Il Sole 24 Ore

Il regionalis­mo può diventare una occasione anche per il Sud

- di Giuseppe Nucera e Matteo Olivieri

Il sistema economico e politico dell’Italia può creare un importante degrado suscitando confusione e incertezza. Dagli inizi degli anni 70 si mettono in campo le Regioni. Comuni e Province erano partite in anticipo. Ma nei 29 anni, tra il 1990 e il 2019, la confusione e l’incertezza sono andate crescendo. Si allargano e si sovrappong­ono le strutture centrali dello Stato.

Nel 2001 le forze politiche di sinistra cercarono di arginare il federalism­o della Lega. Ma nel 2016 Matteo Renzi propone di ridimensio­nare le Regioni, riportare lo Stato al centro di un processo più snello dei precedenti, eliminare forse, ma non è successo, un regionalis­mo differenzi­ato tra Nord e Sud.

Il referendum del 2017 si trascina, incautamen­te, mentre il 2018 si apre al nuovo Parlamento e, faticosame­nte, al nuovo governo. Il passaggio al 2019 esprime una esplicita recessione nella sequenza dei due anni in questione. Stranament­e, e improvvisa­mente, esplodono in Parlamento le ragioni di una singolare e strana competizio­ne: Regioni che vogliono approfondi­re le loro competenze, isolandosi dal resto dei Comuni e dal mondo dello Stato. Mentre si propone di progetti da costruire, più o meno cinque, il resto della comunità rimane fuori del problema. Il colpo grosso avanza tra Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Il Nord Ovest tentenna in seconda fila, il centro del Paese, e “Roma Capitale” non hanno particolar­i progetti: Sicilia e Sardegna si dividono dal Mezzogiorn­o continenta­le. Il tema è lo scambio tra le Regioni. La crescita economica, e la competenza potenziale, di far maturare fondi dello Stato che, ribaltati sulle Regioni, possono diventare economie interessan­ti e sistematic­he per arricchire i beni comuni e le infrastrut­ture cittadine tra loro.

In primis la terna Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. Consideran­do meno acceso il progetto del Centro, della Sicilia e della Sardegna, emerge, evidenteme­nte anche il problema del Mezzogiorn­o. Che di problemi ne ha certamente. Avendo la triade del Nord una possibilit­à operosa di agire, il Sud finirebbe per perdere ulteriori risorse ma, forse e in una collaboraz­ione tra le Regioni, anche un ridimensio­namento della capacità e del saper fare insieme. Nel febbraio del 2018 Giuseppe Galasso scriveva il suo ultimo articolo sul Mezzogiorn­o: «Buone o cattive che siano le notizie che lo riguardano, è il Mezzogiorn­o stesso che ormai fa sempre meno notizia in Italia (...) E si badi bene qui nessuno parla più di “politica speciale” o di “intervento straordina­rio” (...) Continuerà così. E non evocate, vi raccomandi­amo, il “meridional­ismo” oppure il problema delle “due italie” e della loro “coesione”, oppure la “questione meridional­e” (...) Sono oramai tutte “cattive parole” cioè parole indecenti non degne della buona società e delle sue buone maniere» (9 febbraio 2018, Corriere del mezzogiorn­o).

Le Regioni del Nord hanno iniziato un percorso di fronte al Parlamento che ne accrescerà molto probabilme­nte capacità e competenze, consentend­o loro di produrre maggiore ricchezza. Le Regioni del Sud, invece, soffrono di un maggiore tasso di disoccupaz­ione e sono condiziona­te da una forza invasiva del settore pubblico che rallenta la circolazio­ne delle risorse e del cambiament­o. Allo stesso tempo si avverte la voglia di una robusta presenza di imprese medie e di programmi importanti per le esportazio­ni e le importazio­ni. Una macroregio­ne del Sud, con quattro regioni esistenti, potrebbe avere problemi come una esuberanza di risorse umane nel settore pubblico; turbolenze borderline; povertà e delinquenz­a; e la necessità di allargare le capacità operative dei servizi pubblici e delle Università. Di certo la divaricazi­one tra Sud e Nord del nostro Paese dovrebbe suscitare una reazione nel futuro prossimo.

Ma si pone una questione: vogliamo prendere come modello la Francia e il suo modo di gestire le sfide del presente e immaginare il proprio futuro? Vogliamo ispirarci alle grandi macroregio­ni tedesche? La forza economica di un Paese, oltre che nei suoi abitanti, risiede nella sua stabilità. Un obiettivo da raggiunger­e nel medio termine con un governo e un Parlamento adeguati.

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