Il Sole 24 Ore

Rabbia e nostalgia di Anita Ekberg

- Roberto Carnero

L’ultimo romanzo di Alessandro Moscèè un libro imperniato sui temi della vita e della morte, della malattia e della vecchiaia, i poli opposti della“linea del tempo” esistenzia­le di ciascuno di noi. Non riducibile a un unico genere( in primisro manzo, ma anche inchiesta e biografia ), il libro svolge una narrazion basata su fatti reali, ma indi versi punti sembra discostars­idal semplice documentar­is mo per librarsi negli spazi di un surrealism­o di marca felliniana.

Fellini, nona caso. Perché protagonis­ta dell’opera, Gli ultimi giorni di Anita

Ekberg, è l’attrice, ormai anziana, resa indimentic­abile nella Dolcevita. La Ekb erg è morta nel 2015, dopo aver passato alcuni anni, in una sostanzial­e condizione di indigenza, in una casa di riposo a Rocca di Papa, nei pressi di Roma. Anita Ekberg è inizialmen­te descritta con le parole che utilizzò Salvatore Quasimodo quando la incontrò per un’intervista dopo l’ uscita del lungometra­ggio felliniano:« donna dalle mandorle di cristallo »,« Venere del Botticelli »,« cortigiana del novelliere». Ma qui, a dare il via al racconto, è, dopo tanti anni,l’ irri conoscibil­ità della giunonica svedese, che esprime una pagana interrogaz­ione sull’ aldilà in un susseguirs­i di domande, riflession­i, pensieri, annotati in un quaderno dalla stessa ex diva.

Lo scrittore marchigian­o rianima alcuni personaggi del passato, i quali entrano in una materialit­à visionaria che non consente più di distinguer­ei vivida i morti, l’ attualità dall’ illusione( Fellini, la M asina, Guerra, Mastroiann­i sono chiamati a un’ adunata finale, come in una grande festa). Incontrand­o un giovane giornalist­a che vuole intervista­rla( questa la finzione di base del libro ), Anita Ekb erg, in unluog oche sembrerebb­e di reclusione ma ancora reattiva, rimpiange il cinema e la giovinezza, la notorietà egli amori( molti dei quali infelici ). È preda di una minaccia chela circonda ovunque si sposti, specie per le precarie condizioni fisiche che la costringon­o ad assumere farmaci per lenire il dolore alle gambe. Ha rabbia e nostalgia, sogna esi biasima, è collocata ai margini della società come una donna qualunque, una volta calato il sipario del grande cinema.

Il motivo della morte e del nulla è centrale, specie quandola dimensione funeraria diventa il frammento di unari flessione annodata giorno per giorno e ripresa ossessivam­ente. Nella casa di riposo si alternano individui alquanto bizzarri: un prete che beve il vino rosso dei Castelli Romani, un pianista credulone, una signora che invoca il marito e una sorta di menade, defunta, che leggeva i tarocchi, il cui spiritosi aggira ancora nelle stanze della struttura es uggerisceu nadia logità drammatica che culminerà in una seduta spiritica. Gli ospiti della casa di riposo, infatti, vogliono saperne di più sul dopo morte, sulla possibile salvezza dell’ anima di cui, sempre più vicini all’ ultimo giorno, tanto discutono tra loro.

La solitudine dell’ attrice di un tempo sfavillant­e e troppo lontano si acuisce durante le notti insonni. Anita Ekberg viene ricoverata in ospedale e in una visione ormai trascenden­te, in un sonno vaneggiant­e, suggella un pensiero poetico mentre, in procinto di chiuder egli occhi per sempre, intravede una dimensione­celestiale. Forse quella felicità vera che la vita non le ha dato.

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