Chiusure domenicali, le imprese: «Siamo pronti a pagare di più»
Il comitato esecutivo: l’attuale modello funziona, miglioriamo la retribuzione La proposta: portare la maggiorazione dal 30 al 40% in busta paga
Portare la maggiorazione per il lavoro domenicale in busta paga dall’attuale 30% al 40 per cento. Ma anche intervenire sul fronte normativo e dei controlli nella lotta all’abusivismo e al sommerso, il miglioramento della turnazione del lavoro nelle giornate festive che potrebbe anche diventare volontario, nell’uso dei voucher oltre all’offerta di pacchetti di servizi di welfare ai lavoratori. Sono queste le aperture proposte dal Comitato esecutivo di Confimprese che si è riunito ieri a Milano. Aperture condizionate al mantenimento dell’attuale impianto normativo che lascia agli esercizi commerciali la facoltà di restare aperti la domenica e nelle giornate festive.
«Lavoriamo su punti qualificanti e costruttivi e restiamo aperti a un dialogo costruttivo con il Governo spiega Mario Resca, presidente di Confimprese l’associazione del commercio moderno che rappresente oltre 300 brand, più di 35mila punti vendita e circa 650mila addetti -. Vogliamo migliorare i diritti e la retribuzione dei nostri dipendenti ma salvaguardando e proteggendo l’attuale modello di aperture nei giorni festivi».
È questa la strategia definita in seno all’associazione i cui soci temono le conseguenze portate da ogni provvedimento che introduca limitazioni all’apertura dei punti vendita. «Siamo contro ogni mediazione. Qualsiasi passo indietro provocherà un danno proporzionale a quanto il passo è lungo - continua Resca -. Al momento delle liberalizzazioni lo Stato ha chiesto aiuto agli imprenditori, che si sono organizzati per investire in nuovi punti vendita, nelle risorse, nella gestione del magazzino, nella logistica. E ora lo Stato cambia rotta e propone una misura che è un danno molto grave per gli imprenditori. Normalmente chi governa dovrebbe creare ricchezza e sviluppo per il Paese».
Da quando lo scorso anno si è ritornato a parlare di chiusure festive il settore per prima cosa ha visto il congelamento degli investimenti degli operatori stranieri a causa del clima d’incertezza a cui si somma il rallentamento dei consumi. «Il 2019 sembra essere una annata flat tendente al basso - aggiunge Luciano Cimmino, presidente della Pianoforte Holding, a cui fanno capo i marchi Carpisa, Yamamay e Jaked -. Le crisi dell’Ilva, quella di Alitalia, per esempio, se ne è parlato in tutte le sedi ma se passerà il ddl di Lega e 5S sono a rischio oltre 40mila posti di lavoro. E nessuno dice nulla».
Intanto sul fronte dell’attività della X Commissione l’Ufficio di presidenza ha stilato una proposta di elenco dei soggetti da convocare in audizione. Sono 44 e spaziano dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato all’Ufficio parlamentare di bilancio oltre alle principali organizzazioni del commercio e del turismo e insegne tra cui Coop, Conad, McArthurGlen Italia (outlet), Oviesse. Hanno chiesto di essere ascoltati anche i colossi dell’online come Google, Amazon, eBay, l’Osservatorio eCommerce B2C del Politecnico di Milano e Netcom. Ebbene la presidente Saltamartini ha proposto di escluderli in quanto la proposta di testo unificato non contiene disposizioni sull’e-commerce. Eppure nel caso si arrivi alla chiusura festiva dei negozi sarebbero proprio questi big ad averne grandi vantaggi non solo perché ininterrottamente «sempre aperti». Insomma si verrebbe a creare uno sbilanciamento a favore dell’online dove, nei poli logistici come quelli di Amazon si lavora quasi h24, week end inclusi.
Tra le tante conseguenze portate dallo schema di chiusure contenute dal ddl ci sarà una ulteriore penalizzazione a danno di quelle catene di negozi fisici che investono nel commercio elettronico offrendo vendita online con il servizio di ritiro nel punto vendita. «Il picco di clienti che ritirano in negozio si raggiunge proprio la domenica ma se dovremo chiudere perderemo vendite e clienti - sottolinea Luciano Cimmino -. Abbiamo investito e ora ci dicono di smontare tutto. Stiamo parlando di aziende non di un Lego».
Anche per questo Mario Resca ribadisce la posizione di Confimprese: «Nessun compromesso o mediazione, c’è una legge di libertà e buon senso che funziona e vogliamo mantenerla».