Truffa dei diamanti, 700 milioni sequestrati in 5 banche
Faro sulle società Idb e Dpi e su Banco Bpm-Aletti, Mps, Intesa Sanpaolo e UniCredit Ipotizzati autoriciclaggio e truffa aggravata: indagati 70 bancari tra cui Faroni
Non è vero che dai diamanti non nasce niente. Almeno ne sono convinti alla Procura della Repubblica di Milano che sullo smercio di queste pietre preziose, almeno da un anno, ha aperto un’inchiesta sfociata in un maxi sequestro da 743,3 milioni messo a segno ieri dai militari del Nucleo milanese di Polizia economica e finanziaria della Gdf. Nel tardo pomeriggio di ieri i provvedimenti a carico delle persone giuridiche ritenute responsabili della presunta maxitruffa sulla vendita di diamanti attraverso i canali bancari erano ancora in corso di esecuzione. I sequestri sono stati chiesti dal procuratore aggiunto di Milano Riccardo Targetti (coordinatore del pool reati fallimentari), dalla pm Grazia Colacicco e sono stati disposti dal Gip Natalia Imarisio. I bersagli più ovvi dei provvedimenti sono la fallita Intermarket Diamond Business e la Diamond Private Investment, inventori del business. Ma i sequestri hanno colpito soprattutto gli istituti di credito che ne avevano favorito l’operatività, spesso all’interno dei loro stessi sportelli: il BancoBpm-Banca Aletti, UniCredit, Intesa San Paolo e Montepaschi. I reati ipotizzati sono quelli di truffa aggravata e autoriciclaggio e tra gli indagati vi sarebbero anche una settantina di persone fisiche tra le quali il direttore generale del Banco Maurizio Faroni che sarebbe indagato per concorso in truffa, autoriciclaggio e ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza. In dettaglio per la truffa aggravata i finanzieri di Milano hanno proceduto con sequestro diretto per 149 milioni in capo alla Idb, 165 alla Dpi, 83 milioni al BancoBpm-Banca Aletti, 32 milioni a Unicredit, 11 milioni a Banca Intesa e 35 milioni a Mps.
Quanto al secondo reato ipotizzato (autoriciclaggio) vi sono stati sequestri per equivalente per 180 milioni ancora ad Idb e per 88 milioni alla Dpi. Per ciò che riguarda le banche, le contestazioni si riferiscono all’articolo 25 octies della legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti con riferimento al reato di autoriciclaggio (articolo 648 ter 1). L’inchiesta si riferisce a fatti iniziati nel 2011 e proseguiti sino al 2016 quando le due società avevano iniziato un’attività di vendita a tappeto di diamanti per investimento, avvalendosi della collaborazione delle aziende di credito che, allo scopo, avevano messo a disposizione la propria rete di sportelli. Numerosi sono stati i risparmiatori convinti a sottoscrivere i contratti, persuasi di avere messo il proprio denaro al riparo da ogni tipo di rovescio finanziario, tra questi spiccano anche personaggi noti: oltre a Vasco Rossi (che avrebbe investito qualcosa come 2,5 milioni di euro) e Diana Bracco, figurano anche la conduttrice televisiva Federica Panicucci e la ex showgirl Simona Tagli. In particolare, Simona Tagli avrebbe fatto un investimento da circa 29mila euro e Federica Panicucci da circa 54mila euro. Gli investigatori hanno ricostruito le posizioni di circa un centinaio di persone truffate, ma i raggiri sarebbero stati compiuti nei confronti di moltissimi altri soggetti.
In passato già l’Authority garante della concorrenza e dei mercati aveva bollato le pratiche di vendita di diamanti messe a segno dalle due società come omissive e ingannevoli. E per questa ragione nell’ottobre 2017 le aveva sanzionate insieme al Banco, a Mps e a UniCredit con una multa da 12,3 milioni di euro complessivi. Inevitabile era stato il ricorso da parte delle due aziende e delle tre banche al Tar del Lazio, che il 14 novembre scorso si era espresso con cinque sentenze (una per ogni persona giuridica) nelle quali si confermavano le tesi dell’antitrust (e le relative sanzioni). L’Authority aveva anche contestato, nell’ordine, le comunicazioni relative al prezzo di vendita dei diamanti; la prospettazione al pubblico dell’andamento del mercato; le aspettative di apprezzamento del valore futuro dei diamanti e la loro facile liquidabilità e rivendibilità. Il Tribunale aveva poi insistito sul ruolo attivo dei funzionari bancari nella vendita dei diamanti presso i risparmiatori, così rafforzando nel cliente l’idea che la «banca fosse il suo interlocutore» reale.
Non manca nella vicenda un aspetto inquietante. Il 14 maggio scorso in un hotel di Reggio Emilia era stato rinvenuto il cadavere di Claudio Giacobazzi, che proprio della Intermarket diamond business era presidente e amministratore delegato. Gli inquirenti hanno da subito ipotizzato il suicidio. Oltre a quella aperta dalla procura milanese ne esiste anche un’altra per associazione per delinquere, circonvenzione d’incapace falso e peculato, a causa dei trasferimenti di quote societarie originariamente intestate alla fondatrice dell’azienda, Antinea Massetti de Rico e a suo marito Richard Edward Hile, deceduti nel 2017 e finite nell’Hile trust. Proprio Giacobazzi aveva il ruolo di amministratore di sostegno della Massetti de Rico (in stato vegetativo dal 2011) oltre che essere il trustee dell’Hile Trust.