Per i renziani è «giustizia a orologeria»
Bonafede: «Lo escludo» Nelle carte della Procura un sistema di «prestanomi»
«Non grido ai complotti», ripete Matteo Renzi nella sua e news il giorno dopo l’esecuzione degli arresti domiciliari per i suoi genitori Tiziano e Laura Bovoli con l’accusa di bancarotta fraudolenta di tre cooperative e false fatturazioni. Augurandosi un processo rapido. Tuttavia è lo stesso Renzi a sottolineare come per il secondo giorno consecutivo la vicenda dei suoi genitori si intreccia con il voto sull’autorizzazione a precedere per Matteo Salvini per il caso della nave Diciotti: lunedì il voto degli iscritti pentastellati sulla piattaforma Rousseau, ieri il voto della Giunta per le elezioni e le immunità del Senato. Quale migliore occasione per oscurare il voto imbarazzante pro Salvini su Rousseau? - si chiede Renzi parlando con i suoi -. E nota come l’esecuzione degli arresti domiciliari è arrivata lunedì 18 alle 19, proprio mentre la votazione pro Salvini era in corso, mentre l’ordinanza di custodia cautelare è stata firmata per l’esecuzione dal gip il 13 febbraio. Una coincidenza? «Un capolavoro mediatico, tanto di cappello». E i renziani vanno oltre, parlando di «giustizia a orologeria». Tanto da provocare la reazione del ministro pentastellato della Giustizia Alfonso Bonafede: «Rigetto assolutamente che ci sia un sistema giudiziario che si muove a orologeria». Come che sia nella casa toscana di Renzi c’è molta amarezza, e il pensiero dell’ex premier va soprattutto a sua madre. «Se la prendessero con me, non con mia madre», ripete a chi lo sente in queste ore. Ma la determinazione ad andare avanti nella battaglia politica c’è ancora tutta: l’evento torinese per la presentazione del suo ultimo libro “Un’altra strada”, cancellato lunedì sera, è stato confermato per venerdì. «E ci sarà molta più gente».
L’ipotesi della Procura di Firenze è quella di un sistema di amicizie e coperture messo in piedi dai coniugi Renzi per schermare affari illeciti. Le coop Delivery (fallita nel 2013), Europe Service (fallita nel 2015) e Marmodiv (in fase di fallimento) sarebbero state utilizzate per assumere lavoratori in realtà al servizio della “Eventi 6”, la società di pubblicità dei coniugi Renzi. Poi le società, caricate di debiti e di fatture fittizie, fallivano cosicché i contributi degli addetti non venivano pagati. Inoltre i cda di queste coop erano in mano ad amministratori che secondo la Procura erano solo prestanomi. Per esempio la Delivery fondata nel 2009 aveva come presidente Pier Giovanni Spiteri, Lucia Pratellesi, e Cristiana Carabot; poi Spiteri è sostituito da Roberto Bargilli (marito della Pratellesi e “storico” autista del camper di Renzi durante le primarie) e Carabot da Carlo Fontanelli; poi arriva Simone Verdolin e Spiteri diventa vice, ma subito dopo escono per lasciare il posto a Pasqualino Furii e Gian Franco Massone. Infine il fallimento con Salvatore Micari. Una carrellata di amici e parenti che, dice l’ordinanza di custodia cautelare, «risulta frammentaria e priva di continuità... alcune persone hanno riferito di andare a Firenze solo per porre firme».