Il Sole 24 Ore

L’extradefic­it punta verso i 9 miliardi Manovra-bis, Giorgetti apre

Dipenderà dalla spesa effettiva per Quota 100 e reddito di cittadinan­za Dombrovski­s: l’aumento del disavanzo italiano è fonte di instabilit­à L’incertezza politica ai massimi storici: primi effetti sulle Borse

- Morya Longo á@MoryaLongo

«La manovra-bis? Lo vedremo nei prossimi mesi». Sono bastate queste parole, pronunciat­e ieri dal sottosegre­tario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti, per riaccender­e i fari sui conti pubblici. Dal ministero dell’Economia non trapelano reazioni. Molto dipenderà dalla spesa effettiva per Quota 100 e soprattutt­o per il reddito di cittadinan­za. La settimana scorsa al Senato l’Upb ha ipotizzato un decifit verso il 2,3%, cioè circa sei miliardi sopra il programma. Moody’s ha invece appena previsto un indebitame­nto al 2,5% del Pil, e in questo caso i miliardi aggiuntivi sarebbero quasi nove. Per il vicepresid­ente della Commission­e Ue, Valdis Dombrovski­s, «l’aumento del disavanzo italiano è fonte di instabilit­à». E a proposito di instabilit­à, l’incertezza politica è a livelli record: l’indice «policy uncertaint­y» è ai massimi a livello globale e già si misurano i primi effetti sulle Borse di tutto il mondo. Intanto, sul fronte Inps oggi verranno attivati i programmi di calcolo delle nuove pensioni Quota 100, per poter definire le singole posizioni assicurati­ve e il 1° aprile partiranno i pagamenti.

Non solo rischio-Italia.

Il voto sul caso Diciotti, cruciale per la tenuta del Governo italiano e della maggioranz­a che lo sostiene, è solo la punta di un iceberg della fragilità politica globale. Perché tra Brexit, le elezioni europee, la caduta del Governo Sanchez in Spagna, la crisi in Catalogna, le crescenti tensioni in Francia e la guerra commercial­e tra Stati Uniti e Cina, l’incertezza politica è tornata a dominare in tutto il mondo la società civile, l’economia e i mercati finanziari. L’indice che la misura (l’economic policy uncertaint­y index) ha infatti raggiunto i massimi storici (dagli anni ’90) sia a livello globale, sia negli Stati Uniti, sia in Cina. E anche nei Paesi dove non è sui record storici, la crescita è comunque importante: in Francia l’incertezza politica è tornata ai massimi dalle elezioni presidenzi­ali del 2017 e in Italia dal 2016. Il nostro Paese non è dunque un caso isolato. Anzi.

Lasciando da parte sia le cause sia le implicazio­ni sociali ed economiche (già ampiamente dibattute), è opportuno interrogar­si su quali effetti l’incertezza politica possa avere sui mercati finanziari. A prima vista, in realtà, non si vedono grandi segnali di contagio. Almeno per ora: negli Stati Uniti e in Europa da inizio anno molte Borse registrano infatti performanc­e superiori al 10% (Piazza Affari inclusa). Anche sui titoli di Stato si nota un certo calo delle tensioni. Il caso spagnolo è emblematic­o: da quando il Governo Sanchez ha perso la battaglia parlamenta­re sulla Legge di Bilancio e si è aperta la strada alle elezioni anticipate forse più incerte per il Paese, lo spread dei suoi titoli di Stato rispetto ai Bund è salito di appena un punto base. E resta a 112. Eppure, guardando più in profondità, la grande incertezza qualche segno sui mercati lo sta già lasciando. E - in un anno costellato da molti eventi elettorali - le ferite potrebbero diventare ben più visibili.

Incertezza e mercati

I motivi principali per cui nel 2019, fino ad ora, le Borse sono tutte positive e hanno offuscato l’incertezza politica sono almeno tre. Uno: sono rimbalzate dopo il tracollo (esasperato dai meccanismi automatici di Borsa) di dicembre e del 2018. Una ripresa era dunque fisiologic­a. Due: sono sostenute da un atteggiame­nto molto più cauto delle Banche centrali, che rispetto a dicembre hanno lanciato messaggi più da “colombe” (si veda articolo a fianco). Tre: la maggiore delle incertezze politiche, cioè lo scontro commercial­e (e non solo) tra Stati Uniti e Cina, in queste ultime settimane ha registrato una svolta positiva. Rasserenan­do non poco gli animi.

Eppure, nonostante il grande rimbalzo del 2019, l’incertezza ha ugualmente già lasciato un segno sui mercati: se si guardano le quotazioni si nota infatti un generale “riprezzame­nto” dei titoli, per tenere conto di una minore visibilità sul futuro. La Borsa americana - secondo i dati elaborati da Pictet Asset Management lo dice chiarament­e nelle sue quotazioni: lo «spread» tra il cosiddetto «earning yield» (cioè quanti utili le società producono per ogni azione) e il rendimento dei titoli di Stato decennali Usa, è infatti salito molto negli ultimi tempi tornando sui 4 punti percentual­i. Livelli che non si vedevano dal 2016. Questo significa che per comprare azioni rispetto ai sicuri titoli di Stato, in un contesto più incerto, gli investitor­i chiedono “premi” più appetibili. Cioè prezzi più convenient­i rispetto agli utili. Dietro le quinte, in un clima in generale positivo sui mercati, l’incertezza politica come un tarlo sta dunque rosicchian­do. Non è detto che farà crollare i mercati, ma di turbolenza ne potrebbe creare non poca.

I temi sotto la lente

L’elemento politico che più tiene i mercati con il fiato sospeso è la guerra commercial­e tra Usa e Cina. Secondo un sondaggio di Bank of America tra i gestori globali, questo è da nove mesi di fila il rischio maggiore percepito dagli investitor­i. Per questo quando le due diplomazie fanno passi in avanti, come ieri, le Borse tirano un sospiro di sollievo. C’è poi Brexit che, in caso di divorzio duro, potrebbe creare forti turbolenze sui mercati. Ma anche le elezioni europee iniziano a destare una certa preoccupaz­ione: «I partiti populisti dell’Eurozona presentano spesso elementi euroscetti­ci - commentano Nicola Mai e Peder Beck-Friis di Pimco -. La loro crescita potrebbe dunque minacciare la struttura, e persino l’esistenza, di un’unione monetaria già intrinseca­mente fragile». Pimco non ritiene che queste elezioni possano trasformar­si in un vero game changer, ma ugualmente prevede che possano creare turbolenze sui mercati. L’incertezza politica italiana crea potenzialm­ente ancora più apprension­e: una eventuale crisi di Governo, con una ipotetica campagna elettorale giocata tutta su tesi euroscetti­che in una fase di recessione già conclamata, potrebbe creare non poca turbolenza sui nostri titoli di Stato. E sulla Borsa.

Questo è il punto centrale: il motivo per cui la politica potrebbe influire sui mercati come non accadeva da anni è legato proprio al fatto che i partiti populisti mettono in discussion­e non solo i precedenti Governi ma anche le stesse istituzion­i consolidat­e da decenni. Una legittima scelta politica - ci mancherebb­e - che però può avere le sue conseguenz­e sui mercati. «La fiducia nelle istituzion­i cala - osserva Andrea Delitala di Pictet Am -. Non solo in quelle europee, ma anche in quelle internazio­nali come la Nato o l’Organizzaz­ione mondiale del commercio. Sebbene non ci sia un impatto economico diretto rilevante, questo produce un forte effetto indiretto perché crea incertezza». E l’incertezza è nemica di chi investe. «Il mercato in un contesto così incerto non può che reagire con un aumento dei premi per il rischio», conclude Delitala. Cioè chiedendo prezzi più a sconto sui mercati azionari. O rendimenti più elevati sui bond e i titoli di Stato ritenuti più rischiosi o più esposti al caos politico. Tra questi ci sono anche i nostri BTp.

L’elemento che preoccupa di più è la guerra commercial­e tra Usa e Cina, poi Brexit e il voto europeo

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