Code in arrivo per Caf e Poste Comuni alla sfida dei controlli
Presso gli uffici postali rafforzato il numero dei dipendenti presenti
In via di soluzione la questione economica con i Caf, la presentazione delle domande per il reddito di cittadinanza non dovrebbe incappare in ostacoli strutturali. Tuttavia c’è la probabilità che si formino code negli uffici postali e che le sedi dei Caf registrino un’alta affluenza. Poste Italiane si attende una «affluenza importante» come affermato due giorni fa dalla presidente Maria Bianca Farina, a cui farà fronte rinforzando il numero di dipendenti presenti. I canali principali utilizzati probabilmente saranno questi due, a scapito del terzo, cioè il “fai da te” tramite il sito internet dedicato (www.redditodicittadinanza.gov.it).
La dimestichezza e l’abitudine alle procedure online è ancora poco diffusa, come dimostrano anche i dati relativi alle domande per la pensione tramite quota 100: delle oltre 78mila richieste ricevute dall’Inps alle ore 12 di venerdì scorso, solo 7mila cittadini hanno utilizzato il sito internet dell’istituto di previdenza, tutti gli altri si sono rivolti ai patronati.
Un primo rallentamento della procedura potrebbe essere legato alla verifica dei controlli anagrafici che, in attesa dell’implementazione dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente, spetta ai Comuni (a gennaio solo una quarantina di amministrazioni erano confluite nell’Anpr, pari a poco più di un milione di cittadini). L’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci), in occasione dell’audizione in Senato, ha sottolineato che senza l’anagrafe la verifica del requisito dei dieci anni di residenza richiede tempi molto lunghi, l’impiego di risorse umane dedicate e grandi difficoltà di interlocuzione tra Comuni in caso di spostamento di residenza. Al riguardo il dossier del servizio studi Camera e Senato, relativo al Dl emendato, sottolinea che non è precisato il termine entro cui gli uffici comunali devono comunicare all’Inps l’esito della verifica. Dunque questo passaggio potrebbe allungare i tempi di riconoscimento del Rdc. Per le persone che hanno bisogni che vanno oltre la ricerca di un impiego il decretone riconosce il reddito di cittadinanza e chiede la firma di un patto per l’inclusione. Saranno i comuni a mettere a punto dei progetti di attivazione (le procedure amministrative vanno definite in sei mesi). Una tempistica tuttavia troppo breve, come ha ricordato l’Anci in audizione; di qui la richiesta di prevedere al riguardo un accordo in Conferenza unificata.
Inoltre permangono le criticità emerse nelle scorse settimane relative alla fase successiva, quella di erogazione del reddito, che deve essere accompagnata da progetti di politiche attive per reinserire i beneficiari nel mondo del lavoro o da percorsi di inclusione sociali per le persone che hanno bisogni che vanno oltre la ricerca di un impiego. In questo ambito i comuni sono chiamati a mettere a punto dei progetti di attivazione dei percettori del reddito di cittadinanza. In base al decreto legge, le amministrazioni devono definire entro sei mesi le procedure amministrative per l’istituzione di questi progetti. Ma sempre in occasione dell’audizione parlamentare, l’Anci ha sottolineato che la realizzazione dei progetti non risulta sostenibile in breve tempo e ha chiesto di prevedere al riguardo un accordo in Conferenza unificata.
Dubbi permangono sul fronte delle politiche attive, a causa del mancato coordinamento delle competenze statali e regionali, necessario per la gestione dei navigator, cioè gli operatori che verranno assunti appositamente per assistere i beneficiari del reddito. Su questo aspetto gli emendamenti approvati in Senato hanno allontanato i fronti, almeno a livello politico. Infatti le Regioni chiedevano di inserire nel testo il raggiungimento di un’intesa tra i soggetti coinvolti, mentre nel Dl 4/2019 emendato è stato previsto solo l’ottenimento di un «parere» della Conferenza permanente Stato-Regioni e Province autonome.
Persone bisognose