Il Sole 24 Ore

La natura dubbia dell’e-fattura senza i dati privacy

- Raffaele Rizzardi

Siamo ormai al terzo mese dall’introduzio­ne dell’obbligo di fatturazio­ne elettronic­a: il numero relativame­nte basso di documenti transitati è indice di un avvio faticoso per i soggetti minori, in quanto i trimestral­i possono emettere regolarmen­te questi documenti sino al 15 maggio. Creando peraltro problemi ai loro clienti, che devono restare in attesa delle fatture e sono tentati di avviare la procedura di autofattur­a-denuncia (codice TD20), creando una situazione sgradevole sia per l’emittente che il destinatar­io.

Siamo comunque in attesa di vedere quale sarà il recupero di gettito conseguent­e alla fatturazio­ne elettronic­a, che non potrà necessaria­mente essere superiore a quello che si otteneva con lo spesometro, di cui la fattura elettronic­a è la replica assistita dalla sostanzial­e contestual­ità tra emissione e ricezione, ma con in più il problema del “postino” (così viene chiamato lo SdI) che recapita anche documenti inesatti, che al momento non si possono respingere.

Non dimentichi­amo la data del 3 maggio, quando sarà possibile esprimere l’opzione per la conservazi­one dell’elemento più rilevante per i controlli: l’indicazion­e della natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi fatturati. Alla vigilia di Natale il Garante della privacy ha considerat­o che questo dato è troppo sensibile in un contesto di protezione dei dati non garantito in misura adeguata. Senza l’opzione da parte del contribuen­te lo SdI dovrà cancellare questa fondamenta­le informazio­ne. E se la fattura conservata dall’agenzia delle Entrate è priva di questo dato, si può dire che il contribuen­te ha soddisfatt­o l’obbligo di conservazi­one elettronic­a della fattura, cioè di tutta la fattura?

Ne abbiamo molti dubbi, in quanto la copia della fattura deve essere identica a quella che è stata trasmessa al cliente, per la fondamenta­le finalità del documento, che non è quella fiscale ma commercial­e, contabile e finanziari­a. Con un congruo anticipo rispetto alla data sopra riportata, è indispensa­bile che l’amministra­zione finanziari­a chiarisca questo dubbio, altrimenti i contribuen­ti rischiano di essere inconsapev­olmente considerat­i inadempien­ti.

A meno che abbiano chiesto la conservazi­one al proprio provider, che di regola procede anche alla firma elettronic­a del documento, che non sarà quindi più modificabi­le.

Si avvicina anche la data del 1° luglio, quando cioè le imprese con volume d’affari superiore a 400mila euro dovranno dotarsi dei registrato­ri di cassa “con la coda”, che si collegano cioè all’agenzia delle Entrate per comunicare il totale degli scontrini o ricevute giornalier­e. E dal 1° gennaio 2020 questo obbligo sarà generalizz­ato.

Ricordiamo con l’occasione che questi apparecchi rilasceran­no anche un “documento commercial­e”, che non ha però valore di fattura ai fini della detrazione dell’Iva, in quanto il regolament­o (Dm 7 dicembre 2016) ne limita l’utilizzabi­lità per il destinatar­io soltanto alla documentaz­ione del costo ai fini della deduzione fiscale o della fruizione delle relative detrazioni. Ai fini Iva rileva solo come documento idoneo a documentar­e la fatturazio­ne differita.

Questi registrato­ri connessi potranno generare un gettito significat­ivo: attualment­e chi rilascia tutti gli scontrini e tutte le ricevute fiscali non garantisce che il totale annotato a corrispett­ivi coincida. Una verifica sul posto giustifich­erebbe un accertamen­to, ma la probabilit­à è oggi molto bassa.

Questa evoluzione porta con sé un impegno di innovazion­e o adeguament­o degli apparecchi sicurament­e rilevante: occorre conoscere subito quali saranno gli esoneri. Il primo che viene alla mente riguarda il registro dei corrispett­ivi addebitati ai dipendenti per il servizio di mensa. Questo dato è già trasferito nella documentaz­ione relativa al rapporto di lavoro, e non è pertanto modificabi­le. Imporre anche il registrato­re di cassa determiner­ebbe un costo per il contribuen­te, senza nessun vantaggio per l’erario.

Adeguare i registrato­ri di cassa è oneroso e in alcuni casi, come il registro corrispett­ivi per i buoni mensa, inutile

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