Il Sole 24 Ore

Le vicende estere di Cmc costruzion­i

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Gentile direttore, l’articolo di ieri dal titolo “Il fronte estero di CMC. Cantieri a metà e operai in ostaggio”, offre una ricostruzi­one parziale, distorta e fuorviante.

CMC non è, e non è mai stata, in bancarotta ma, in data 7/12/2018 il Tribunale di Ravenna ha autorizzat­o l’avvio della procedura di concordato preventivo finalizzat­o alla continuità aziendale. La situazione di CMC è stata tempestiva­mente comunicata e rappresent­ata in totale trasparenz­a a tutti gli stakeholde­r, anche all’estero, ed in conformità agli obblighi di legge.

CMC è attualment­e impegnata nella ultimazion­e del piano concordata­rio.

Relativame­nte ai fatti avvenuti in Kuwait, i due dipendenti di CMC sono rientrati con un normale volo di linea (e non con volo di stato): si trattava dell’accusa infondata di un presunto furto di un mezzo di lavoro che, invece, è poi risultato trovarsi all’interno delle aree di cantiere. I lavori per altro erano oggetto di un contratto di subappalto che CMC ha risolto in quanto a distanza di quasi un anno dall’inizio lavori, non aveva ancora ottenuto il riconoscim­ento ufficiale come subappalta­tore. Pertanto CMC non aveva alcun rapporto contrattua­le con le Autorità dell’Emirato.

Relativame­nte agli appalti in Kenya al momento non vi è alcuna accusa formalizza­ta da parte delle autorità locali; CMC, così come le circa 50 (e non 110 ) aziende fornitrici, sono state sentite per fare chiarezza sui fatti riportati dalla stampa locale e rispetto ai quali CMC ritiene di essere estranea.

Nessun documento risulta oggi sequestrat­o dalle Autorità e la due-diligence citata nell’articolo è stata debitament­e eseguita nei modi e nei tempi previsti.

Tutti i contratti di CMC in Kenya, inclusi quelli sottoscrit­ti dalla Joint Venture di CMC e Itinera S.p.a., sono stati firmati tra il 2015 e il 2017, e CMC non ha ricevuto alcun pagamento riferito a tali contratti dopo il 04/12/2018. Non corrispond­e poi a verità quanto riportato circa il trasferime­nto dei 165 milioni di dollari, cosi come riferito nel pezzo: infatti gli importi degli anticipi contrattua­li destinati alla Joint Venture CMC-ITINERA (meno della metà dei 165mio di dollari) sono stati pagati in Italia da parte della sede inglese dei finanziato­ri, così come previsto nel relativo contratto di finanziame­nto.

Relativame­nte agli appalti in Sud Africa deve precisarsi altresì che a quanto ci risulta CMC non è sotto inchiesta da parte delle Autorità giudiziari­e per corruzione ne lo è per gli appalti in Uganda.

Per quanto riguarda le attività in Nepal, lo scorso dicembre alcuni dipendenti di CMC sono stati fermati dall’ufficio immigrazio­ne dell’aeroporto dopo che CMC aveva terminato il contratto in essere dal 2013 con il governo Nepalese a causa di mancati pagamenti relativi a lavori già eseguiti. Nessun passaporto sequestrat­o e i dipendenti hanno lasciato il paese senza alcuna pendenza. Inoltre, il secondo contratto non è mai partito in quanto non è mai stato versato l’anticipo contrattua­le previsto.

Infine nessun dipendente o collaborat­ore di CMC è mai stato messo agli arresti domiciliar­i per i fatti ipotizzati; ogni situazione di lavoro sospeso o terminato è stata presentata e dichiarata a tutti gli organi competenti ed è attualment­e oggetto di valutazion­i al fine del piano concordata­rio; non è stata presentata, alcuna richiesta di liquidazio­ne totale degli asset per rimborsare investitor­i e fornitori.

CMC Ravenna

Prendo atto della reazione della Cmc, ma faccio presente alcune cose: tutte le informazio­ni contenute nell’articolo sono state riscontrat­e con i governi interessat­i dagli appalti e pubblicate dalla stampa internazio­nale, compresa quella keniota e nepalese: la CMC non ha mai smentito nessun articolo (perché solo in Italia?). Per quanto riguarda gli appalti in Nepal, 10 dipendenti della Cmc hanno subìto il ritiro del passaporto allo scalo di Kathmandu il 16 dicembre 2016, altri due dipendenti hanno consegnato i passaporti alla polizia che si era recata al loro domicilio: la stampa internazio­nale ha riportato che era stato detto loro di non lasciare il paese e la residenza. Anche in questo caso, nessuna smentita della CMC. Sul SudAfrica, ho usato il condiziona­le (sarebbe sotto inchiesta) perché si trattava di informazio­ne off the record. Infine, sulla liquidazio­ne degli asset, questo è quanto sostengono i creditori del gruppo, che ha 900 milioni di debiti da ripagare. Allego dichiarazi­one del presidente Porcelli pochi mesi prima di portare i libri in tribunale: «Ringrazio il presidente uscente perché è stato un maestro in questi anni: ho preso la guida di una cooperativ­a in buone condizioni». (A.Pl.)

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