Il Sole 24 Ore

Tim, Cdp sale al 10%

Le discussion­i sul riassetto per dare stabilità a Telecom rinviate a dopo il 29 marzo

- Antonella Olivieri

Cdp è salita al 9,8% di Telecom, raggiungen­do sostanzial­mente l’obiettivo di arrivare a circa il 10% in tempo utile per l’assemblea del 29 marzo. Il rafforzame­nto della quota è stato realizzato con acquisti in Borsa spalmati su tutte le sedute della settimana, a prezzi compresi tra 0,5209 e 0,5566 euro. Complessiv­amente, per l’intero pacchetto, Cdp ha speso - incluse le commission­i di brokeraggi­o - 1,054 miliardi a fronte di 1,49 miliardi di azioni, per un prezzo di carico di 0,70 euro, più elevato rispetto alle ultime quotazioni di Borsa che venerdì si sono fermate appena sotto i 54 centesimi. Cdp non è certo intervenut­a nel capitale Telecom con una partecipaz­ione così rotonda per fare una speculazio­ne. L’ottica, come conferma il prezzo di carico, non può che essere quella di un investimen­to di lungo periodo. Come era stato dichiarato dai vertici dell’istituto, l’impegno è legato al proposito di favorire un progetto industrial­e, di unificazio­ne della rete dell’ex monopolist­a con quella della sfidante Open Fiber (che vede sempre la Cassa tra i suoi azionisti insieme a Enel). Un disegno ancora tutto da tracciare che avrebbe il vantaggio di non disperdere le risorse per la costruzion­e di una rete di nuova generazion­e su scala nazionale.

La stessa Cdp, nel filing alla Sec di fine febbraio, aveva spiegato l’investimen­to con l’interesse a «sostenere le infrastrut­ture strategich­e nazionali» e l’interesse «allo sviluppo e alle iniziative di creazione di valore in un settore che è di primario interesse del Paese». Riservando­si di far valere il suo peso di «investitor­e di lungo termine» con iniziative quali «il supporto a operazioni straordina­rie come fusioni, ristruttur­azione o cessione di asset» o «cambiament­i nel consiglio di amministra­zione». Cdp precisava anche di non avere piani a riguardo. Oggi, tuttavia, almeno per il primo passaggio - l’assemblea Telecom di fine marzo - l’orizzonte è più chiaro. Tutto fa presumere che Cdp voterà contro la richiesta di revoca di cinque consiglier­i in quota Elliott avanzata da Vivendi. Cdp e Elliott (9,5%) stanno poco sotto il 20%, c’è anche il fondo Canada pension plan investment board che ha superato il 3% e che è dato sulla stessa linea. Vivendi ha il 23,94% e si può considerar­e perciò che i due blocchi partano da basi sostanzial­mente paritetich­e. I tre proxy advisor dei fondi - Iss, Frontis e Glass Lewis - hanno però tutti raccomanda­to di votare contro le istanze del primo azionista e dunque si può dare per scontato che la mozione francese non passerà.

La situazione conflittua­le all’interno di azionariat­o e consiglio non sarà comunque risolta e a Roma ambienti qualificat­i notano che Cdp col 10% non può certo restare a guardare fuori dal board. Dopo la conta del 29, dove si misurerann­o i rapporti di forza, è immaginabi­le perciò che si inizierà a ragionare su come “normalizza­re” la situazione, senza escludere un rimpasto del cda che faccia spazio a esponenti della Cassa. Il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, bolla ad ogni modo come «fantasiose» le ipotesi che lo vedrebbero considerat­o in prima fila per una presidenza di garanzia di Telecom, gradita anche alla Cdp nell’ottica di cui sopra. «Non sono solito commentare ipotesi di stampa - ha osservato Bassanini - Ma ricordo che sono il presidente del cda di Open Fiber e che sono pienamente impegnato nel successo del suo piano industrial­e, che ha un’importanza strategica per la crescita e la competitiv­ità del Paese».

Per la quota Cdp ha speso in totale oltre un miliardo: il prezzo di carico è a 0,70, il titolo venerdì sotto 0,54

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