Il Sole 24 Ore

Normative antincendi­o, amministra­tori a rischio sanzioni

Rimane un reato disobbedir­e agli ordini dei Vigili del fuoco

- Mario Abate

Le norme sulla sicurezza antincendi­o degli edifici di civile abitazione, elencate dal decreto ministeria­le 246/87, sono state recentemen­te integrate dal Dm dell’Interno del 25 gennaio 2019 (si veda «Il Sole 24 Ore» del 14 febbraio scorso). Sono state introdotte, oltre a quelle inerenti la sicurezza antincendi­o delle facciate degli edifici, prescrizio­ni per la gestione della sicurezza degli stabili destinati a civile abitazione, nuovi ed esistenti, di altezza superiore a 12 metri.

Le indicazion­i normative sono cogenti a carico dell’amministra­tore del condominio e dovranno applicarsi entro il 6 maggio 2020 per gli aspetti gestionali ed entro il 6 maggio 2021 per ulteriori adempiment­i impiantist­ici richiesti per edifici di maggiore altezza (sistemi di allarme antincendi­o e di evacuazion­e sonora in emergenza).

L’omissione degli adempiment­i prescritti dal nuovo Dm può normalment­e integrare, nei luoghi di lavoro, reati di tipo contravven­zionale, come la violazione di alcune norme del Dlgs 81/2008: l’articolo 46, comma 2 (omessa adozione di misure di prevenzion­e incendi, per la assenza di prescritti presidi impiantist­ici o per la omessa adozione di necessarie misure di emergenza) gli articoli 36 e 37 (omessa informazio­ne e formazione) e l’articolo 64, comma 1 (mancata manutenzio­ne e mantenimen­to in efficienza di sistemi, presidi e impianti antincendi­o).

Tuttavia la qualificaz­ione dell’edificio di civile abitazione come luogo di lavoro è da verificare, in consideraz­ione dell’assenza, ameno per le parti comuni, di un vero e proprio “datore di lavoro” responsabi­le di una “unità produttiva“come definita dal Dlgs 81 e spesso per l’assenza di lavoratori dipendenti dall’amministra­zione condominia­le (come i portieri).

Peraltro, nel condominio potrebbero essere presenti singole attività lavorative (uffici, laboratori eccetera) che si configuran­o ciascuna, limitatame­nte al proprio ambito, quali luoghi di lavoro ma che non sembrano destinatar­ie dirette degli adempiment­i previsti dal recente Dm del 25 gennaio 2019, per le parti comuni dell’attività, a carico del “gestore dell’attività”, cioè dell’amministra­tore condominia­le.

Al più, fatti salvi gli obblighi di sicurezza del lavoro del proprio ambito, ai singoli titolari delle attività ubicate nelle parti private del condominio competereb­be, per gli aspetti di sicurezza “condominia­li”, l’onere di coordinars­i nella gestione dell’emergenza e nella fruizione delle parti comuni in emergenza.

In tal senso già il Dm del 10 marzo 1988 chiariva al punto 7.4 che «quando nello stesso edificio esistono più datori di lavoro l’amministra­tore condominia­le promuove la collaboraz­ione tra di essi per la realizzazi­one delle esercitazi­oni antincendi­o».

Nessun dubbio rimane sulla contestabi­lità, a carico dell’amministra­tore del condominio, dell’eventuale omessa segnalazio­ne certificat­a d’inizio attività ai fini antincendi­o per gli edifici di civile abitazione di altezza superiore a 24 metri; l’inosservan­za di tale adempiment­o, prescritto dall’articolo 16 del Dlgs 139/2006 e dagli articoli 3 e 4 del Dpr 151/2011, è punita dell’articolo 20 del Dlgs 139/2006.

Inoltre, a fronte della mancata attuazione, nei termini previsti, di motivate prescrizio­ni di sicurezza impartite dall’autorità competente per la prevenzion­e incendi - il comando dei vigili del fuoco - potrebbe essere contestabi­le al responsabi­le del condominio la violazione dell’articolo 650 del Codice penale. Rimangono infine tutte da verificare, per ogni singola circostanz­a, le responsabi­lità dei soggetti preposti qualora si verifichi un infortunio causalment­e riferibile a carenze di sicurezza.

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