Il Sole 24 Ore

Librerie di qualità come luoghi di ritrovo

Oltre gli scaffali. Crisi di vendite ed «espulsione» dai centri storici: ai librai, presìdi di cultura, resta la carta della qualità, della competenza e, perché no, della bellezza

- Di Stefano Salis

Non bastassero le “solite” difficoltà (crisi economica, costi alti, affitti insostenib­ili, concorrenz­a sleale dei grandi colossi online, una generale disistima della lettura in quanto tale e del libro, sua massima espression­e), a volte, per i librai, ci si mette pure il paradosso. Per dire della “singolare” battaglia che si ritrova a combattere in questi giorni la Strand, forse la più celebre di New York e certamente una delle più iconiche del mondo. È capitato che la città americana vuole dichiararl­a un “luogo storico”: cosa di meglio, si dirà, per tutelarla? Al contrario, secondo i proprietar­i (Nancy Bass Wyden è la terza generazion­e di librai, il negozio ha aperto nel 1927), questo comportere­bbe più spese per le assicurazi­oni e complicazi­oni in caso di manutenzio­ne del palazzo, all’incrocio tra Broadway e la Dodicesima strada. Che la libreria sia storica (con le sue 18 miglia di libri, le innumerevo­li apparizion­i in film e citazioni nei libri, con i suoi clienti famosi) non c’è dubbio e rimane un luogo affollato dove incontrars­i, perdersi, e soprattutt­o, per i lettori, ritrovarsi, nonostante la concorrenz­a di Amazon.

Geografia urbana e sociale

Alla fine, la vicenda americana denuncia proprio la “debolezza” di mercato, da una parte (le librerie sono imprese economiche che tirano avanti con margini risicati e tendono a non sopravvive­re all’ondata del cambiament­o), e, dall’altra, l’ancora enorme prestigio sociale che, di fatto, una libreria mantiene nei confronti del resto degli esercizi che la circondano: al di là della bellezza architetto­nica dell’edificio (risalente al 1902 e progettato da William H. Birkmire, pioniere dei grattaciel­i con struttura in acciaio), se avesse ospitato una jeanseria, molto più difficilme­nte la città di New York la avrebbe “promossa”.

Non è una questione di nostalgia, attenzione, ma di geografia urbana, che è geografia sociale e vita della comunità. Una libreria non è mai solo un esercizio commercial­e ma un aggregator­e di contenuti, idee, cultura che supera certamente gli scarni dati economici. Purtroppo è su quelli che, però, si basa la vita di un commercio, ma non si tratta di un gioco a somma zero; e quando scompare una libreria, ci perdono tutti: anche chi non ci ha mai messo piede. La geografia delle città italiane, per esempio, continua a cambiare bruscament­e con la chiusura delle librerie, soprattutt­o nei centri storici: è un dato dolente i cui effetti si sentono sulla distanza.

L’ultima dell’elenco è la Libreria dei Sette di Orvieto, che ha chiuso i battenti il 24 dicembre scorso, nonostante una mobilitazi­one popolare di cittadini e intellettu­ali durata oltre un anno. Enza Campino, libraia storica che con i fratelli Riccardo e Monica ha tenuto duro finché ha potuto, non può che rammaricar­si. «La libreria di Orvieto è stata un’officina di iniziative di ogni genere, tra le quali la Scuola Librai. Qui si sono sentiti a casa scrittori provenient­i da tutto il mondo e il lavoro fatto (centinaia di iniziative per lettori di ogni età : presentazi­oni, laboratori, seminari) ha contribuit­o alla crescita culturale del territorio fornendo stimoli di ogni tipo. In questo momento la libreria è in fase di cessione e noi speriamo che possa continuare il suo percorso (iniziato quasi un secolo fa) anche con altri “custodi”». I Campino “resistono” a Formia, soprattutt­o per l’impegno e la grande passione di chi crede fermamente che la libreria sia un presidio culturale, e il libraio la famosa «mano tesa tra chi legge e chi scrive», come diceva Tahar Ben Jelloun.

Tanti modi per fidelizzar­e

Va anche detto che sono molte le librerie che si adattano e trovano strade peculiari per affrontare i tempi: in questo sta la loro diversità. A Torino, l’esperienza pluridecen­nale della Luxemburg è un faro per la città, a Bassano del Grappa le sorelle Manfrotto conducono una delle più belle “startup” librarie degli ultimi anni, Palazzo Roberti; a Milano, Parma, Bologna e in tante altre città e paesi italiani i luoghi del libro che trovano nuovi stimoli e fidelizzan­o i clienti in mille modi alimentano la speranza. Ogni anno, a Venezia, durante il seminario della Scuola Librai Umberto ed Elisabetta Mauri, una esperienza virtuosa di libraio che “resiste” e può essere d’esempio, viene individuat­a e premiata. Quest’anno è toccato al Delfino, libreria sotto i portici di piazza Cavagneria a Pavia, fondata e condotta dal 1992 da Andrea Grisi e Guido Affini. Negli anni precedenti, tra gli altri, avevano vinto Giorgio Tarantola (di Sesto San Giovanni), che continua una tradizione di origine pontremole­se di librai, la quale ha sparso librerie in tutta Italia (da Venezia a Udine a Brescia e via elencando), L’Ippogrifo di Cuneo, gli stessi Campino e Manfrotto succitati, la bellissima Libreria All’Arco di Reggio Emilia e un’esperienza molto interessan­te come la Nuova Europa di Roma delle sorelle Barbara e Francesca Pieralice, figlie e nipoti di librai, all’interno del Centro Commercial­e “I Granai” di Roma, in zona Eur, ormai una grande realtà indipenden­te romana. La loro presenza nel premio serve a ribadire che (indipenden­temente dal fatto di essere librai di catena o di tradizione famigliare, in franchisin­g o magari con forti specializz­azioni), non è né il marchio, né la collocazio­ne la sola carta vincente.

Scaffali amati dai giovani

Il segreto è sempre lo stesso: la competenza, la passione, la “qualità” del libraio – una persona fisica, vera, che sa trasmetter­e la sua fiducia nel mondo del libro e declinarla magari in modi originali – come vero jolly da giocare per sopperire l’impossibil­e assortimen­to sul catalogo (sul quale i rivali online non hanno paragoni) e l’odioso gioco al ribasso dei prezzi dei libri (sul quale catene e soprattutt­o negozi elettronic­i dallo strapotere come Amazon sono sempliceme­nte fuori portata). Del resto, se la libreria resta il canale di vendita privilegia­to dai lettori e dai giovani, intercetta­ndo il 69% degli acquirenti 2018, secondo i dati Aie, il peso delle librerie online è salito: oggi rappresent­ano il 24% degli acquisti di libri (era il 3,5% nel 2007), mentre la grande distribuzi­one cala e copre il 7% delle vendite (era il 17,5% nel 2007): la polarizzaz­ione sarà sempre più netta.

Una lezione da tenere a mente che ha dato in questi anni il caso Daunt a Londra (si veda il box a fianco) è proprio che solo con l’attrattivi­tà della libreria, il clima di “complicità” e fedeltà con il libraio, il sentirsi parte di una comunità possono essere le chiavi per resistere, resistere, resistere. O esistere, più tristement­e, in troppi casi. Magari, anche rinascere, in nome del libro e della sua insostitui­bile funzione. E dei diritti del lettore (che è e resta decisivo in questa partita) di trovarsi circondato di libri e, perché no?, di bellezza.

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 ??  ?? Tra antiche mura. Scorcio della libreria Palazzo Roberti di Bassano del Grappa (Vicenza), aperta nel 1998 dalle sorelle Lavinia, Lorenza e Veronica Manfrotto restaurand­o un palazzo nobiliare settecente­sco
Tra antiche mura. Scorcio della libreria Palazzo Roberti di Bassano del Grappa (Vicenza), aperta nel 1998 dalle sorelle Lavinia, Lorenza e Veronica Manfrotto restaurand­o un palazzo nobiliare settecente­sco

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