UN VOTO CHE APRE DUE STRADE AL MOVIMENTO
Èvero che con la scelta di votare «no» al processo contro Salvini, Di Maio ha salvato se stesso e il Governo ma comunque è il Movimento a pagare il conto mentre per la Lega è stato tutto, ancora una volta, gratis. E allora la domanda è se il prezzo pagato serva o no a rafforzare il patto politico con il leader leghista. Anzi, le domande diventano due: perché da un lato ci sono le considerazioni sul Governo, dall’altro – invece – quelle che riguardano più da vicino i rapporti tra la Lega e 5 Stelle. Sul primo punto, cioè la salute dell’Esecutivo, di certo il sodalizio tra i due vicepremier concede respiro, come si è visto con l’accordo raggiunto nel vertice di ieri sul decreto “quota 100 e reddito di cittadinanza”. E sulle nomine all’Inps. Il clima si è quindi un po’ rasserenato e questo “sacrificio” fatto dai grillini sembra essersi tradotto in maggiori margini di mediazione sui dossier che erano in stand by. Anche se, su alcuni provvedimenti come l’autonomia differenziata e la Tav, la Lega il massimo che potrà concedere sarà tempo per dare modo a Di Maio di rinviare l’apertura di nuovi conflitti interni.
Tra l’altro quella del rinvio sta diventando una tecnica di Governo, così come la sistematica rimozione del vero problema che è in grado di metterli in crisi: l’economia. Ieri l’Istat ha segnalato un altro dato allarmante: il calo del fatturato industriale del 7,3%, il peggiore dal 2009 e nulla hanno detto i principali esponenti dell’Esecutivo rispetto a una legge di bilancio che andrebbe corretta in corsa e in breve tempo alla luce di questi numeri. Almeno per evitare che i nodi, lasciati da una parte, si presentino troppo tardi e nella versione più drammatica.
Ma al di là delle emergenze che verranno, l’altra domanda che pone la scelta dei grillini ieri al Senato, è se quel voto insieme alla Lega (e a Forza Italia) non preluda a futuri ragionamenti su un’alleanza strutturale con il Carroccio, sia pure senza il Cavaliere. Se insomma quel passaggio di ieri – che è un po’ una rivoluzione per la loro identità – non sia il primo passo per costruire una partnership futura visto che dopo la sconfitta in Abruzzo si comincia ad abbandonare l’idea di presentarsi da soli. Tutte riflessioni che valgono per il dopo-elezioni europee di maggio e che hanno bisogno di tempo per maturare.
In ogni caso il voto online su Salvini ha certificato la spaccatura del Movimento in due tronconi consistenti: 59% e 41 per cento. E in questa divisione probabilmente non c’è solo il tema dell’immunità ma pure un orientamento politico della base, una parte più vicina alle idee della Lega, un’altra – quella di Fico – che confina con la sinistra. Tutti discorsi che diventeranno meno acerbi dopo le primarie del Pd e il nuovo assetto del centrosinistra e soprattutto dopo i risultati delle europee. Di certo con il voto online di lunedì la parola “rottura” dei 5 Stelle non è più un tabù. E Di Maio ora si trova a fare i conti con una spaccatura conclamata che farà fatica a ricomporre e di cui Salvini non sempre sarà la soluzione ma l’elemento divisivo.