LIQUIDITÀ, TUTTI I RISCHI DELL’INTESA
Nelle scorse settimane, mentre nel Regno Unito il processo della Brexit andava in stallo, la Bank of England (BoE) ha discretamente siglato un accordo con la Banca Centrale Europea (Bce) per il potenziamento della linea di liquidità di emergenza (swap line). Uno scenario di no deal caratterizzato da investitori in fuga da attività finanziarie denominate in sterline ora potrebbe essere gestito senza drammi. Infatti la BoE avrebbe accesso ad una riserva potenzialmente illimitata di Euro e soddisferebbe il picco di domanda di valuta da parte delle banche nazionali, riducendo la pressione al ribasso sulla sterlina.
Questi accordi bilaterali, rari prima della crisi del 2008, sono diventati oggi comuni. Si è sviluppata una rete di oltre 120 interconnessioni tra banche centrali che permettono l’accesso a valute estere direttamente dai Paesi “produttori”.
Le economie asiatiche sono state le prime a costruire una rete regionale di linee di liquidità di emergenza (l’iniziativa Chiang Mai) dopo la devastante crisi di bilancia dei pagamenti del 1997-1998.
I paesi occidentali invece sono stati costretti a muoversi in questa direzione nell’immediato periodo postLehman, quando la Federal Reserve (Fed) ha dovuto accendere una linea swap per oltre 600 miliardi di dollari, di cui 300 erogati alla Bce in risposta alla fuga in massa degli investitori verso il dollaro.
Recenti stime della BoE stimano la liquidità massima erogabile dal totale delle linee swap in circa 2.500 miliardi. Nel passato le misure difensive messe in atto dalle banche centrali in caso di stop improvviso ai flussi di capitale da/verso l’estero erano la vendita di riserve valutarie sul mercato secondario e la richiesta di prestiti al Fondo Monetario Internazionale (Fmi) o a Fondi regionali di salvataggio (nell’area euro questo ruolo è svolto dall’Esm).
Le linee swap permettono di coniugare la rapidità di impiego delle riserve valutarie con l’assicurazione di una potenziale disponibilità illimitata; ciò dovrebbe migliorare lo standing del Paese beneficiario (a differenza dei prestiti Fmi, che lo peggiorano) e scoraggiare attacchi speculativi.
Tuttavia allo stato attuale, nonostante l’assenza di tetti massimi, le linee swap sono disegnate per affrontare situazioni di emergenza e non per finanziare disequilibri persistenti della bilancia dei pagamenti. Ci sono infatti rischi sia di controparte sia di cambio che si accumulano in capo alla banca centrale prestatrice di valuta via swap e che diverrebbero insostenibili in caso di uso sbilanciato ed in assenza di ulteriori garanzie. Un utilizzo intensivo per il finanziamento di deficit/surplus commerciale dovrebbe prevedere un riallineamento periodico della linea di credito tramite riserve valutarie.
Un uso di linee di credito tra banche centrali che va oltre la gestione delle emergenze è previsto nel sistema di pagamenti interbancario Target2 utilizzato nell’area euro. In quel caso tuttavia il credito/debito illimitato è espresso nella stessa valuta, tra banche centrali che sono de facto costole della Bce. Ciò rende i debiti /crediti assimilabili a scritture contabili tra controllante e succursale, se il rischio di rottura dell’Unione monetaria è trascurabile. Tuttavia nel caso estremo di dissoluzione dell’euro i rischi si materializzerebbero, comportando debiti/crediti enormi tra banche centrali.
Una rete di sicurezza per l’economia globale c’è e si va rafforzando. Le linee di swap tra banche centrali rendono le conseguenze di una crisi meno onerose, ma non sono esenti da rischi. Meglio ricordare qualche lezione del recente passato.
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Uno scenario di «no deal» con investitori in fuga da attività finanziarie denominate in sterline ora potrà essere gestito senza drammi