Su cereali e soia gli hedge fund speculano al ribasso
Posizioni «corte» da record C’è ancora poca fiducia in una svolta tra Usa e Cina
imminente, ma la scadenza del 1° marzo – che segnava la fine della tregua di 90 giorni sui dazi – è ormai passata da tempo senza novità decisive. Ora l’intesa sembra anzi allontanarsi, in un futuro sempre più vago: il presidente Usa Donald Trump ha affermato in un tweet che «non c’è fretta» e secondo fonti Bloomberg l’incontro cruciale con il suo omologo cinese Xi Jinping avverrà «al più presto ad aprile».
Alla pace commerciale tra Washington e Pechino sono appese soprattutto le sorti della soia: i cinesi un tempo erano i migliori clienti degli Usa, con importazioni per 12 miliardi di dollari all’anno, ma dallo scorso luglio hanno imposto dazi al 25% e gli acquisti si sono quasi azzerati, fatto salvo qualche carico sporadico, ordinato più che altro per dimostrare buona volontà durante i negoziati. La Cina – anche a causa di un’epidemia di febbre suina, che ha ridotto gli allevamenti –in generale sta consumando meno soia, ma le sue importazioni dagli Stati Uniti nel 2018 si sono addirittura dimezzate, ai minimi da dieci anni (16,6 milioni di tonnellate).
Il segretario Usa all’Agricoltura Sonny Perdue a febbraio aveva affermato che la Cina era pronta ad acquisti extra di soia americana per 10 miliardi di dollari, mentre da indiscrezioni di stampa era emersa una disponibilità a spendere 30 miliardi in più in importazioni agricole dagli Usa, con acquisti che forse avrebbero potuto indirizzarsi anche su mais e grano, di cui oggi Washington è un fornitore residuale per i cinesi.
Ogni aspettativa ora si sta smorzando e il pessimismo è tornato ad aleggiare sui mercati. Un fattore ribasista in più, che si somma alle previsioni di raccolti e scorte abbondanti, negli Usa e non solo.
á@SissiBellomo