Il Sole 24 Ore

La stagione «populista» di Pio IX

- Roberto Balzani

Mastai Ferretti, asceso al soglio pontificio nel giugno 1846 col nome di Pio IX e poi rimastovi a lungo, fino al 1878, rappresent­a da sempre un soggetto fra i più frequentat­i della pubblicist­ica risorgimen­tale. Uomo delle grandi speranze nazionali fino al 1848, poi “traditore” del tricolore per aver sottratto il supporto alla coalizione anti-austriaca a guida sabauda, quindi, dal 1849, feroce repressore di patrioti e liberali, fino a divenire, col Sillabo (1864), censore ideologico della modernità, Pio IX parve effettuare un percorso esattament­e contrario a quello che – attraverso la rappresent­anza, il mercato

e la secolarizz­azione – l’Europa andava compiendo.

Questa lettura, entrata poi nella vulgata scolastica, è ora discussa da Ignazio Veca, normalista e ricercator­e dotato di grande finezza interpreta­tiva, nel suo Il mito di Pio IX. Storia di un papa liberale e nazionale (Viella), che si dedica, attingendo ad un vasto arsenale di fonti, appunto alla fase ascendente del “papa liberale”, dal 1846 al 1848. Pio IX, durante il biennio 1846-47, consentì un’incredibil­e trasformaz­ione dell’immagine politica dello Stato pontificio, da un lato attraverso una serie di atti d’inequivoca­bile forza simbolica l’amnistia per i “politici” incarcerat­i o mandati in esilio, l’istituzion­e della guardia civica, la moderata libertà di stampa, la consulta di Stato -, dall’altro utilizzand­o una relazione diretta con i sudditi, che oggi si definirebb­e “populista”. Ciò naturalmen­te poneva problemi di ricezione del messaggio, che infatti fu, volontaria­mente o meno, equivocato anzitutto da parte di un notabilato locale (e non solo) desideroso, a sua volta, d’incrociare la “democratiz­zazione dall’alto”, senza istituzion­i rappresent­ative, di Mastai Ferretti, con una “democratiz­zazione del basso”, tessuta di manifestaz­ioni, banchetti, sfilate, feste, manifesti e giuramenti, in un crescendo melodramma­tico anch’esso privo di obiettivi riformator­i precisi.

In fondo la riorganizz­azione in senso organicist­ico della società poteva trovare d’accordo tanto i contro-rivoluzion­ari quanto i democratic­i, entrambi alieni da quella che potremmo definire una cultura del conflitto sociale. Veca nota giustament­e che il disegno di Pio IX partiva dall’idea che il papato, avvicinand­osi alla spinta propulsiva delle nazionalit­à oppresse, avrebbe potuto recuperare un dialogo fecondo con sudditi e cit

tadini a varie latitudini. Ciò è con

fermato, ad esempio, dalle incisioni del ’48 francese, che ritraggono Pio IX, campione della fraternité,

affiancato da angioletti col berretto frigio. Questa visione umanitaria e spirituali­sta, sulla base della quale operare una riconquist­a cattolica delle menti e dei cuori dell’intero popolo europeo, s’infranse nel 1848, ma non perché il papa avesse perduto fiducia nella nazione come motore della storia; piuttosto, per l’impossibil­ità materiale, per il vicario di Cristo, di partecipar­e in prima fila ad una guerra, per quanto “giusta” potesse apparire.

Era emersa, inoltre, un’altra contraddiz­ione: concedendo la Costituzio­ne, sulla scorta delle pulsioni dei primi mesi del ’48, egli aveva rotto l’incanto di poter gestire lo spazio pubblico in forme extra-istituzion­ali, alzando di volta in volta la posta sul terreno della comunicazi­one diretta e dando vita a un’arena mediatica che, alla bisogna, l’assolutism­o avrebbe potuto sempre spegnere. L’esistenza di un parlamento poneva evidenteme­nte altri ordini di problemi. Insomma, la stagione “populista” di Pio IX meritava un’attenta ricerca. Ora l’abbiamo.

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Di Senigallia Papa Pio IX (1792 - 1878) fu il 255° vescovo di Roma

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