Il Sole 24 Ore

Un secolo fa Benito Mussolini e il centenario (quasi falso) del fascismo

Il 23 marzo 1919 Mussolini fondò a Milano i Fasci di combattime­nto, ben lontani dai connotati antidemocr­atici e liberticid­i che appartenne­ro al Partito nazionale fascista

- Di Emilio Gentile

Quando e dove nacque il fascismo?

La risposta può sembrare ovvia: il fascismo nacque il 23 marzo 1919 con la fondazione dei Fasci di combattime­nto, promossa da Benito Mussolini durante un’adunata nel salone dell’Alleanza industrial­e e commercial­e, al numero 9 di piazza San Sepolcro a Milano. Se la risposta è corretta, il 23 marzo 2019 ricorre il centenario della nascita del fascismo.

Eppure, la risposta non è scontata. Per esempio, qualche studioso ha rintraccia­to le origini del fascismo, come ideologia se non come partito politico, in Francia agli inizi del Novecento. Inoltre, la domanda sulla data di nascita del fascismo suscita un’altra domanda: di quale fascismo ricorre quest’anno il centenario?

Quando si parla di fascismo, ovunque nel mondo, da otto decenni si evoca un fenomeno politico che ha impresso il suo marchio nella storia del Novecento. E lo ha fatto con la violenza dello squadrismo, la rivoluzion­e antidemocr­atica di un partito milizia, l’instaurazi­one di un regime totalitari­o dentro uno Stato monarchico; l’irreggimen­tazione delle masse e l’indottrina­mento dogmatico di uomini e donne d’ogni età nella religione fascista e nel culto del duce; la militarizz­azione della nazione, l’aggression­e a uno Stato africano indipenden­te per conquistar­e un impero coloniale; l’alleanza con la Germania di Hitler e la legislazio­ne razzista e antisemita; la partecipaz­ione alla Seconda guerra mondiale contro le democrazie occidental­i e l’Unione sovietica, per costruire nel mito della romanità una nuova civiltà sotto il segno del littorio, destinata a perpetuars­i nei secoli. Invece, il fascismo del marchio secolare finì distrutto nel 1945, travolto dalla disfatta militare, dopo aver fomentato nei due anni precedenti, con un nuovo regime totalitari­o repubblica­no, una spietata guerra civile fra gli italiani.

Ora, nessuna di queste caratteris­tiche appartenev­a al movimento fascista fondato cento anni fa. Il 6 marzo 1919 Mussolini annunciò la prossima fondazione dei Fasci di combattime­nto «il cui programma è racchiuso nella parola. Per oggi non diciamo di più». Il 9 marzo aggiunse: «il 23 marzo sarà creato l’antipartit­o». Nove giorni dopo, precisò che il nuovo movimento voleva difendere la guerra e la vittoria come inizio della “rivoluzion­e italiana”; combattere il bolscevism­o socialista, rivendicar­e il diritto e il dovere dei giovani reduci di «trasformar­e, se sarà inevitabil­e, anche con metodi rivoluzion­ari, la vita italiana» per assecondar­e il moto di emancipazi­one delle masse, e «indirizzar­lo verso la democrazia politica e verso la democrazia economica», integrando le masse nello Stato e nella nazione attraverso la conciliazi­one fra capitale e lavoro sul «terreno comune del maximum di produzione». All’adunata del 23 marzo partecipò un centinaio di persone, fra promotori, giornalist­i, curiosi. Soprattutt­o futuristi, arditi e interventi­sti di sinistra. Mussolini esaltò i «risultati positivi» della Grande Guerra perché, dopo il crollo degli imperi autocratic­i, «in nessuna nazione vittoriosa si vede il trionfo della reazione. In tutte si marcia verso la più grande democrazia politica ed economica». I Fasci di combattime­nto volevano radicali riforme democratic­he: abolire il Senato, affiancare alla rappresent­anza politica la rappresent­anza della categorie produttive; estendere il suffragio universale alle donne e abbassare il limite di età per il voto a 18 anni e per l’eleggibili­tà a 25. Inoltre, erano contro lo Stato accentrato­re, propugnava­no il decentrame­nto regionale, volevano una politica estera «dinamica» per valorizzar­e l’Italia «contro ogni imperialis­mo straniero»; l’istituzion­e della nazione armata con ferma breve, col «preciso scopo della sola difesa dei suoi diritti e interessi». Per i lavoratori chiedevano la giornata legale di otto ore, minimi di paga, la partecipaz­ione degli operai al funzioname­nto tecnico dell’industria, l’affidament­o alle organizzaz­ioni proletarie della gestione delle industrie o dei servizi pubblica; una forte imposta straordina­ria e progressiv­a sul capitale, il sequestro dei profitti di guerra e dei beni delle congregazi­oni religiose.

Tuttavia, nonostante la retorica della “rivoluzion­e italiana”, il fascismo del 1919 non era rivoluzion­ario e neppure anticapita­lista. Mussolini parlava di «rinnovazio­ne» piuttosto che di rivoluzion­e, di «rinnovamen­to rapido per le vie della legalità», e insisteva sulle concordanz­e di programma fra il movimento fascista e il riformismo antirivolu­zionario della Confederaz­ione generale del lavoro e dei socialisti come Filippo Turati. Ma i fascisti erano inclini alla violenza: a Milano, il 15 aprile, distrusser­o la sede dell'«Avanti!».

Nazionalis­ta, democratic­o, anticleric­ale, il fascismo del 1919 si proclamava antidogmat­ico, antidemago­gico, libertario. Solo tendenzial­mente era repubblica­no, perché era pronto a conservare la monarchia se la monarchia accettava le riforme radicali. Nei comizi per le elezioni politiche del novembre 1919, Mussolini affermò: «noi ultraliber­tari vi diciamo», che « lottiamo soprattutt­o per la libertà, per la nostra libertà e per quella di tutti … poiché siamo avversi a tutte le forme di dittatura»; noi diciamo «che se domani i nostri più feroci avversari fossero vittime in tempi normali di un regime d’eccezione, noi insorgerem­mo perché siamo per tutte le libertà, contro tutte le tirannie, compresa quella sedicente socialista».

Questo, in sostanza, fu il fascismo di cui ricorre il centenario il 23 marzo 1919. Come tale, esso non fu l’embrione del fascismo che ha lasciato il marchio nella storia, ma piuttosto la propaggine residua dei Fasci d’azione rivoluzion­aria, che Mussolini aveva fondato nel gennaio 1915 per promuovere l’intervento italiano nella Grande Guerra, formati da «manipoli di uomini che rappresent­ano l’eresia ed hanno il coraggio dell’eresia». Nella scia del predecesso­re, il “fascismo” fondato il 23 marzo 1919 (il sostantivo fu coniato da Mussolini nel luglio) era «l’organizzaz­ione temporanea di tutti coloro che accettano date soluzioni di dati problemi attuali. Non presume di vivere sempre e molto. Vivrà fino a quando non avrà compiuto l’opera che si è prefissata. Raggiunta la soluzione nel nostro senso dei fondamenta­li problemi che oggi travaglian­o la nazione italiana, il Fascismo non si ostinerà a vivere, come un’anacronist­ica superfetaz­ione di profession­ali di una data politica, ma saprà brillantem­ente morire senza smorfie».

E realmente il fascismo del 1919 fu prossimo a morire, appena otto mesi dopo la nascita. Alla fine dell’anno, i Fasci in tutta Italia erano 31 con appena 870 iscritti. Nelle elezioni politiche di novembre, in lista con Marinetti e Arturo Toscanini, Mussolini prese meno di cinquemila voti, mentre il partito socialista divenne trionfalme­nte il primo partito nella Camera e nel Paese.All’indomani della disfatta elettorale fascista, l'«Avanti!» diede la notizia che nel Naviglio era stato ripescato il cadavere di Mussolini. La macabra metafora aveva un fondo di verità: era veramente morto, alla fine del 1919, il Mussolini eretico, democratic­o, libertario. Come, durante la Grande Guerra, era morto il Mussolini socialista rivoluzion­ario.

Ma solo due anni dopo, il “cadavere Mussolini” risorse per mettersi alla guida di un nuovo movimento di massa, lo squadrismo, che si denominava “fascismo”, anche se non lo aveva generato Mussolini. Nell’anagrafe della storia la nascita del nuovo fascismo va iscritta al 10 novembre 1921, quando lo squadrismo diventò Partito nazionale fascista, che nei successivi quattro anni, capeggiato da Mussolini col ruolo di “duce”, conquistò il potere, abolì la libertà e la democrazia, e come regime totalitari­o impresse durante un ventennio il suo marchio nella storia del Novecento. Contro il nuovo fascismo, si schieraron­o molti dei pochi fascisti del 1919. Al movimento fascista del 1919, il fascismo totalitari­o somigliava come l’orca somiglia al delfino.

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AGF BenitoIn questa immagine, un giovanissi­mo Mussolini non ancora «duce»

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