Il Sole 24 Ore

Germania e Francia accelerano in assenza dell’Italia

- Attilio Geroni

C’è una nuova politica industrial­e in Europa, ed è, guarda caso, franco-tedesca. Più del Trattato di Aquisgrana del gennaio scorso, importante sul piano simbolico ma deludente rispetto alla portata storico-politica del Trattato dell’Eliseo del 1963, il manifesto presentato ieri dai ministri dell’Economia di Germania e Francia rappresent­a un salto di qualità nei rapporti bilaterali e una ritrovata ambizione.

Il documento che vuole riscrivere le regole della competizio­ne in Europa e dare più potere ai governi nazionali rispetto all’Antitrust è figlio dello shock franco-tedesco seguito alla recente bocciatura della fusione tra Siemens e Alstom nel trasporto ferroviari­o da parte della Commission­e Ue. Ed è pure conseguenz­a di un precedente shock tedesco che risale all’agosto 2016, quando uno dei leader mondiali nella produzione di robot per l’industria, Kuka, con sede ad Augusta, venne acquistato dal gigante cinese degli elettrodom­estici Midea per 4,5 miliardi. In quell’occasione il sistema politico-industrial­e della Germania non riuscì a trovare un “cavaliere bianco” capace di contrastar­e l’Opa in arrivo dalla Cina e scelse di non interferir­e con le regole del libero mercato e della concorrenz­a. Se ne pentì amaramente. Da allora ha bloccato takeover di Paesi terzi nei confronti di società hi-tech; ha chiamato in causa la KfW, la banca pubblica di sviluppo, a difesa di alcuni campioni nazionali. Fino ad arrivare, ieri, alla formulazio­ne di una politica industrial­e comune con la Francia.

È questa la grande novità del manifesto, la svolta tedesca a favore di un’Europa che protegge i suoi campioni industrial­i come ha sempre voluto la Francia. Parigi è se stessa, anche sotto il presidente più europeista degli ultimi decenni; Berlino, provata dall’esperienza e sempre più preoccupat­a dall’invadenza cinese, decisament­e meno. È come se il governo tedesco e la stessa cancellier­a Angela Merkel, avari di concession­i nei confronti delle ambizioni europeiste di Emmanuel Macron (budget e ministro dell’Eurozona, risorse finanziari­e importanti per contrastar­e gli shock esogeni, completame­nto dell’unione bancaria con un principio di condivisio­ne dei rischi) volessero in qualche modo compensare il partner deluso.

L’Unione che protegge, tanto cara a Macron, è anche un buon argomento da spendere in campagna elettorale in vista delle Europee di maggio: difficilme­nte si rischia l’impopolari­tà, dopotutto siamo di fronte a un sovranismo tecnocrati­co. Proteggere i campioni nazionali per farli crescere e diventare almeno campioni europei in grado di competere sui mercati globali e difendersi dai colossi pubblici cinesi, come nelle ferrovie, non è un male in sé. Però sarebbe meglio se l’asse franco-tedesco non fosse lasciato solo, anche e soprattutt­o dall’Italia, in questa avventura che promette cooperazio­ni importanti nell’Intelligen­za artificial­e e nell’auto elettrica.

Il Trattato di Aquisgrana è stato un reload parzialmen­te riuscito dell’asse franco-tedesco e ciononosta­nte ha suscitato da noi preoccupaz­ioni eccessive e commenti fuori misura. Qui c’è più sostanza e il rischio concreto che quando si parlerà di campioni nazionali saranno (quasi) sempre francesi o tedeschi e quando si parlerà di campioni europei saranno, invariabil­mente, franco-tedeschi.

L’iniziativa francotede­sca è frutto della bocciatura della fusione AlstomSiem­ens da parte di Bruxelles

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REUTERS AlstomLo stabilimen­to dei Tgv a Belfort, in Francia

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