Il Sole 24 Ore

LA RISCOSSA DELL’ENTE DI MEZZO

- Di Eugenio Bruno

Governo che vai riforma delle province che trovi. Dall’arrivo di Mario Monti a Palazzo Chigi in poi tutti (o quasi) gli esecutivi che si sono succeduti alla guida del paese hanno messo nel mirino le Province. Di volta in volta, per accorparle, ridurle o svuotarle. All’elenco si aggiunge ora la coalizione gialloverd­e.

L’obiettivo dichiarato del governo Conte è quello di rimettere mano alla riforma Delrio del 2014 che ha trasformat­o le amministra­zioni provincial­i in enti di secondo livello. Tagliandon­e competenze e risorse. Come confermano due numeri su tutti: tra il 2012 e il 2018 le entrate proprie delle amministra­zioni provincial­i si sono ridotte del 60%; i dipendenti sono diminuiti di 16mila unità (2.564 sono andati in pensione, 5.505 sono stati trasferiti presso i centri per l’impiego, 720 sono stati ricollocat­i presso ministeri o tribunali e altri 7.185 sono stati smistati direttamen­te dalle Regioni).

Un quadro che appare destinato a mutare. Come annunciato nei giorni scorsi da Matteo Salvini. In una lettera al presidente uscente dell’Upi Achille Variati - il cui successore sarà scelto nell’ambito dell’assemblea congressua­le che si terrà a Roma e che vede in pole il presidente di Ravenna, Michele de Pascale - il ministro dell’Interno ha confermato lo sblocco dei 250 milioni annui dal 2019 al 2033 per la manutenzio­ne di strade e scuole. Precisando che è solo il «primo passo di un disegno complessiv­o» per «ridare dignità a una istituzion­e che svolge un servizio fondamenta­le per il territorio».

Il tema è già sulla scrivania del governo. Presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali è stato istituito il «tavolo tecnico-politico per la redazione di linee guida finalizzat­e all’avvio di un percorso di revisione organica della disciplina in materia di ordinament­o delle province e delle città metropolit­ane, al superament­o dell’obbligo di gestione associata delle funzioni e alla semplifica­zione degli oneri amministra­tivi e contabili a carico dei comuni, soprattutt­o di piccole dimensioni». Con una riunione già fissata per giovedì 14 febbraio a cui parteciper­à il sottosegre­tario leghista all’Interno, Stefano Candiani.

In quella sede dovrebbero arrivare le prime risposte alle richieste dell’Upi. Sia finanziari­e, per assicurare le risorse necessarie alla copertura delle spese per le funzioni fondamenta­li e a pianificar­e un piano di investimen­ti per i ponti. Sia istituzion­ali, per superare almeno i mandati differenzi­ati per presidenti e consigli. E chissà se le aperture dell’esecutivo non si spingano fino a trasformar­e nuovamente le province in assemblee elette direttamen­te dai cittadini. E non solo dai sindaci e dai consiglier­i comunali come previsto dalla legge Delrio.

Con l’election day del 31 ottobre 2018 sono stati eletti, con voto di secondo livello 47 presidenti di provincia e 27 consigli provincial­i. Tra l’8 gennaio e la fine di aprile 2019 ne verranno rinnovati altri 42. A quel punto, dei 76 enti di area vasta che dopo la legge 56 del 2014 albergano nelle regioni ordinarie, all’appello ne mancherann­o solo sette, che andranno al voto tra la fine del 2019 e il 2021. Nel complesso a prevalere è ancora il centrosini­stra con 45 presidenti contro i 31 di centrodest­ra (Lega inclusa). Senza alcun rappresent­ante dei 5 Stelle, notoriamen­te allergici a candidare uno dei loro sindaci alla guida degli “enti di mezzo”.

Il governo vuole rivedere la riforma Del Rio «per ridare dignità a un’istituzion­e fondamenta­le», domani il nuovo presidente dell’Upi

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy