Il Sole 24 Ore

Storia e gloria della giostra, dai rituali contadini agli effetti speciali dei moderni luna park

- Francesca Milano

Salutano come se fossero in partenza per un lungo e avventuros­o viaggio, si sbracciano seduti su cavalli di legno o su piccole macchinine colorate. Eppure non vanno da nessuna parte, girano in tondo, pochi metri e sono di nuovo sotto gli occhi dei genitori, che si sbracciano a loro volta. La giostra è la prima avventura che un bambino compie da solo, con quel misto di adrenalina e paura che gli fa gli occhi attenti: da un lato la voglia di andare, farsi portare lontano da quel cavallo, sognare che le sue zampe si stacchino dalla pedana e inizino a galoppare via, fuori dal perimetro del luna park; dall’altro il bisogno di non allontanar­si troppo, ché il cuore batte più forte quando la giostra si trova nella zona cieca da cui è impossibil­e trovare con lo sguardo il braccio svolazzant­e del genitore.«La giostra corre suonando una canzonetta, a un ritmo veloce almeno quanto la rotazione della terra: cavalcata radiosa, delizia e paura, sotto la segreta minaccia di non fermarsi più», scriveva Elsa Morante in Aracoeli.

La convivenza di due sentimenti contrastra­nti («delizia e paura», appunto) è una costante davanti alle giostre: se per i bambini si tratta di euforia e timore, per gli adulti si trasforma in allegria e malinconia.

«La giostra è una grande madeleine proustiana - spiega Roberta Valtorta, curatrice della mostra «Giostre! Storie, immagini, giochi», a Rovigo dal 23 marzo al 30 giugno -. Grazie ai colori alle forme familiari di animali e mezzi di trasporto posti su un cerchio in movimento, è in grado di sviluppare la sua improvvisa forza evocativa. Non importa che la giostra richiami un ricordo esatto, un preciso momento, un luogo, anzi, spesso ci mette solo in una sorta di disposizio­ne al ricordo: quel che è certo è che il misterioso meccanismo si mette in movimento, e che il suo oggetto è immancabil­mente duplice, perché riguarda il tempo dell’infanzia e insieme la bellezza».

Se da un lato c’è la tenerezza per qualcosa che riporta l’adulto alla sua infanzia, dall’altro c’è la malinconia di un trucco di magia svelato: guardare con gli occhi di un uomo quella piccola mandria di cavalli laccati che girano a vuoto non fa che acuire la tristezza dell’età adulta. «C’è qualcosa di surreale nel girare in tondo senza andare da nessuna parte - sottolinea Valtorta -, se per un bambino questo movimento può attivare la fantasia, nell’uomo genera frustrazio­ne».

Valtorta paragona la giostra alle “macchine celibi” di Michel Carrouges, che «al contrario delle macchine reali o anche della maggior parte delle macchine immaginari­e, ma razionali e utili, si presentano innanzitut­to come macchine impossibil­i, inutili, incomprens­ibili, deliranti».

Eppure, per quanto tristi (soprattutt­o quando sono ferme), le giostre continuano a calamitare lo sguardo degli uomini. «Costituisc­ono, infatti, uno speciale oggetto sociale sorto dalla cultura popolare allo scopo di donare una breve ma ripetibile felicità originaria e per far vivere una esperienza rituale di bellezza sia a chi vi sale per lasciarsi trasportar­e sia a chi, da fuori, la guarda», spiega Valtorta.

E, in effetti, è impossibil­e, quando si pensa a un luna park, non figuarsi anche la cultura popolare che gli ruota attorto, comprese le famiglie di giostrai che portano in giro quel piccolo circo. «La giostra, insieme al circo, è quanto rimane dello spettacolo popolare itinerante», scrive infatti Emilio Vita, studioso dello spettacolo popolare. Si tratta di tradizioni portate avanti da piccole comunità. E il polesine - dove sarà allestita la mostra - è un territorio di giostrai: hanno cominciato all’inizio del ’900, erano famiglie poverissim­e che portavano in giro giochi per bambini montati sui carretti. In un secolo hanno messo su la fabbrica dei sogni e creato un distretto industrial­e che oggi esporta in tutto il mondo e che rappresent­a il 60% dell’attività industrial­e del polesine.

La mostra, visitabile a Palazzo Roverella, include fotografie di 60 fotografi, dipinti, poster degli anni ’20 e ’30, modellini, pezzi di giostre dell’800 e alcuni filmati video. Un “viaggio” che parte dai giochi rituali delle società contadine e arriva fino alle attrazioni dei luna park di oggi, dalle prime “shimmy” a vapore agli ipertecnol­ogici parchi di divertimen­to. Perché non importa quale sia il gioco su cui si sceglie di salire: che sia un cavallo di legno o una sedia appesa a delle catenelle, a bordo si percepirà sempre quel sapore dolceamaro di nostalgia.

Insieme al circo, è quanto rimane

dell’autentico spettacolo popolare

itinerante

GIOSTRE! STORIE, IMMAGINI, GIOCHI Palazzo Roverella, Rovigo, dal 23 marzo al 30 giugno 2019

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 ??  ?? Delizia e paura Bernard Plossu, Lisbona, 1988 ©Photo Bernard Plossu
Delizia e paura Bernard Plossu, Lisbona, 1988 ©Photo Bernard Plossu

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