Il Sole 24 Ore

Il fantoccio non può essere tragico

- Renato Palazzi

Teatrino Giullare è una compagniac­he da anni conduce un’ ingegnosa ricerca non tanto sul teatro di figura quanto sugli ambigui confini tra animato e inanimato, fra gli attori incarne e ossa e le loro

propaggini artificial­i, fantocci, masche

re, protesi. Peri suoi spettacoli, popolati da esse riviventi che sembrano manichini, manichini che sembrano esse riviventie inquietant­i entità per metà umane, per metà di legno, hanno attinto a un impegnativ­o repertorio di autori contempora­nei,da BeckettaPi­nter,d aB ern hard, aKoltès,dallaJe li neka un poemetto di Giuliano S cab i a. Mancava, finora, un incontro conl’ antichità, coi grandi miti classici. A colmare la lacuna provve

de ora un fulminante test odi Davide

Carnevali, esponente fra i più apprezzati della nuova drammaturg­ia italiana, che con Menelao ha fornito ai due interpreti animatori un materiale dilavo roche hanno potuto trattare alla loro maniera. Come definire Menelao? Una piè ce ironica, satirica, feroce che assume il fratello di Agamennone, l’unico personaggi­o che non abbia un proprio posto di rilievo nel ciclo degli Atri di, a emblema dell’ uomo occidental­e di oggi con le sue nevrosi e le sue insoddisfa­zioni.

Da un certo punto di vista potrebbe sembrare una parodia della tragedia. Ma proprio nell’ impossibil­ità della tragedia, nella coscienza del protagonis­ta di non essere, di non poter aspirare a essere un eroe tragico consiste la sua tragedia vera, crudele, spietata. Come certe creature bernhardia­ne, dilaniate dal non sapere se debbano far ridere o piangere, riesce ad amare la sua bella moglie solo quando è assente, lontana, vorrebbe lasciare ai posteri il ricordo di memorabili imprese, ma non ha mai fatto nulla nella vita, e se nesta aletto a inventarsi improbabil­i resoconti autobiogra­fici. Più che il tema dell’ individuo intrappola­to nella sua impotenza, è però soprattutt­o il tono della scrittura di Carnevali che credo abbia attratto il Teatrino Giullare. Quel misto di acre divertimen­to e sottile disperazio­ne si adatta alla perfezione allo stile pungente,grotte scodelle mario netti ne, delle sculture, degli oggetti manovrati con alta sapienza tecnica da Giulia Dall’Ongaro ed Enrico Deotti, al sorprenden­te apparato scenografi­co in cui i due si muovono, una scrivania pronta a trasformar­si in improvvisa­ta ribalta sotto la quale si svela una specie di teca che contiene la stanza da letto di Elena e Menelao. Lo spettacolo prodotto da Emilia Romagna Teatro all’Arena del Sole di Bologna è un fuoco di fil adi mirabolant­i invenzioni, il testone di Zeus che partorisce una piccola Atenacon lancia e bilancia e una civ et tina chele vola sulla spalla, il ritratto di Agamennone che parla muovendo le labbra dalle pagine di un libro, l’ Aga men none burattino che esce dal libro con un’ ascia piantata nel cranio, i mostruosi fantocci-in cubiche tormentano i son nidi Menelao. E le citazioni dell’antica Grecia, finti busti marmorei, statue decapitate­si stagliano a creare un ideale sfondo all’azione.

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