Così la lite fiscale si chiude senza pagare nulla
Per le sanzioni collegate al tributo va chiarito in quali casi l’imposta è assolta Sanzioni non collegate possono essere sanate con il 15 o il 40% del dovuto
Versamento in ritardo delle imposte o indebita compensazione di un credito. Sono alcuni dei casi in cui, secondo la prassi delle Entrate, l’eventuale contenzioso può essere chiuso senza pagare nulla al Fisco.
Se il tributo cui è riferita una sanzione oggetto di contenzioso tributario pendente è stato assolto in qualunque modo, la definizione della lite può avvenire a costo zero e pertanto diviene fondamentale individuare queste ipotesi perché sarà possibile chiudere l’eventuale contenzioso pendente senza alcun versamento.
L’Ufficio può irrogare sanzioni nei confronti del contribuente insieme alle maggiori imposte pretese in sede di avviso di accertamento ovvero autonomamente con uno specifico atto (contestazione/irrogazione).
La normativa sulla definizione (articolo 6, comma 2, Dl 119/2018) disciplina espressamente i casi di contenzioso per le sole sanzioni. Per quelle non collegate al tributo, il contribuente può definire le controversie con il pagamento:
del 15% del valore della lite, in caso di soccombenza dell’agenzia delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data del 24 ottobre 2018;
del 40% negli altri casi.
Per le liti relative a sanzioni collegate al tributo, invece, non è dovuto alcun importo, se il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla sanatoria.
In tale contesto diviene fondamentale comprendere se la sanzione oggetto di lite sia o meno collegata al tributo: ma il tenore testuale della norma non rende agevole tale individuazione.
In base all’articolo 17 del decreto legislativo 472/2012, nella versione vigente dal 2012, le sanzioni collegate al tributo sono irrogate, senza previa contestazione e con l’osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità.
Fermandosi a tale definizione si dovrebbero considerare sanzioni non collegate al tributo quelle irrogate con specifico atto; in caso contrario (ossia se collegate al tributo) l’ufficio dovrebbe notificare un avviso di accertamento contenente all’interno imposte e relative sanzioni. Tuttavia, ci possono essere ipotesi per le quali l’individuazione non è così agevole. Si pensi al caso del terzo coinvolto in violazioni fiscali commesse da un altro contribuente: la sanzione, sicuramente collegata al tributo perché riferita all’imposta evasa dal contribuente, è irrogata a un terzo con un atto differente dall’avviso di accertamento. Così come la sanzione per violazione delle scritture contabili, che sicuramente non è collegata ad alcun tributo, è normalmente irrogata con la rettifica della maggiore imposta.
Ai fini dell’individuazione, secondo l’Agenzia (circolare 22/E del 2017 che ribadisce quanto evidenziato nella precedente n. 180/1998) le sanzioni collegate al tributo sono irrogate a seguito di violazioni “sostanziali”, cioè incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo (ad esempio, sanzione di omessa o infedele dichiarazione e sanzione di omesso o ritardato versamento). In buona sostanza, quindi, la sanzione collegata è commisurata al tributo evaso/non versato; in assenza di tale parametrazione, dovrebbe trattarsi di sanzione non collegata.
Individuata così la distinzione, si tratta di comprendere quando, oltre agli evidenti casi di acquiescenza, adesione, ravvedimento, possa ritenersi che le imposte collegate siano state assolte per poter chiudere la lite a costo zero.
La circolare 23/E del 2017 (si veda l’altro articolo in pagina) aveva individuato alcune ipotesi che senz’altro possono ritenersi ancora valide. Tuttavia, stante la rilevanza della questione sarebbero opportune indicazioni più precise sia per consentire una concreta valutazione di convenienza al contribuente, sia per evitare che la medesima sanzione sia considerata, da un ufficio, collegata al tributo e magari definibile senza alcuna somma dovuta, e da un altro, non collegata e quindi non definibile a costo zero.
CUMULO GIURIDICO