Amministratore revocato senza più poteri gestori
Non può convocare l’assemblea né provvedere a mandati difensivi
L'amministratore della Spa revocato dall’incarico perde tutti i poteri gestori; nei suoi confronti, dunque, non si applica il regime della proroga dell’incarico fino alla ricostituzione del consiglio di amministrazione, previsto dall’articolo 2385 del Codice civile solo per i casi di dimissioni o scadenza del mandato.
Lo sottolinea il Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia di imprese (giudice Guido Romano), in un’ordinanza del 13 novembre.
Con delibera del dicembre 2017 l’assemblea di una Spa deliberava l’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore. Questi, tuttavia, convocava una nuova assemblea per l’ottobre 2018.
Tre soci della Spa, allora, si sono rivolti al giudice per ottenere un provvedimento d’urgenza in base all’articolo 700 del Codice di procedura civile, diretto a bloccare la seduta e a vietare all’ex amministratore di compiere altri atti di gestione.
Con decreto emesso prima della convocazione delle parti (articolo 669-sexies, comma 2, del Codice di rito civile), il tribunale sospendeva l’efficacia della convocazione dell’assemblea.
Quindi, nell’esaminare il merito del ricorso nel contraddittorio delle stesse parti, osservava che la decisione della assemblea di iniziare l’azione di responsabilità verso l’amministratore aveva determinato la revoca automatica dall’incarico.
Quali, dunque, le conseguenze della decadenza per revoca? Secondo il giudice capitolino, in questo caso non si applica la proroga dei poteri che l’articolo 2385 del Codice civile dispone per le ipotesi di dimissioni o di scadenza dalla carica di amministratore.
La revoca, infatti, non rientra in alcuna di queste situazioni, sicché si deve aver riguardo alla disciplina generale prevista, per il caso di cessazione dell’organo gestorio, dall’articolo 2386 dello stesso Codice civile.
Il cui ultimo comma dispone che, se vengono a cessare l’amministratore unico o tutti gli amministratori, il collegio sindacale deve convocare l’assemblea per la nomina dell’amministratore o dell’intero consiglio, e, nel frattempo, «può compiere (…) gli atti di ordinaria amministrazione».
È dunque illegittimo - si legge nell’ordinanza - il comportamento dell’ex amministratore, che, sebbene decaduto dall’incarico per effetto della revoca, aveva continuato a gestire la Spa convocando l’assemblea dei soci e provvedendo su alcuni mandati difensivi.
Inoltre, secondo il giudice ricorre anche la necessità di intervenire in via d’urgenza (e cioè il periculum in mora), giacché dalla condotta del convenuto è possibile dedurre che, «in difetto dell’adozione del provvedimento inibitorio richiesto, egli continuerà a comportarsi come amministratore della società».
Così il tribunale ha ordinato al resistente di «astenersi dal compiere atti di amministrazione», e lo ha condannato al pagamento di 9.500 euro per spese di lite in favore dei soci ricorrenti.