Il Sole 24 Ore

La temibile frontiera che sta dentro di noi

L’autore fissa lo sguardo sull’incomprens­ione di sé

- Elisabetta Rasy

Chesit ratti della relazione tra un

uomo e una donna, trale gene

razioni o tra popoli di diversa origine, religione e cultura, in tutti i suoi libri Abr ah amB.Y eh oshua ha esplorato e scandaglia­tole seduzioni e le insidie delle differenze e delle identità. Nel suo impegno pubblico più volte ha dichiarato di temere l’arroccamen­to i denti tari o, il mi todi una pretesa natura – personale o etnica o nazionale - che si vuole inesorabil­mente simile a se stessa e a nessun altra, il muro che divide. Nel suo nuovo libro, Il tunnel,l’ ottantadue­nne scrittore israeliano spinge il suo sguardo più in là: questa voltala frontiera temibile e l’ incomprens­ione si annidano all’ interno di uno stesso individuo. Nella prima pagina del romanzo il settantatr­eenneingeg­nere Z vi L uria, accompagna­to dalla moglie, si sta facendo visitare da un neurologo: effettivam­ente l’ indagine clinica, co mesi temeva, ha rilevato l’ inizio di una« atrofia dello bo frontale ». L’ ingegnere si allarma: dietro quelle tecniche espression­i mediche serpeggial­a terribile minaccia della demenza senile. Mail neurologo lo rassicura con parole che non si aspetta: dovrà combattere la malattia «con una giusta disposizio­ne di spirito ». Il paziente è stupefatto: ha semprepens­ato che« mente e spirito fossero la stessa cosa», ma il medico non è di questa opinione. Da quel momento in Z vi L uria mente e spirito allestiran­no la loro battaglia, un conflitto disarmato ma non per questo meno drammatico sul quale è costruita la trama di questo bellissimo e, nella sua semplicità e profondità, davvero commovente libro.

Lo scrittore tocca il tema della vecchiaia e soprattutt­o delle mutazioni cerebrali, che con l’ invecchiam­ento della popolazion­e so nodi grande rilievo nella realtà occidental­e, senza essere né catastrofi­co né consolator­io. Come sempre l’ estro narrativo di Y eh oshuan on è soltanto psicologic­o, el asuaforz asta nell’ infrangere le suggestion­i dell’ apparenza e nel tenere insieme, con un vincolo mai ostentato, mai didascalic­o, tanto meno

ideologico, i percorsi privati e quelli collettivi, le loro ragioni e le loro follie, non sempre facilmente distinguib­ili. Qui accade fin dal titolo: il tunnel è quello in

cui teme di avviarsi l’ingegnere, cioè la

men teche dimentica, si oscura, si perde; ma è anche il tunnel di cemento e armature metalliche­che si propone di costruire per non spianare una collinetta nel deserto del Negeev.Spint od alla moglie, in- fatti, si lascia ingaggiare, lui che è da tempo un onorevole pensionato, come assistente volontari odi un ben più giovane ingegnere della stessa società di costruzion­i stradali per cui ha lavorato in passato. La collaboraz­ione al progetto del tunnel non sarà volta però soltanto a tenere in allenament­o il cervello: la posta diventa più alta, si tratta di proteggere degli esseri umani. Nell’intrigo del libro entrano infatti inscena accanto al giovane ingegnere, un vecchioe aspro comandante dell’ esercito e un disperato terzetto

di palestines­i, che una vicenda famigliare

ha portato a essere senza più nazionalit­à e a nasconders­i dentro gli antichi ruderi che sorgono sulla cima della collinetta.

La trama di questo nuovo libro di Y eh oshua non potrebbe essere più realistica:ogni elemento della composizio­ne narrativa, che si tratti di luoghi, di usanze sociali, di strutture pubbliche, è minuziosam­ente calato nella vita israeliana. Ma nello stesso tempo c’è un’intelaiatu­ra simbolica che accompagna la vicenda, i suoi fatti e i suoi personaggi, come una costante e rivelatric­e musica di fondo. L’ ingegnere non potrà debellare l’ atrofia dello bo frontale, la confusione che avanza, l’ oblio. Malo spirito fa la sua parte e nell’avventura del tunnel la sua forza avrà la meglio e riuscirà a sconfigger­e la tirannia della mente, con i suoi precetti identitari­e le sue spesso vane certezze.

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