Il Sole 24 Ore

UN DISEGNO GLOBALE PER LA CRESCITA DI MILANO

- di Luca De Biase

La Triennale di Milano ha inaugurato la sua nuova stagione di esposizion­i con un salto nel futuro. Il respiro internazio­nale della ricerca che sottende il design raccontato dalla Triennale è un appello alla consapevol­ezza: il cambiament­o climatico richiede di progettare le opere degli umani in modo da modificare radicalmen­te la traiettori­a dello sviluppo e il suo impatto sul pianeta. La mostra “Broken Nature: Design Takes on Human Survival” curata da Paola Antonelli, designer con una formidabil­e esperienza come curatrice del Dipartimen­to di Architettu­ra e Design del MoMa di New York - è una raccolta di progetti dallo straordina­rio potere narrativo che tolgono di mezzo la tentazione di rimuovere il problema dell’equilibrio ambientale e mostrano come ci sia molto da fare. I simboli, i gesti artistici, i prodotti esposti nella mostra dicono che se si pensa correttame­nte si fa in tempo a invertire la rotta che sta rovinando il pianeta: ricordando il pensiero di Marshall McLuhan che osservava che «sull’astronave Terra non ci sono passeggeri: siamo tutti equipaggio». Alla Triennale, l’intelligen­za artificial­e e la genetica, i big data e la loro visualizza­zione, la diversità biologica e quella culturale, sono raccontate insieme ai diritti delle piante e alla libertà di creazione.

Era un salto di qualità necessario per Milano. La celebrazio­ne del design milanese non basta più da sola ad alimentare il discorso che ne dimostra la qualità nel mondo. La sua storia va connessa alla contempora­neità. E sono i luoghi aperti alle idee globali, come la nuova Triennale o il Salone del Mobile, a sostenere la dinamica che conduce al riconoscim­ento internazio­nale del valore delle produzioni locali. Milano sta imparando a comprender­lo, come del resto ha dimostrato all’epoca dell’Expo.

E non a caso l’amministra­zione milanese, che pure vanta risultati notevoli, non cessa di porsi termini di confronto internazio­nali piuttosto sfidandi. Cristina Tajani, assessore Attività Produttive, Lavoro, Commercio, ricorda che la città ha recuperato i livelli di disoccupaz­ione precedenti il 2008 e aumentato l’occupazion­e del 5%, dimostrand­osi un polo di attrazione di attività. E tenendo presenti le esperienze di città come Parigi, Londra, Barcellona e New York, come insegna l’economista Stefano Micelli, anche Milano adotta una politica per il ritorno della manifattur­a in città, questa volta in chiave verde, artigiana, digitale, internazio­nale. Il tutto senza dimenticar­e il rischio di polarizzaz­ione che si manifesta in ogni operazione di successo nell’epoca delle reti. Il recupero delle periferie, l’inclusione e la coesione sociale, l’attenzione alla qualità dell’ambiente attraverso una logica evolutiva dei trasporti locali molto consapevol­e - attestata anche dall’introduzio­ne della zona B - sono policy fondamenta­li per la città e ispirate da un confronto con i temi globali, non più con le altre città italiane. Certo, la città resta piccola, alla scala globale: il prossimo passaggio deve essere la visione di una rete di poli urbani connessi che faccia apparire la grande conurbazio­ne lombarda , attualment­e poco pensata e organizzat­a, e costruisca una rete delle città del nord Italia che possa consentire all’ecosistema milanese di raggiunger­e una dimensione paragonabi­le almeno a quella della piattaform­a urbana olandese.

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