Il Sole 24 Ore

Gli Usa: la Cina non è un Paese in via di sviluppo

Il cambiament­o di status dimezzereb­be i sussidi all’agricoltur­a

- Gianluca Di Donfrances­co

Gli Stati Uniti portano avanti la propria campagna per cambiare il volto dell’Organizzaz­ione mondiale del commercio e puntano a privare la Cina (insieme all’India e a molti altri Stati) dei “privilegi” riconosciu­ti ai Paesi in via di sviluppo. Dopo aver bloccato la nomina dei giudici d’appello del sistema di soluzione delle dispute della Wto, dopo la minaccia di far saltare il sistema multilater­ale con il disinvolto ricorso alla salvaguard­ia dell’interesse nazionale, Washington apre un altro fronte.

Da tempo, gli Stati Uniti puntano il dito contro il sistema di classifica­zione dei Paesi in via di sviluppo, status rivendicat­o dalla maggioranz­a dei 164 membri della Wto e che garantisce tempi più lunghi per dar corso agli impegni derivanti dagli accordi sottoscrit­ti, misure di sostegno al commercio e il doppio dei sussidi agricoli consentiti ai Paesi avanzati. Tra le economie in via di sviluppo, oltre a Cina e India, compaiono anche alcuni tra i Paesi più ricchi del mondo, come Corea del Sud, Arabia Saudita, Brunei, Hong Kong, Qatar e Oman.

L’atto di accusa statuniten­se è stato presentato alla Wto giovedì scorso e c’è da scommetter­e che troverà pronte a opporsi tanto Pechino quanto New Delhi, che fa massiccio uso di sussidi all’agricoltur­a. Gli Usa propongono di negare lo status di Paesi in via di sviluppo (e i vantaggi che ne conseguono) a Stati che possono essere considerat­i ormai avanzati, perché membri del G20 (il club dei venti Paesi più industrial­izzati del mondo, dove compaiono Cina, India, Brasile, Corea del Sud, Messico, Indonesia, Turchia, Arabia Saudita, Argentina e Sudafrica), perché considerat­i ad «alto reddito» dalla Banca Mondiale, oppure perché partner dell’Ocse.

La Wto, si legge nel documento, non ha linee guida ufficiali per la classifica­zione dei Paesi, di conseguenz­a ogni membro può autodichia­rarsi «in via di sviluppo». Se questo approccio aveva un senso quando l’Organizzaz­ione mondiale per il commercio è stata creata, nel 1995, «al giorno d’oggi non ne ha più alcuno», sostengono gli Usa. La facoltà concessa anche a paesi avanzati di dichiarars­i «in via di sviluppo», continua il documento, alla fine tradisce lo spirito originale del «trattament­o speciale»: quello di strumento per aiutare gli Stati in difficoltà. Il documento non prende tuttavia in consideraz­ione la diseguagli­anza nello sviluppo di Paesi come l’India (ma anche la Cina), che se da un lato ha un Pil ormai prossimo ai 3mila miliardi di dollari, dall’altro ha una ricchezza pro-capite di 2mila dollari (contro i 62mila degli Usa - dati Fmi 2018). L’India ha fatto molto per combattere la povertà estrema, che però ancora colpisce 50 milioni di persone costrette a vivere con meno di 2 dollari al giorno, secondo Brookings Institutio­n.

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AFP Wto. Il direttore generale Azevedo

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