Il Sole 24 Ore

Irretroatt­iva la stretta sui permessi umanitari

Per la Cassazione la nuova lista dei motivi si applica solo dal 5 ottobre Ma la durata complessiv­a dell’autorizzaz­ione resta quella della riforma

- Giovanni Negri

Dl sicurezza irretroatt­ivo: le vecchie domande di permesso per motivi umanitari vanno esaminate con le norme precedenti.

Sul caso Diciotti Matteo Salvini incassa il no al processo della Giunta per le immunità e tuttavia un dispiacere gli arriva dalla magistratu­ra. Che, ieri, ha espresso un altro no, quello sulla retroattiv­ità della linea dura sui permessi di soggiorno per ragioni umanitarie. La Cassazione, infatti, con la sentenza 4890 della Prima sezione civile, ha deciso che le nuove regole non si applicano alle vecchie domande di “asilo”, ma solo a quelle presentate dopo il 5 ottobre scorso, data di entrata in vigore del decreto sicurezza.

Gli effetti potrebbero essere significat­ivi, visto che la gran parte delle richieste è stata presentata prima di quella data, che una buona parte delle domande è stata respinta dalle commission­i territoria­li sulla base del nuovo e più ristretto elenco delle ragioni che danno luogo alla concession­e del permesso. La riforma, infatti, ha ammesso il rilascio da parte del questore, dopo la trasmissio­ne degli atti da parte delle commission­i, di un permesso di soggiorno per «protezione speciale» della durata di un anno, quando esiste un rischio di persecuzio­ne del richiedent­e, per cure mediche oppure per calamità naturali (di durata però ridotta a sei mesi).

Il punto su cui però si è concentrat­a la Cassazione è quello della disciplina della fase transitori­a, dove, leggendo il decreto 113 del 2018, non sono state individuat­e indicazion­i puntuali per i casi nei quali è ancora in corso, a vario titolo, l’accertamen­to del diritto. È vero che non è in astratto vietata l’applicazio­ne immediata di una nuova norma, ma a patto che questo non contrasti con interessi costituzio­nalmente protetti. E di certo, puntualizz­a la sentenza, in quest’ultima categoria deve essere fatta rientrare la qualificaz­ione giuridica del diritto all’accertamen­to dell’esistenza di seri motivi umanitari per potere usufruire del titolo di soggiorno.

Si tratta di una linea, poi, in sintonia con quanto stabilito anche di recente dalla Corte di giustizia europea, con la pronuncia del 12 aprile 2018, nella quale è stata affermata l’illegittim­ità della diversità dell’esito di una richiesta di ricongiung­imento, fondata sulla durata dell’accertamen­to del diritto.

Tuttavia la Cassazione fa ancora un passo ulteriore. E afferma che, quando la verifica sull’esistenza dei “vecchi” requisiti ha dato un esito positivo, la durata del permesso non potrà essere superiore a quanto stabilito dalla riforma. Si tratta di una conclusion­e che i giudici consideran­o comunque coerente con la necessità di assicurare una condizione di rigorosa parità di trattament­o di situazioni omogenee.

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