Referendum sul caso Diciotti «No» al processo Salvini
Contrari al 59%, votano in 52mila. Conte smentisce riserve sul ricorso a Rousseau
Il referendum della base del Movimento Cinque Stelle ha sancito il «no» all’autorizzazione a procedere nei confronti del vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, in merito al caso della nave Diciotti. La consultazione sulla piattaforma Rousseau ha visto votare 52.417 persone, il 59,05% contro il processo.
Alla fine hanno prevalso i no all’autorizzazione a procedere. Sui circa 52mila votantiil il 59,05% si è pronunciato contro e il 40,95% a favore. Ma dal referendum sul processo a Matteo Salvini il M5s esce dilaniato. In modo palese. Al di là del risultato il voto su Rousseau è stato accompagnato da uno scontro all’interno del Movimento sul processo a Salvini, che arriva a pochi giorni dall’appuntamento elettorale in Sardegna, dopo la debacle abruzzese. Oggi non ci saranno sorprese: la Giunta per le Immunità confermerà di non voler concedere l’autorizzazione a procedere. A precedere questa consultazione e a confermare le turbolenze interne ai pentastellati il tweet di fuoco dello stesso Beppe Grillo che aveva ironizzato sul quesito («se voti sì vuol dire no, se voti no vuol dire sì»), ieri derubricato a «mera battuta» e alla conferma della «piena fiducia» in Di Maio,in molti via web fanno sentire la propria rabbia. La stessa scelta di abdicare al voto on line la decisione sulla sorte del ministro dell’Interno non è stata condivisa in modo unanime. Anzi. In serata, ad urne ancora aperte dopo una serie di rinviii sulla chiusura dovuti al blocco di Rousseau (alle 19, poi alle 20 e infine alle 21,30), l’agenzia AdnKronos fa filtrare che tra i contrari ci sarebbe anche il premier Giuseppe Conte secondo cui aver affidato al web le sorti dell’esecutivo è una vera e propria «roulette russa». Da Palazzo Chigi arriva poco dopo una netta smentita. Ma anche se non attribuibile al presidente del Consiglio, il ragionamento sui rischi insiti nel referendum pentastellato sono evidenti. E a palesarli del resto è lo stesso Luigi Di Maio. Il vicepremier M5s dopo aver premesso che da «capo politico sosterrò il risultato della consultazione on line», a votazione in corso conclude con un avvertimento: «Poi ognuno si assumerà le proprie responsabilità».
Di Maio non parla di crisi. Anzi, continua a ripetere che «il governo va avanti». E lo ribadirà nel corso dell’assemblea con i parlamentari convocata ieri in notturna dopo aver avuto la conferma sull’esito del referendum. Lo stesso ribadiscono anche dal fronte alleato, Salvini in testa che continua a dirsi «tranquillo». Ma le parole di Giancarlo Giorgetti lasciano intendere tutt’altro. Votare contro Salvini significherebbe, secondo il sottosegretario della Lega, che «gli iscrittti del M5s sfiduciano l’operato del loro governo».
Ma tra i Cinque Stelle monta la rabbia. «Rousseau ha ottenuto circa un milione di euro per implementare la piattaforma - attacca la senatrice Elena Fattori - e ad oggi non è dato avere né una fattura né una rendicontazione. Almeno dovrebbe funzionare!». Altri invece ribadiscono il loro si al processo. E non solo tra i cosiddetti “dissidenti” (vedi la senatrice Paola Nugnes). Anche Alberto Airola, altro senatore, dice che non
Luigi Di Maio. «Da capo politico sosterrò il risultato della consultazione online sul caso Diciotti», ha detto il vicepremier. «Qualcuno si è lamentato del quesito - ha aggiunto senza nominare esplicitamente Beppe Grillo - ma è lo stesso quesito che verrà posto in Giunta. Ognuno si assume le proprie responsabilità»
Oltre al voto sul ministro dell’Interno pesa il timore per l’esito delle elezioni in Sardegna
può esserci un’eccezione.
Il referendum su Rosseau metterà probabilmente al riparo Di Maio e il Governo oggi in Giunta. Ma cosa accadrà tra un mese, quando a pronunciarsi sarà l’Aula di Palazzo Madama? La maggioranza ha una decina di voti di scarto. Salvini non corre pericoli perché in difesa del ministro dell’Interno sono schierati fin dall’inizio Forza Italia e Fdi. Un conto è però se il «no» al processo lo decide la maggioranza di governo, altro se risulta decisivo l’apporto di due forze dell’opposizione di centrodestra. Molto dipenderà da come si arriverà a quell’appuntamento. Anche perchè Lega e M5s sono divisi su non pochi temi decisivi: dalla Tav all’autonomia delle Regioni del Nord, passando per le nomine (a partire dall’Inps) e agli emendamento del Carroccio al decreto sul reddito di cittadinanza.Ma soprattutto a pesare saranno i risultati elettorali. Se domenica in Sardegna si dovesse confermare un’altra sonora sconfitta per i pentastellati e un nuovo sorpasso della Lega sarà difficile per Di Maio reggere l’urto e le reazioni all’interno del Movimento: la sorte del Governo non è appesa al processo di Salvini sulla Diciotti ma alla tenuta del M5s.