Rabbia e nostalgia di Anita Ekberg
L’ultimo romanzo di Alessandro Moscèè un libro imperniato sui temi della vita e della morte, della malattia e della vecchiaia, i poli opposti della“linea del tempo” esistenziale di ciascuno di noi. Non riducibile a un unico genere( in primisro manzo, ma anche inchiesta e biografia ), il libro svolge una narrazion basata su fatti reali, ma indi versi punti sembra discostarsidal semplice documentaris mo per librarsi negli spazi di un surrealismo di marca felliniana.
Fellini, nona caso. Perché protagonista dell’opera, Gli ultimi giorni di Anita
Ekberg, è l’attrice, ormai anziana, resa indimenticabile nella Dolcevita. La Ekb erg è morta nel 2015, dopo aver passato alcuni anni, in una sostanziale condizione di indigenza, in una casa di riposo a Rocca di Papa, nei pressi di Roma. Anita Ekberg è inizialmente descritta con le parole che utilizzò Salvatore Quasimodo quando la incontrò per un’intervista dopo l’ uscita del lungometraggio felliniano:« donna dalle mandorle di cristallo »,« Venere del Botticelli »,« cortigiana del novelliere». Ma qui, a dare il via al racconto, è, dopo tanti anni,l’ irri conoscibilità della giunonica svedese, che esprime una pagana interrogazione sull’ aldilà in un susseguirsi di domande, riflessioni, pensieri, annotati in un quaderno dalla stessa ex diva.
Lo scrittore marchigiano rianima alcuni personaggi del passato, i quali entrano in una materialità visionaria che non consente più di distinguerei vivida i morti, l’ attualità dall’ illusione( Fellini, la M asina, Guerra, Mastroianni sono chiamati a un’ adunata finale, come in una grande festa). Incontrando un giovane giornalista che vuole intervistarla( questa la finzione di base del libro ), Anita Ekb erg, in unluog oche sembrerebbe di reclusione ma ancora reattiva, rimpiange il cinema e la giovinezza, la notorietà egli amori( molti dei quali infelici ). È preda di una minaccia chela circonda ovunque si sposti, specie per le precarie condizioni fisiche che la costringono ad assumere farmaci per lenire il dolore alle gambe. Ha rabbia e nostalgia, sogna esi biasima, è collocata ai margini della società come una donna qualunque, una volta calato il sipario del grande cinema.
Il motivo della morte e del nulla è centrale, specie quandola dimensione funeraria diventa il frammento di unari flessione annodata giorno per giorno e ripresa ossessivamente. Nella casa di riposo si alternano individui alquanto bizzarri: un prete che beve il vino rosso dei Castelli Romani, un pianista credulone, una signora che invoca il marito e una sorta di menade, defunta, che leggeva i tarocchi, il cui spiritosi aggira ancora nelle stanze della struttura es uggerisceu nadia logità drammatica che culminerà in una seduta spiritica. Gli ospiti della casa di riposo, infatti, vogliono saperne di più sul dopo morte, sulla possibile salvezza dell’ anima di cui, sempre più vicini all’ ultimo giorno, tanto discutono tra loro.
La solitudine dell’ attrice di un tempo sfavillante e troppo lontano si acuisce durante le notti insonni. Anita Ekberg viene ricoverata in ospedale e in una visione ormai trascendente, in un sonno vaneggiante, suggella un pensiero poetico mentre, in procinto di chiuder egli occhi per sempre, intravede una dimensionecelestiale. Forse quella felicità vera che la vita non le ha dato.