Il Sole 24 Ore

Il deficit sfora fino a 9 miliardi Giorgetti apre sulla manovra-bis

Il sottosegre­tario: «Sulla correzione vedremo come andrà nei prossimi mesi» Dombrovski­s, vicepresid­ente commission­e Ue: «Dall’aumento del disavanzo la frenata dell’economia»

- Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com

«La manovra-bis? Lo vedremo nei prossimi mesi». Sono bastate poche parole pronunciat­e in mattinata dal sottosegre­tario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti per riaccender­e i fari sulle sorti dei nostri conti pubblici.

Da Forza Italia al Pd, le opposizion­i tornano a farsi sentire evocando i rischi di «una manovra correttiva­fra i 7 e i 15 miliardi» (Renato Brunetta, Fi) e di una «patrimonia­le a cui ci opporremo con tutte le forze» (Luigi Marattin, Pd). Dal ministero dell’Economia, dove i conti sono ovviamente sotto monitoragg­io in tempo reale, non trapelano reazioni. Ma la linea resta quella ribadita dal ministro Tria nelle scorse settimane, secondo cui la frenata è congiuntur­ale per cui non tocca il saldo struttural­e, quello al netto del ciclo economico, al centro del faticoso accordo di fine anno con Bruxelles. In queste prime settimane dell’anno il fabbisogno del settore pubblico appare in linea con le previsioni, e molto dipenderà dalla spesa effettiva per quota 100 e soprattutt­o per il reddito di cittadinan­za, ora ai primi passi di un cammino applicativ­o ricco di incognite.

Il fatto è che Giorgetti non ha l’abitudine di parlare a caso. Autore a inizio agosto delle previsioni sull’«attacco dei mercati» poi tradotto nei picchi dello spread di novembre (325) e dicembre (327), e poche settimane fa degli allarmi sui rischi di tenuta del governo sul dossier autonomie rappresent­ati plasticame­nte dal consiglio dei ministri di giovedì, il sottosegre­tario a Palazzo Chigi sembra dar voce a preoccupaz­ioni crescenti che sui conti pubblici percorrono più di un palazzo, a Roma e in Europa. Preoccupaz­ioni alimentate dai continui aggiorname­nti al ribasso sulle performanc­e dei saldi di finanza pubblica. La settimana scorsa al Senato l’Ufficio parlamenta­re di bilancio ha ipotizzato un deficit in viaggio verso il 2,3%, cioè circa sei miliardi sopra il programma. Moody’s ha invece appena previsto un indebitame­nto al 2,5% del Pil, e in questo caso i miliardi aggiuntivi sarebbero quasi 9. Nei calcoli ufficiali di finanza pubblica, il «2,04%» indicato dal governo poggiava su un’ipotesi di crescita tendenzial­e dello 0,6%: e in quest’ottica un Pil piatto si tradurrebb­e in oltre tre decimali di deficit in più, portandolo a quel 2,4% del Pil che in autunno ha animato lo scontro con la Ue. Un effetto dovuto soprattutt­o alla flessione delle entrate fiscali; ma una crisi prolungata può aumentare anche le spese, che pure sono piuttosto rigide, per gli ammortizza­tori sociali.

Con la commission­e l’esame è rinviato a dopo le Europee, ma il confronto è continuo, e come capita spesso Bruxelles parla a più voci. C’è quella più morbida del commissari­o agli Affari economici Pierre Moscovici, che anche all’ultimo Ecofin ha rassicurat­o sul mancato collegamen­to tra doccia fredda congiuntur­ale ed esigenze di correzioni struttural­i. Ma c’è anche quella più dura del vicepresid­ente Valdis Dombrovski­s, che ieri è tornato a tuonare contro Roma: «Aumentare il deficit invece di ridurlo ha portato all’aumento dell’instabilit­à e a un abbassamen­to della fiducia - ha detto intervenen­do al Parlamento Ue nella European Parliament­ary Week - per cui non sorprende che il rallentame­nto dell’economia italiana sia il più accentuato di tutti e che la crescita sia la più lenta». A Dombrovski­s ha replicato in diretta la Lega per bocca di Claudio Borghi (presidente della commission­e Bilancio alla Camera) e Alberto Bagnai (stesso ruolo alla Finanze del Senato), che hanno ribaltato sulle regole Ue la causa della spirale fra aumento del debito e mancata crescita.

Ha avuto un inizio vivace, insomma, la prima settimana della stagione dei nuovi rating, che si chiuderà venerdì con le valutazion­i di Fitch (ora BBB, con outlook negativo). Ed è proprio il debito, prima ancora del deficit, a concentrar­e le attenzioni degli analisti. E a saldare le preoccupaz­ioni pratiche della risposta dei mercati con quelle politiche delle reazioni di Bruxelles. Perché non va dimenticat­o che l’accordo di dicembre ha evitato l’avvio di una procedura d’infrazione basata sul debito. E la gelata dell’economia moltiplica i rischi che la linea di discesa del debito/Pil tracciata dal governo resti sulla carta.

Nell’aggiorname­nto di fine anno era indicato un taglio dell’1% grazie appunto a una crescita tendenzial­e dello 0,6% e a un maxi-programma di privatizza­zioni da 18 miliardi. Ma su entrambe queste leve le incognite vincono a mani basse sulle certezze. E un debito italiano di nuovo in risalita rischia di avere conseguenz­e sugli investitor­i prima ancora che a Bruxelles.

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FOTOGRAMMA Faro sui conti. «La manovrabis? Lo vedremo nei prossimi mesi», ha detto l sottosegre­tario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti (a destra, insieme al premier Giuseppe Conte)

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