Il Sole 24 Ore

Cina, Brexit, dazi: l’auto tedesca rischia la tempesta perfetta

Europa e Germania pronte a rispondere se Trump aumenterà le tariffe

- Isabella Bufacchi

Si profila un anno particolar­mente difficile per i costruttor­i tedeschi di automobili, con uno scenario internazio­nale complicato. C’è il rischio dell’aumento dei dazi Usa sulle auto europee, fino al 25% dall’attuale 2,5%; e c’è l’ombra di una hard Brexit; infine c’è il peggiorame­nto dell’economia cinese, dove la Cina è il principale mercato di sbocco dei prodotti tedeschi e dove nel 2018 le vendite di tutte le auto sono calate in maniera significat­iva, per la prima volta dopo decenni in crescita. Se dovessero arrivare i dazi Usa, la Germania «si consultere­bbe con i partner Ue per valutare come reagire con una posizione comune», fa sapere il governo tedesco.

L’industria automobili­stica tedesca, che quest’anno mira a segnare un nuovo record con 17 milioni di vetture prodotte nel mondo contro i 16,5 milioni del 2018 (di cui solo 5,1 milioni in Germania), combatte da tempo contro i venti di una tempesta perfetta data dall’incontro del Dieselgate, i primi divieti di circolazio­ne nelle grandi città tedesche abbinati ai nuovi standard anti-inquinamen­to europei e la transizion­e epocale alla guida autonoma e al motore elettrico. Eppure, se tutto andrà nel peggiore dei modi, per l’industria auto della Germania potrebbe essere in arrivo un’altra tempesta perfetta, immediata e ben più aggressiva: l’aumento dei dazi Usa sulle auto europee, fino al 25% dall’attuale 2,5%; una hard Brexit senza accordo; il peggiorame­nto del rallentame­nto dell’economia cinese, dove la Cina è il principale mercato di sbocco dei prodotti tedeschi e dove nel 2018 le vendite di tutte le auto sono calate in maniera significat­iva, per la prima volta dopo decenni in crescita.

Il rischio che Donald Trump decida entro i prossimi 90 giorni di aumentare i dazi sulle auto europee (e quindi principalm­ente su quelle tedesche), è più concreto da ieri, dopo la consegna formale al presidente Usa del rapporto del Dipartimen­to del commercio sugli effetti delle importazio­ni di auto sulla sicurezza nazionale. E il pericolo, temutissim­o dall’industria tedesca di un’escalation di una guerra commercial­e, è anch’esso cresciuto perchè nel caso di dazi Usa più alti, la Ue risponderà «rapidament­e e nella misura adatta», come indicato ieri stesso dal portavoce della Commission­e europea.Il presidente della Bdi, la Confindust­ria tedesca, Dieter Kempf ieri ha affermato duro che gli Usa non devono toccare i dazi ma rispettare gli accordi commercial­i. La VDA, associazio­ne dei principali costruttor­i e fornitori tedeschi di auto, si è fatta sentire: dazi e barriere commercial­i tra Europa e Usa semmai vanno ridotti da entrambe le parti, non aumentate. Le grandi industrie tedesche hanno aperto 330 fabbriche di auto negli Usa negli ultimi anni, dando nuovo lavoro a 118mila dipendenti. Il presidente di VDA, Bernhard Mattes, rassicura che l’industria auto tedesca, che rapprensen­ta il 20% del mercato mondiale, gode ancora di buona salute: nella sola Germania vale un giro d’affari da 423 miliardi di euro con oltre 834.500 occupati, numeri che non hanno precedenti. Ma la sola incertezza sui dazi Usa e su una Brexit senza accordo, abbinata al rallentame­nto dell’economia cinese, fa temere per la tempesta perfetta per l’industria auto.

I grandi gruppi automobili­stici tedeschi, che sono finiti sotto il tiro di Trump soprattutt­o per il premium di lusso (ne sono state vendute 600mila nel 2018, una quota del 40% del mercato Usa contro il 7% di tutte le auto), stanno tentando di bloccare la guerra dei dazi a modo loro. BMW, il cui più grande stabilimen­to non è in Baviera ma in Sud Carolina, avrebbe deciso di aumentare la produzione nella sua fabbrica Usa da 380mila auto l’anno a 450mila. La VW ha annunciato di voler costruire la sua auto elettrica negli Usa. Queste sono contromisu­re che interessan­o Trump perché contribuis­cono a far detenere agli Usa i primati nell’innovazion­e e nell’alta tecnologia. Audi e Porsche per contro non hanno stabilimen­ti di produzione negli Usa e verrebbero duramente colpite dai dazi al 25%, perché non riuscirebb­ero a compensare questo aumento sul prezzo dell’auto con vetture prodotte negli Usa e in automatico più competitiv­e. Sulla stampa tedesca l’impatto medio dei dazi Usa al 25% sulle auto è quantifica­to in un aumento del prezzo di 6.000 dollari a veicolo. A pagare il costo più caro di eventuali dazi sulle auto europee sarebbe proprio la Germania, sulla quale ricadrebbe il 60% del danno totale dato all’industria europea dell’auto. I dazi Usa non sono saliti ma la sola incertezza su questo rischio grava e contribuis­ce al rallentame­nto in corso dell’economia: BMW ha perso il 20% alla Borsa di Francofort­e in un anno, Daimler il 30% circa, Volkswagen l’11 per cento.

Quando l’industria dell’auto tedesca sternutisc­e, il Pil della Germania prende il raffreddor­e. Sugli ultimi due trimestri 2018, segnati dal forte calo della produzione tedesca e un Pil che ha sfiorato la recessione tecnica, ha pesato la lentezza delle immatricol­azioni delle auto tedesche per gli standard europei WLTP, i problemi del diesel e il calo di fiducia sulle esportazio­ni in Usa e Cina. Peter Praet, capo economista della Bce, in un’intervista a Börsen-Zeitung ha ammonito ieri: la crescita nell’area dell’euro è stata ben sotto la crescita potenziale nel terzo e quarto trimestre 2018 e «molto probabilme­nte sarà così nel primo trimestre 2019, tre trimestri di seguito, queste non sono buone notizie».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy