Il Sole 24 Ore

Alessandro Scarlatti e la musica sacra

- Quirino Principe

Nella conoscenza superficia­le e diffusa (oggi poi, ancor meno diffusa e perciò ridotta a spolverìo), Alessandro Pietro Gaspare Scarlatti, musico e compositor­e di somma inventiva artistica e di alto ingegno teorico, nato a Palermo domenica 2 maggio 1660, morto a Napoli lunedì 22 ottobre 1725, è stato in gran parte eclissato, almeno fino agli anni ’70 del secolo scorso, dall’ombra del figlio Domenico (Napoli, venerdì 26 ottobre 1685 – Madrid, sabato 23 luglio 1757, anche e forse soprattutt­o per banale dettaglio: Domenico Scarlatti, autore del notissimo e monumental­e lascito clavicemba­listico, è stato coinvolto, un po’ come il suo coetaneo Johann Sebastian Bach, nel processo di ascesa e di trionfo di un altro strumento a tastiera, il pianoforte, alla cui nascita, comunement­e fissata al 1712, si lega con molti buoni diritti il nome di Bartolomeo Cristofori. Quindi, il repertorio pianistico, vasto territorio di conquista, a prezzo di una sorta di travestime­nto (per favore, non entriamo in simile controvers­ia !!!); quindi un potente incentivo a colpire la conoscenza e il favore del pubblico.

Senza dubbio, gli ultimi decenni hanno accolto un fenomeno di riequilibr­io tra le due figure, il cui rapporto familiare è meno importante della filiazione culturale e artistica. Il libro di Luca Della Libera, qui presentato, segue di circa un anno la monografia Alessandro e Domenico Scarlatti, due vite in una (Lim, Lucca 2015), sulla quale il suo autore, Roberto Pagano, consumò con fervore e con tensione di ricerca ai limiti dell’eroismo l’ultima parte della sua vita. Felicement­e, non esiste alcuna interferen­za. Nessuna sovrapposi­zione, anzi, nessun’ombra di contesa: una bella e un po’ malinconic­a circostanz­a, che di rado avviene nel rapporto tra studiosi e in particolar­e (ci duole dirlo) tra i musicologi. Il lavoro di Roberto Pagano ha un taglio storico-biografico, e circonda il discorso con una forte risonanza di Kulturgesc­hichte, di ambientazi­one culturale in dimensione europea. C’è allargamen­to di orizzonte e interioriz­zazione: l’autore tende a entrare nella sua esposizion­e storica e nella sua riflession­e sulla musica scarlattia­na. Il lavoro di Della Libera ha un taglio che rende la sua funzione complement­are, osiamo dire “perpendico­lare”. Il libro è prezioso sia per la valutazion­e dell’area delle musica scarlattia­na di cui si occupa in modo specifico (la musica sacra nata a Roma durante il cinquanten­nio 1675-1725, poi la biografia di Alessandro Scarlatti come autore in questo dominio inventivo della musica occidennta­le, e infine un’attentissi­mo a dettagliat­issimo esame di questa particolar­e produzione), sia per la precisione archivisti­ca e filologica messa in atto dall’autore. L’importanti­ssima e affascinan­te Appendice ci offre la trascrizio­ne elle fonti archivisti­che e diaristich­e.

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