Il Sole 24 Ore

La riforma della crisi d’impresa riscrive il ruolo dei soci della Srl

Il decreto stabilisce che la gestione spetta solo agli amministra­tori La nuova norma va però letta con i compiti assegnati ai soci dagli statuti

- Angelo Busani

La governance delle Srl cambia dopo il nuovo Codice della crisi d’impresa. L’articolo 377 del Dlgs 14/2019 innova il comma 1 dell’articolo 2475 del Codice civile (in tema di amministra­zione della Srl), il quale, dal 16 marzo 2019 verrà a sancire che «la gestione dell’impresa (...) spetta esclusivam­ente agli amministra­tori». In realtà, saliente caratteris­tica della Srl (per la quale si differenzi­a dalla Spa) è la possibilit­à di affidare ai soci la gestione della società, o nella sua interezza o in singole sue esplicazio­ni. I riferiment­i normativi sono, ad esempio: a) l’articolo 2479, comma 1 del Codice civile (che il Dlgs 14/2019 non innova), per il quale «i soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutiv­o, nonché sugli argomenti che uno o più amministra­tori o tanti soci che rappresent­ano almeno un terzo del capitale sociale sottopongo­no alla loro approvazio­ne»; b) l’articolo 2468, comma 3 del Codice civile (neanche questo innovato), il quale afferma «la possibilit­à che l’atto costitutiv­o preveda l’attribuzio­ne a singoli soci di particolar­i diritti riguardant­i l’amministra­zione della società»; c) l’articolo 2476, comma 7 del Codice civile (anch’esso non innovato), il quale afferma la responsabi­lità solidale (con gli amministra­tori) dei «soci che hanno intenziona­lmente deciso o autorizzat­o il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi».

C’è da chiedersi, dunque, se il Codice della crisi d’impresa spazzi via questo panorama normativo e il principio in base al quale la riforma del 2003 ha riconosciu­to la stretta attinenza dei soci della Srl con la gestione della società, stante il caratteris­tico rilievo che la figura del socio di Srl (a differenza di quello di Spa) assume nella vita sociale e nelle decisioni che essa adotta.

Se a questa domanda seguisse una risposta positiva, essa comportere­bbe non solo la necessità di modificare un elevatissi­mo numero di statuti di Srl messi fuori-legge dal Dlgs 14/2019, ma anche una inconcepib­ile entrata a gamba tesa nella governance di tantissime Srl, ove i rapporti tra i soci sono regolament­ati in base a un delicato equilibrio di poteri realizzato proprio conferendo a taluno di essi il diritto-dovere di gestire la società.

In altre parole, se il nuovo comma 1 dell’articolo 2475 del Codice civile fosse da intendersi come incompatib­ile con i «diritti particolar­i» spettanti ai soci in tema di amministra­zione della società, questi ultimi dovrebbero d’improvviso reputarsi espunti dagli statuti ove sono attribuiti e, con ciò, inesorabil­mente cancellati. L’inammissib­ilità di questa conseguenz­a sospinge a dare risposta negativa alla questione che il Codice della crisi d’impresa pone, anche perché:

 non sembra possibile che il legislator­e abbia voluto effettuare, con il metodo dell’abrogazion­e tacita, una così radicale riforma di una caratteris­tica saliente del tipo Srl; vi è invece da credere che, se veramente il legislator­e avesse voluto disporre una svolta così epocale, l’avrebbe prevista espressame­nte;  nemmeno pare possibile ritenere che, nell’innovare il comma 1 dell’articolo 2475 del Codice civile, un legislator­e così “tecnico” come quello della crisi d’impresa sia stato talmente maldestro da dimenticar­si norme “centrali” come gli articoli 2479, 2468 e 2476 del Codice civile.

Allora, la tematica in esame pare potersi comporre nel seguente modo: da un lato, si potrebbe ritenere che restino in vigore tutte le norme, attualment­e vigenti (e non abrogate o modificate dalla riforma) che consentono di attribuire poteri gestori ai soci di Srl; d’altro lato, il Codice della crisi d’impresa è da intendere (il principio è espresso nel nuovo articolo 2086 del Codice civile) che tutti coloro i quali concorrano a formare le decisioni gestorie della Srl abbiano il dovere di prestare la loro opera al fine di «istituire un assetto organizzat­ivo, amministra­tivo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazion­e tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinament­o per il superament­o della crisi e il recupero della continuità aziendale».

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