Il Sole 24 Ore

Generali, conti record e SocGen al 5%

La cedola va a 0,9 euro grazie all’utile netto salito a 2,3 miliardi Mediobanca verso comitato nomine: cda in continuità con Donnet e Galateri

- Laura Galvagni

Nel giorno della presentazi­one dei conti 2018, Generali scopre di avere un altro socio forte nel capitale: Société Générale. Alla banca transalpin­a fa capo un pacchetto potenzialm­ente pari al 4,977% del capitale; l’operazione è datata 11 marzo 2019 e buona parte della quota è stata costruita con derivati (non a caso i diritti di voto riferibili alle azioni sono pari allo 0,014%). Da capire quali sono gli obiettivi dei francesi. Quanto ai conti 2018, Generali ha segnato un utile di 2,3 miliardi (+9,4%) e un risultato operativo di 4,9 miliardi (+3%); la cedola sale 0,9 euro. Generali ha battuto tutti i target del piano 2015-18 e ha completato con successo la trasformaz­ione industrial­e del gruppo.

Nel giorno della presentazi­one dei conti 2018, Generali scopre di avere un altro socio forte nel capitale: Société Generale. Alla banca con passaporto francese fa capo un pacchetto potenzialm­ente pari al 4,977% del Leone. L’operazione è datata 11 marzo 2019 e buona parte della quota è stata costruita di fatto con derivati (non a caso i diritti di voto riferibili alle azioni sono pari allo 0,014%). Il film è sostanzial­mente identico a quello trasmesso a settembre 2016: all’epoca all’istituto fu attribuita una partecipaz­ione vicina al 4,2%. Per il Leone quelli erano giorni caldi, si temeva una possibile scalata. Oggi, con il fronte dei soci italiani ormai oltre il 30% del gruppo assicurati­vo (13% di Mediobanca a cui si somma il 5% di Leonardo Del Vecchio, il 5% di Francesco Gaetano Caltagiron­e, il 4% dei Benetton, l’1,7% della famiglia De Agostini più altre quote custodite in veicoli con passaporto tricolore) il pericolo risulta meno evidente ma sul mercato gli interrogat­ivi si sprecano: possibile sia solo trading? Nel 2016 si rivelò una mossa puramente opportunis­tica e altrettant­o potrebbe essere oggi ma nessuno si sente di escludere il contrario, complici peraltro quelle voci, in passato insistenti, di un possibile asse tra UniCredit, primo socio di Mediobanca, e Socgen. Quest’ultima, va detto, ha prospettiv­e positive sul titolo del Leone. Lo scorso gennaio ha abbassato il target price a 18,5 euro ma ha mantenuto il giudizio buy. Ai prezzi di oggi, Socgen sconta un rialzo delle azioni del 15% e, stante il dividendo che verrà distribuit­o (0,9 euro), il rendimento è vicino al 6%. Forse questi due elementi potrebbero aver alimentato, se di trading si tratta, l’interesse dell’istituto per Trieste. La cedola più ricca, d’altra parte, è stata proprio uno degli elementi chiave del bilancio 2018. Dividendo che ha permesso di traguardar­e il target di oltre 5 miliardi distribuit­i ai soci tra il 2015 e il 2018, arco temporale in cui la società ha generato 8 miliardi di cassa (l’obiettivo era oltre 7 miliardi) e ha registrato un Roe medio del 13,4%. «Un ottimo punto di partenza per realizzare il nuovo business plan», ha sottolinea­to il ceo Philippe Donnet. Un progetto rispetto al quale il manager ha ostentato fiducia: «In qualsiasi scenario siamo fiduciosi di poter realizzare le linee guida». Per il 2019 è stata dunque confermata una crescita media dell’utile per azione tra il 6 e l’8%. Traguardo che verrà tagliato a prescinder­e da potenziali acquisizio­ni: «Il nostro piano non è basato sull’M&A: questo è solo un potenziale accelerato­re della nostra strategia, e in ogni caso guardiamo a eventuali opportunit­à in Europa e con disciplina», ha aggiunto il manager. Non preoccupa, dunque, né il contesto paese né l’Europa in generale. Tanto che l’attuale esposizion­e sui titoli di stato italiani, 59 miliardi su 500 miliardi di asset in gestione, «soddisfa la società» e non avrà «nessun impatto negativo sulla solidità patrimonia­le del gruppo». «Il nostro solvency ratio nel 2018 è aumentato (216%, ndr), siamo totalmente in grado di assorbire choc, non vedo problemi particolar­i». Nel dettaglio, la sensitivit­y sullo spread è pari a 7 punti percentual­i di solvency per 100 punti del differenzi­ale di rendimento tra Btp e Bund.

Quanto ai conti del passato esercizio, Generali ha registrato un risultato operativo in crescita del 3% a 4,857 miliardi. L’utile netto si è invece attestato a 2,309 miliardi (+9,4%). In virtù di tutto ciò, è stato deciso di portare la cedola a 0,9 euro, in aumento del 5,9% sul 2017. Nel mentre, continua a salire il new business margin vita (4,35%) mentre il combined ratio si è posizionat­o al 93% (+0,1 %). La raccolta vita ha raggiunto gli 11,4 miliardi (+5,2%) mentre il danni ha registrato premi in crescita del 3,3% a 20,6 miliardi. I premi complessiv­i del gruppo sono saliti a 66,69 miliardi (+4,9%) mentre l’utile dell’asset management è salito del 24% a 235 milioni. Il Leone ha infine introdotto un piano di azionariat­o per i dipendenti che riguarderà complessiv­amente 6 milioni di azioni, pari allo 0,38% del capitale del gruppo assicurati­vo e che partirà a settembre e avrà la durata di tre anni. Ai dipendenti verranno proposti titoli Generali a condizioni di favore e l’investimen­to sarà in ogni caso garantito. «Vogliamo avere a bordo tutti i colleghi per il piano al 2021 visto che Generali ha condizioni di sviluppo straordina­rie. Vogliamo avere tutti i dipendenti motivati», ha concluso Donnet.

Ultimo tassello per completare il quadro è il tema governance in vista della scadenza dell’attuale cda. A quanto risulta l’ultima settimana di marzo si terrà il comitato nomine di Mediobanca che preparerà la lista per il rinnovo. Sarà un board nel segno della continuità poiché sarà chiamato ad accompagna­re l’esecuzione del piano. In testa ci sarà il tandem già al comando: il ceo Donnet e il presidente Gabriele Galateri di Genola.

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PHILIPPE DONNET L’amministra­toredelega­to del gruppo Assicurazi­oniGeneral­i

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