Irretroattiva la stretta sui permessi umanitari
Per la Cassazione la nuova lista dei motivi si applica solo dal 5 ottobre Ma la durata complessiva dell’autorizzazione resta quella della riforma
Dl sicurezza irretroattivo: le vecchie domande di permesso per motivi umanitari vanno esaminate con le norme precedenti.
Sul caso Diciotti Matteo Salvini incassa il no al processo della Giunta per le immunità e tuttavia un dispiacere gli arriva dalla magistratura. Che, ieri, ha espresso un altro no, quello sulla retroattività della linea dura sui permessi di soggiorno per ragioni umanitarie. La Cassazione, infatti, con la sentenza 4890 della Prima sezione civile, ha deciso che le nuove regole non si applicano alle vecchie domande di “asilo”, ma solo a quelle presentate dopo il 5 ottobre scorso, data di entrata in vigore del decreto sicurezza.
Gli effetti potrebbero essere significativi, visto che la gran parte delle richieste è stata presentata prima di quella data, che una buona parte delle domande è stata respinta dalle commissioni territoriali sulla base del nuovo e più ristretto elenco delle ragioni che danno luogo alla concessione del permesso. La riforma, infatti, ha ammesso il rilascio da parte del questore, dopo la trasmissione degli atti da parte delle commissioni, di un permesso di soggiorno per «protezione speciale» della durata di un anno, quando esiste un rischio di persecuzione del richiedente, per cure mediche oppure per calamità naturali (di durata però ridotta a sei mesi).
Il punto su cui però si è concentrata la Cassazione è quello della disciplina della fase transitoria, dove, leggendo il decreto 113 del 2018, non sono state individuate indicazioni puntuali per i casi nei quali è ancora in corso, a vario titolo, l’accertamento del diritto. È vero che non è in astratto vietata l’applicazione immediata di una nuova norma, ma a patto che questo non contrasti con interessi costituzionalmente protetti. E di certo, puntualizza la sentenza, in quest’ultima categoria deve essere fatta rientrare la qualificazione giuridica del diritto all’accertamento dell’esistenza di seri motivi umanitari per potere usufruire del titolo di soggiorno.
Si tratta di una linea, poi, in sintonia con quanto stabilito anche di recente dalla Corte di giustizia europea, con la pronuncia del 12 aprile 2018, nella quale è stata affermata l’illegittimità della diversità dell’esito di una richiesta di ricongiungimento, fondata sulla durata dell’accertamento del diritto.
Tuttavia la Cassazione fa ancora un passo ulteriore. E afferma che, quando la verifica sull’esistenza dei “vecchi” requisiti ha dato un esito positivo, la durata del permesso non potrà essere superiore a quanto stabilito dalla riforma. Si tratta di una conclusione che i giudici considerano comunque coerente con la necessità di assicurare una condizione di rigorosa parità di trattamento di situazioni omogenee.