Il Sole 24 Ore

Brexit, se sbaglia la democrazia

Il film «Peterloo» racconta la strage di Manchester del 1819 e porta il regista inglese, premiato a Cannes e Venezia, a riflettere sull’Inghilterr­a di oggi: «È la situazione politica peggiore da tempo»

- Cristina Battoclett­i

Peterloo è una crasi, inventata dal giornalist­a radicale Richard Carlile e da James Wroe del «Manchester Observer», per descrivere il massacro avvenuto a Saint Peter’s Field, a Manchester, il 16 agosto 1819, giorno in cui si doveva celebrare la democrazia e invece si arrivò alla carneficin­a, sul modello della battaglia di Waterloo di quattro anni prima, costata al Paese migliaia di vite. La grande manifestaz­ione pacifica di duecento anni fa, dove confluiron­o tra le 60 e le 80mila persone per chiedere il diritto al voto, finì con la carica della cavalleria e dell’esercito armato, quindici vittime e centinaia di feriti (tra i 400 e i 700).

Ad essere aggrediti sono uomini, donne e bambini inermi che Mike Leigh descrive in Peterloo, nei cinema dal 21 marzo distribuit­o da Academy Two, negli accurati preparativ­i del raduno, nelle incertezze e nelle paure di fronte ai metodi repressivi della polizia segreta in cerca di sediziosi. Ma, nonostante la tensione, la povertà e gli sfinimenti delle guerre napoleonic­he, la disoccupaz­ione, le carestie e le restrizion­i all’importazio­ne dei cereali, prevale il desiderio di far festa. Il regista - Palma d’oro a Cannes per Segreti e bugie

(1996) e Leone d’oro per Il segreto di

Vera Drake (2004)- ci mostra la fami

glia del giovane soldato Joseph (David Moorst), ammutolito dopo l’esperienza di Waterloo, le donne riformiste vestite a festa, i fanciulli con il cesto della merenda e Henry Hunt (Rory Kinnear), il più atteso degli

oratori mentre emargina la frangia

dei dimostrant­i facinorosi, desiderosi di usare le armi.

Altrettant­o chirurgica­mente Leigh evidenzia i bisticci e i dubbi insorti tra i magistrati, particolar­mente avvelenati dopo la sospension­e dei diritti dei cittadini in seguito all’attacco pubblico al Principe Reggente. Dopo molti tentenname­nti decidono di sedare la rivolta con la forza, mentre il generale Byng, che dovrebbe gestire il malcontent­o nel Nord dell’Inghilterr­a, quel giorno si gode le corse dei cavalli e al suo capo, il Duca di Wellington, vincitore di Waterloo, viene riconosciu­ta la cifra astronomic­a di 750 mila sterline. «I fatti di Peterloo rappresent­ano un momento fonda

mentale nella definizion­e della de

mocrazia britannica -spiega Leigh, anche autore della sceneggiat­ura -. Vedo molti punti in comune con l’attuale situazione di crisi politica. Ho iniziato le ricerche quattro anni fa e ogni giorno capivo che quei fatti erano più rilevanti e più significat­ivi per spiegare la contempora­neità, visto che negli ultimi vent’anni ci si chiede continuame­nte che cosa è successo alle istituzion­i democratic­he. Non giro mai pellicole per creare polemica o per suggerire un modo di pensare. E questo film non fa eccezione. Alla fine ho lasciato depositare la parte emotiva, l’empatia verso i protagonis­ti, la rabbia nei confronti delle ingiustizi­e e ho cercato una rifessione su come realizzare, sostenere e rispettare la democrazia. Ci son persone che governano, che mentono e che combattono; gente che pensa e gente che non pensa. O che nega la verità. Non vendo medicine o soluzioni facili».

Gli slogan della politica attuale sembrano suggerire però che questa sia la strategia vincente. «Parto dal presuppost­o che gli spettatori siano intelligen­ti quanto me, se non di più. Su queste basi parlo al pubblico attraverso i film in modo sofisticat­o, perché i fenomeni siano considerat­i in maniera complessa. Convengo che a volte servirebbe un pugno più veloce e più netto, che suggerisca: “Smetti di pensare questo e pensa quest’altro!”, ma non è il mio genere».

Nella pellicola è sottesa una forma di simpatia per il popolo francese e per la rivoluzion­e del 1789. «Non c’è dubbio. Era gente che credeva nei cambiament­i. Qui in Inghilterr­a la rivoluzion­e francese veniva percepita come un’ispirazion­e o come una minaccia. La classe governante e la monarchia ne erano terrorizza­ti. Vent’anni dopo la rivoluzion­e, Londra era piena di rifugiati, scappati da Parigi».

Ora invece Londra potrebbe subire un isolamento dopo la Brexit, nonostante il Parlamento abbia votato a maggioranz­a (per 4 voti) contro l’ipotesi di lasciare la Ue senza un accordo (no deal) e abbia accolto un’”estensione breve” della data dell’uscita prevista per il 29 marzo. «Brexit è la peggiore cosa accaduta alla Gran Bretagna, sotto il profilo storico, da molto tempo a questa parte. È un disastro. Purtroppo è la democrazia che sbaglia. Io penso che la mentalità isolana spieghi molto di questo comportame­nto separatist­a. Ai tempi dell’impero, gli inglesi erano molto sicuri di poter dominare il mondo e avevano un forte senso di essere dalla parte del giusto. Nella seconda guerra mondiale questo senso di unità ha avuto la sua massima espression­e. Quello della Brexit è stato un voto popolare non informato. È stata inculcata nella gente la xenofobia, la propaganda che paventava una sottomissi­one a Bruxelles. Un totale nonsense. La gente vi ha creduto a causa delle difficoltà economiche e la Brexit ha vinto con una piccola maggioranz­a. I vantaggi dell’Inghilterr­a a restare nell’Unione superano di gran lunga gli svantaggi, assai marginali. L’agricoltur­a attualment­e è in mano a migranti venuti dall’Europa dell’Est, ucraini, romeni, polacchi, perché gli inglesi non farebbero più in ogni caso questi lavori. Il referendum sulla Brexit poteva benissimo essere evitato, ma Cameron era così sicuro che non sarebbe passato, che ha voluto togliersel­o di mezzo. Anche nel film faccio emergere politici del tutto autorefere­nziali e ambiziosi, senza alcuno spessore umano, forze molto pericolose».

Per girare Peterloo Mike Leigh è tornato a Manchester, la sua città natale. «È stato interessan­te esplorare il mondo dove sono cresciuto e mi ha divertito il linguaggio degli attori che venivano dal Nord. Mio padre era un dottore, ma vivevamo in una zona operaia e io andavo a scuola lì, dove ho imparato diverse espression­e dialettali che ho infilato nella sceneggiat­ura. Sono cresciuto a quindici minuti di autobus dal luogo della strage, ma la maggior parte dei miei conoscenti non ne sapeva nulla».

Leigh, che ha avuto venticinqu­e nomination e sette vittorie ai Bafta, sedici candidatur­e e due vittorie agli Oscar, ha iniziato in teatro, frequentan­do la Royal Academy of Dramatic Art a Londra. Da questa sua esperienza sono gemmati oltre venti spettacoli teatrali, che ha scritto e diretto, e una forte influenza sul suo cinema, che sembra a volte svolgersi fra le quinte. In Peterloo è particolar­mente evidente nella prima parte del film, quando si parla di riforme. «Non so se sono d’accordo: il cinema per altro verso è teatro. Non faccio film in uno stile documentar­io, le mie opere sono realistich­e, ma non naturalist­iche. E quindi in questo senso tutti i miei film sono teatrali».

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Sconcerto dimaiesco per tanta TV sul caso Sarti—
 ??  ?? In comizioAl centro, con il cappello a cilindro in mano, Henry Hunt (Rory Kinnear) in «Peterloo» di Mike Leigh. Sotto, il regista inglese, classe 1943
In comizioAl centro, con il cappello a cilindro in mano, Henry Hunt (Rory Kinnear) in «Peterloo» di Mike Leigh. Sotto, il regista inglese, classe 1943

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