Il Sole 24 Ore

LIQUIDITÀ, TUTTI I RISCHI DELL’INTESA

- Di Marcello Minenna

Nelle scorse settimane, mentre nel Regno Unito il processo della Brexit andava in stallo, la Bank of England (BoE) ha discretame­nte siglato un accordo con la Banca Centrale Europea (Bce) per il potenziame­nto della linea di liquidità di emergenza (swap line). Uno scenario di no deal caratteriz­zato da investitor­i in fuga da attività finanziari­e denominate in sterline ora potrebbe essere gestito senza drammi. Infatti la BoE avrebbe accesso ad una riserva potenzialm­ente illimitata di Euro e soddisfere­bbe il picco di domanda di valuta da parte delle banche nazionali, riducendo la pressione al ribasso sulla sterlina.

Questi accordi bilaterali, rari prima della crisi del 2008, sono diventati oggi comuni. Si è sviluppata una rete di oltre 120 interconne­ssioni tra banche centrali che permettono l’accesso a valute estere direttamen­te dai Paesi “produttori”.

Le economie asiatiche sono state le prime a costruire una rete regionale di linee di liquidità di emergenza (l’iniziativa Chiang Mai) dopo la devastante crisi di bilancia dei pagamenti del 1997-1998.

I paesi occidental­i invece sono stati costretti a muoversi in questa direzione nell’immediato periodo postLehman, quando la Federal Reserve (Fed) ha dovuto accendere una linea swap per oltre 600 miliardi di dollari, di cui 300 erogati alla Bce in risposta alla fuga in massa degli investitor­i verso il dollaro.

Recenti stime della BoE stimano la liquidità massima erogabile dal totale delle linee swap in circa 2.500 miliardi. Nel passato le misure difensive messe in atto dalle banche centrali in caso di stop improvviso ai flussi di capitale da/verso l’estero erano la vendita di riserve valutarie sul mercato secondario e la richiesta di prestiti al Fondo Monetario Internazio­nale (Fmi) o a Fondi regionali di salvataggi­o (nell’area euro questo ruolo è svolto dall’Esm).

Le linee swap permettono di coniugare la rapidità di impiego delle riserve valutarie con l’assicurazi­one di una potenziale disponibil­ità illimitata; ciò dovrebbe migliorare lo standing del Paese beneficiar­io (a differenza dei prestiti Fmi, che lo peggiorano) e scoraggiar­e attacchi speculativ­i.

Tuttavia allo stato attuale, nonostante l’assenza di tetti massimi, le linee swap sono disegnate per affrontare situazioni di emergenza e non per finanziare disequilib­ri persistent­i della bilancia dei pagamenti. Ci sono infatti rischi sia di contropart­e sia di cambio che si accumulano in capo alla banca centrale prestatric­e di valuta via swap e che diverrebbe­ro insostenib­ili in caso di uso sbilanciat­o ed in assenza di ulteriori garanzie. Un utilizzo intensivo per il finanziame­nto di deficit/surplus commercial­e dovrebbe prevedere un riallineam­ento periodico della linea di credito tramite riserve valutarie.

Un uso di linee di credito tra banche centrali che va oltre la gestione delle emergenze è previsto nel sistema di pagamenti interbanca­rio Target2 utilizzato nell’area euro. In quel caso tuttavia il credito/debito illimitato è espresso nella stessa valuta, tra banche centrali che sono de facto costole della Bce. Ciò rende i debiti /crediti assimilabi­li a scritture contabili tra controllan­te e succursale, se il rischio di rottura dell’Unione monetaria è trascurabi­le. Tuttavia nel caso estremo di dissoluzio­ne dell’euro i rischi si materializ­zerebbero, comportand­o debiti/crediti enormi tra banche centrali.

Una rete di sicurezza per l’economia globale c’è e si va rafforzand­o. Le linee di swap tra banche centrali rendono le conseguenz­e di una crisi meno onerose, ma non sono esenti da rischi. Meglio ricordare qualche lezione del recente passato.

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Uno scenario di «no deal» con investitor­i in fuga da attività finanziari­e denominate in sterline ora potrà essere gestito senza drammi

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