenti richiamate nei punti 1 e 3, il dato normativo legava la facoltà di recesso del curatore all’obbligo di un indennizzo da riconoscersi in prededuzione a favore della controparte in bonis; così come si discuteva, nel silenzio della norma, se l’affitto di azienda potesse costituire, unitamente alla cessione e al conferimento espressamente richiamati dall’articolo 186 bis della legge fallimentare, negozio idoneo al fine di garantire i benefici legati alla continuità (tra i quali il mancato scioglimento dei contratti in corso con le pubbliche amministrazioni, ovvero la facoltà di partecipare a gare d’appalto pubbliche).
Le nuove norme
Secondo il tenore del nuovo articolo 184, il curatore può sciogliersi dal contratto sia che la liquidazione giudiziale (appellativo che sostituirà quello attuale di “fallimento”) riguardi il concedente sia che riguardi l’affittuario, producendo in ogni caso un diritto della controparte all’indennizzo ma in moneta concorsuale.
Quanto poi agli effetti retrocessori, legati alla eventuale riacquisizione dell’azienda in capo alla curatela, la nuova disciplina si preoccupa di creare a favore della procedura un ombrello protettivo, e ciò in più direzioni:
anzitutto, i contratti che non si sciolgono e che seguirebbero l’azienda ai sensi dell’articolo 2558 del Codice civile, vengono assoggettati alla disciplina tipica dei rapporti pendenti; in secondo luogo i debiti relativi all’azienda (e in primis quelli da lavoro) non si estendono solidarmente alla procedura, come avverrebbe secondo il diritto comune disciplinato dall’articolo 2112 del Codice civile.
Quanto poi alla tematica se l’affitto sia, nelle procedure concordatarie, strumento idoneo alla continuità, ebbene la risposta positiva è oggi esplicita, vista la chiara menzione dell’articolo 94 (effetti della presentazione della domanda di concordato).
L’affitto di azienda rientra infatti tra gli atti autorizzabili dal giudice delegato se stipulato in esito a procedura competitiva ed è invece autorizzato dal tribunale quando, in ipotesi particolari e di urgenza, non vi sia né competizione, né pubblicità.