Tim, Cdp sale al 10%
Le discussioni sul riassetto per dare stabilità a Telecom rinviate a dopo il 29 marzo
Cdp è salita al 9,8% di Telecom, raggiungendo sostanzialmente l’obiettivo di arrivare a circa il 10% in tempo utile per l’assemblea del 29 marzo. Il rafforzamento della quota è stato realizzato con acquisti in Borsa spalmati su tutte le sedute della settimana, a prezzi compresi tra 0,5209 e 0,5566 euro. Complessivamente, per l’intero pacchetto, Cdp ha speso - incluse le commissioni di brokeraggio - 1,054 miliardi a fronte di 1,49 miliardi di azioni, per un prezzo di carico di 0,70 euro, più elevato rispetto alle ultime quotazioni di Borsa che venerdì si sono fermate appena sotto i 54 centesimi. Cdp non è certo intervenuta nel capitale Telecom con una partecipazione così rotonda per fare una speculazione. L’ottica, come conferma il prezzo di carico, non può che essere quella di un investimento di lungo periodo. Come era stato dichiarato dai vertici dell’istituto, l’impegno è legato al proposito di favorire un progetto industriale, di unificazione della rete dell’ex monopolista con quella della sfidante Open Fiber (che vede sempre la Cassa tra i suoi azionisti insieme a Enel). Un disegno ancora tutto da tracciare che avrebbe il vantaggio di non disperdere le risorse per la costruzione di una rete di nuova generazione su scala nazionale.
La stessa Cdp, nel filing alla Sec di fine febbraio, aveva spiegato l’investimento con l’interesse a «sostenere le infrastrutture strategiche nazionali» e l’interesse «allo sviluppo e alle iniziative di creazione di valore in un settore che è di primario interesse del Paese». Riservandosi di far valere il suo peso di «investitore di lungo termine» con iniziative quali «il supporto a operazioni straordinarie come fusioni, ristrutturazione o cessione di asset» o «cambiamenti nel consiglio di amministrazione». Cdp precisava anche di non avere piani a riguardo. Oggi, tuttavia, almeno per il primo passaggio - l’assemblea Telecom di fine marzo - l’orizzonte è più chiaro. Tutto fa presumere che Cdp voterà contro la richiesta di revoca di cinque consiglieri in quota Elliott avanzata da Vivendi. Cdp e Elliott (9,5%) stanno poco sotto il 20%, c’è anche il fondo Canada pension plan investment board che ha superato il 3% e che è dato sulla stessa linea. Vivendi ha il 23,94% e si può considerare perciò che i due blocchi partano da basi sostanzialmente paritetiche. I tre proxy advisor dei fondi - Iss, Frontis e Glass Lewis - hanno però tutti raccomandato di votare contro le istanze del primo azionista e dunque si può dare per scontato che la mozione francese non passerà.
La situazione conflittuale all’interno di azionariato e consiglio non sarà comunque risolta e a Roma ambienti qualificati notano che Cdp col 10% non può certo restare a guardare fuori dal board. Dopo la conta del 29, dove si misureranno i rapporti di forza, è immaginabile perciò che si inizierà a ragionare su come “normalizzare” la situazione, senza escludere un rimpasto del cda che faccia spazio a esponenti della Cassa. Il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, bolla ad ogni modo come «fantasiose» le ipotesi che lo vedrebbero considerato in prima fila per una presidenza di garanzia di Telecom, gradita anche alla Cdp nell’ottica di cui sopra. «Non sono solito commentare ipotesi di stampa - ha osservato Bassanini - Ma ricordo che sono il presidente del cda di Open Fiber e che sono pienamente impegnato nel successo del suo piano industriale, che ha un’importanza strategica per la crescita e la competitività del Paese».
Per la quota Cdp ha speso in totale oltre un miliardo: il prezzo di carico è a 0,70, il titolo venerdì sotto 0,54