Industria, gelata a dicembre Ricavi giù del 7,3%
È il calo maggiore dal 2009 Male anche gli ordini: -5,3% su base annua Il leader di Confindustria, Boccia: «Serve una reazione, aprire subito i cantieri» Balzo dello spread, in rialzo anche il rendimento del Btp decennale al 2,79%
Ancora dati negativi per l’economia italiana. Il fatturato dell’industria, a dicembre 2018, diminuisce del 3,5% su novembre, mentre su base annua, spiega l’Istat, segna -7,3%. È la flessione tendenziale più accentuata da novembre 2009. Gli ordinativi a dicembre 2018 calano dell’1,8% rispetto al mese precedente. Su base annua il calo è del 5,3%, la flessione più ampia dal luglio del 2016. Il presidente di Confindustria, Boccia: «I dati impongono di reagire. Aprire immediatamente i cantieri».
Sul ribasso tendenziale pesa soprattutto la cattiva perfomance registrata fuori confine. Nella media 2018 in frenata sia fatturato che ordinativi: la crescita del primo si ferma al 2,3% (+5,6% nel 2016); mentre per le commesse si registra +2%, deciso rallentamento a confronto con il +6,3% del 2017. In rosso tutti i comparti, con i tracolli più pesanti per i mezzi di trasporti e la farmaceutica. Si salvano solo le commesse per le macchine utensili. Lo spread BTp/Bund è tornato in area 270 punti base ,dai 265 punti di lunedì, dopo aver toccato un massimo a 274 punti base. In rialzo anche il rendimento del BTp benchmark decennale, che si attesta in chiusura al 2,79%, dal 2,77% di lunedì.
Male l’Italia. Ma non va meglio sui mercati esteri. Giù i ricavi. E in frenata anche quelli futuri, almeno a giudicare dalle commesse. Scorrendo le tabelle Istat per fatturato e ordinativi industriali è francamente difficile trovare anche solo spiragli di ottimismo. Ovunque si getti lo sguardo si incontrano solo segni meno, in più di un caso a doppia cifra, frenata corale che non risparmia alcun settore o macro-comparto, dai beni di consumo a quelli durevoli. Gli “antipasti” forniti da produzione industriale ed export non lasciavano in effetti ben sperare ma i numeri registrati a dicembre per le vendite sono anche peggiori: un calo del 3,5% rispetto al mese precedente (quarto mese consecutivo in “rosso”), del 7,3% su base annua, massima escursione negativa dal lontano novembre 2009. In termini di indice il salto indietro è notevole, con l’industria tornata sui livelli di aprile 2017. Il confronto con un dicembre 2017 scintillante (+7,7% allora) penalizza certo la performance annua ma si tratta in fondo di inezie e il senso dell’arretramento resta comunque evidente e anche simbolicamente rilevante: la comparsa del segno meno nel dato tendenziale interrompe infatti un progresso continuo durato ben 25 mesi consecutivi. Dato a maggior ragione preoccupante perché esito di un calo non solo nazionale, con riduzioni molto simili per le vendite realizzate sul mercato interno e per quelle legate all’export. Il progresso dell’intero 2018 si riduce così ad un magro 2,3%: così come accaduto per la produzione e per l’export si tratta di un valore decisamente inferiore rispetto a quanto realizzato nel 2017. Dalla debacle non si salva alcun settore, con cali a doppia cifra per mezzi di trasporto e farmaceutica: nessun comparto presenta ricavi in crescita ed escludendo dal calcolo l’energia il dato della manifattura peggiora ancora, scendendo a -7,6% . Ad abbassare le medie - spiega l’Istat - è in particolare il comparto dei mezzi di trasporto diversi dalle auto, per effetto del confronto effettuato con un dato particolarmente positivo di dicembre 2017. Non che le auto comunque brillino: i ricavi di dicembre per il settore cedono il 7,5% mentre le commesse si inabissano di oltre 18 punti. Se i dati del fatturato sono pessimi, nessuna consolazione arriva guardando al futuro e sono forse queste le indicazioni più preoccupanti. Brutte notizie vi sono infatti anche dal lato degli ordini, anche in questo caso in calo deciso sia in Italia (-3,6%) che all’estero (-7,6%). Numeri già preoccupanti (il calo medio totale è del 5,3%) che in realtà in termini reali andrebbero limati ancora al ribasso, tenendo conto di un calendario più favorevole (una giornata lavorativa in più) e della conseguente sovrastima del dato grezzo, il solo monitorato dall’Istat per le commesse.
Anche in questo caso tra i settori non c’è molto di cui rallegrarsi: l’unico dato in controtendenza è quello dei macchinari, dove le commesse crescono del 5,4 per cento. Altrove ci sono solo segni meno, con cali a doppia cifra per farmaceutica, elettronica, apparati elettrici e ancora una volta i mezzi di trasporto. Con l’arrivo dei numeri Istat sulle vendite dell’industria è così possibile tracciare un bilancio definitivo per la manifattura, che mese dopo mese nel corso del 2018 ha rallentato il passo, chiudendo l’anno in crescita solo grazie al carburante accumulato nel corso del primo semestre. L’export 2018 cresce così del 3%, dal 7,6% precedente, la produzione passa da +3,6% a +0,8%, le vendite dal 5,6% al 2,3%, gli ordini dal 6,3 all’1,9%. L’indice di fiducia delle imprese, in frenata ininterrotta dallo scorso luglio, aveva del resto già dato indicazioni chiare. Rendendo più probabile al momento l’avvitamento verso la stagnazione che non l’avvio di un «nuovo boom economico», come ipotizzato dal vicepremier Luigi Di Maio.
«Serve un Paese più competitivo perché il rallentamento dell’economia globale eleva i livelli di competitività tra i Paesi»