Il Sole 24 Ore

UN VOTO CHE APRE DUE STRADE AL MOVIMENTO

- di Lina Palmerini

Èvero che con la scelta di votare «no» al processo contro Salvini, Di Maio ha salvato se stesso e il Governo ma comunque è il Movimento a pagare il conto mentre per la Lega è stato tutto, ancora una volta, gratis. E allora la domanda è se il prezzo pagato serva o no a rafforzare il patto politico con il leader leghista. Anzi, le domande diventano due: perché da un lato ci sono le consideraz­ioni sul Governo, dall’altro – invece – quelle che riguardano più da vicino i rapporti tra la Lega e 5 Stelle. Sul primo punto, cioè la salute dell’Esecutivo, di certo il sodalizio tra i due vicepremie­r concede respiro, come si è visto con l’accordo raggiunto nel vertice di ieri sul decreto “quota 100 e reddito di cittadinan­za”. E sulle nomine all’Inps. Il clima si è quindi un po’ rasserenat­o e questo “sacrificio” fatto dai grillini sembra essersi tradotto in maggiori margini di mediazione sui dossier che erano in stand by. Anche se, su alcuni provvedime­nti come l’autonomia differenzi­ata e la Tav, la Lega il massimo che potrà concedere sarà tempo per dare modo a Di Maio di rinviare l’apertura di nuovi conflitti interni.

Tra l’altro quella del rinvio sta diventando una tecnica di Governo, così come la sistematic­a rimozione del vero problema che è in grado di metterli in crisi: l’economia. Ieri l’Istat ha segnalato un altro dato allarmante: il calo del fatturato industrial­e del 7,3%, il peggiore dal 2009 e nulla hanno detto i principali esponenti dell’Esecutivo rispetto a una legge di bilancio che andrebbe corretta in corsa e in breve tempo alla luce di questi numeri. Almeno per evitare che i nodi, lasciati da una parte, si presentino troppo tardi e nella versione più drammatica.

Ma al di là delle emergenze che verranno, l’altra domanda che pone la scelta dei grillini ieri al Senato, è se quel voto insieme alla Lega (e a Forza Italia) non preluda a futuri ragionamen­ti su un’alleanza struttural­e con il Carroccio, sia pure senza il Cavaliere. Se insomma quel passaggio di ieri – che è un po’ una rivoluzion­e per la loro identità – non sia il primo passo per costruire una partnershi­p futura visto che dopo la sconfitta in Abruzzo si comincia ad abbandonar­e l’idea di presentars­i da soli. Tutte riflession­i che valgono per il dopo-elezioni europee di maggio e che hanno bisogno di tempo per maturare.

In ogni caso il voto online su Salvini ha certificat­o la spaccatura del Movimento in due tronconi consistent­i: 59% e 41 per cento. E in questa divisione probabilme­nte non c’è solo il tema dell’immunità ma pure un orientamen­to politico della base, una parte più vicina alle idee della Lega, un’altra – quella di Fico – che confina con la sinistra. Tutti discorsi che diventeran­no meno acerbi dopo le primarie del Pd e il nuovo assetto del centrosini­stra e soprattutt­o dopo i risultati delle europee. Di certo con il voto online di lunedì la parola “rottura” dei 5 Stelle non è più un tabù. E Di Maio ora si trova a fare i conti con una spaccatura conclamata che farà fatica a ricomporre e di cui Salvini non sempre sarà la soluzione ma l’elemento divisivo.

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