L’albero delle leggi fiorisce di continuo
Il diritto parlamentare si alimenta di norme, prassi, consuetudini, convenzioni costituzionali. Partendo da questo presupposto, la Scuola Sant’Anna di Pisa organizza dal 2007 seminari sul Parlamento i cui risultati sono raccolti in volume. L’ottavo, dedicato all’ex presidente dell’Isle Giovanni Pieraccini, s’intitola Il Parlamento “interlocutore”.
Ma perché interlocutore? Per la semplice ragione – come sottolineano Gori, Pacini e Rossi, curatori del volume – che è al centro del firmamento istituzionale, inserito com’è in una fitta rete di rapporti intra ed extra-sistemici rispetto al complesso degli organi al vertice della piramide repubblicana.
Per una tematica del genere non c’è nulla di meglio che porre a confronto cattedratici e alti funzionari parlamentari o ex di eccellente reputazione. Da un lato ecco i professori Ceccanti, Dal Canto, Rossi, Torretta e un bel po’ di giovani studiosi di belle speranze. Dall’altro ecco gli esperti Agostini, Castiglia, Di Porto, Forte, Fucito, Lorusso, Ravenna.
Nella prima sezione si sottolineano i rapporti tra le nostre assemblee legislative e l’Unione europea. La seconda sezione mette in luce le interlocuzioni del nostro Parlamento. E si concentra sulla programmazione dei lavori, sul ruolo delle Camere in materia economica, sul controllo sugli atti del governo (che sta particolarmente a cuore a un deputato dell’opposizione come Ceccanti) e sulle sue metamorfosi nel corso degli anni in Italia, nell’Unione europea e in Francia, nonché –
dulcis in fundo – sull’interpretazione autentica di cui all’articolo 15 della legge n. 221 del 2015 e i suoi limiti costituzionali.
La terza e ultima sezione è dedicata alla vexata quaestio della qualità delle leggi. Che, non è un mistero, lascia parecchio a desiderare. Basti pensare che dalla prima legislatura repubblicana a tutt’oggi il Parlamento ha sfornato qualcosa come diciottomila leggi, o giù di lì. In pratica, una legge ogni giorno che Domineddio manda in terra. Per di più, sovente oscure come la selva dantesca. Al punto che tempo fa la Corte costituzionale, mossa a compassione di noi poveri mortali, ribaltò come un guanto il brocardo secondo cui ignorantia legis non
excusat. E sentenziò, bontà sua, che a volte la predetta ignoranza è scusabile. La Camera dei deputati ha istituito da tempo un comitato per la legislazione, che fa il possibile per raddrizzare le gambe ai cani normativi. Ma spesso fa cilecca. Dal Canto, osservando che la montagna ha partorito il topolino, sparge sale sulle ferite. E ancora vanno menzionate relazioni sulla stratificazione normativa, sulla disomogeneità dei decreti legge, sui controlli antiboomerang sull’attuazione delle leggi, sulla valutazione delle politiche pubbliche al fine di imparare a spendere meglio.
Il volume si chiude con due contributi di storia costituzionale: l’uno sul ruolo delle opposizioni nella crisi di fine secolo, l’altro sull’esperienza dell’Assemblea costituente. Dato il contingentamento dei tempi, non è più possibile parlare per ore e ore a fini ostruzionistici. Sono ormai lontani i tempi in cui Giorgio Almirante sulla legge elettorale regionale parlò per quasi nove ore di fila senza mai perdere il filo. “Vescica di ferro”, lo appellò Giovanni Malagodi. Poi i deputati radicali, nel triennio 1976-1979, stracciarono questo record. Ma, stando ai boatos del Transatlantico di Montecitorio, grazie ai pappagalli. Che non sono quei simpatici animaletti esotici che conosciamo bene, ma attrezzature sanitarie in uso negli ospedali. Una scorrettezza, se vera, che avrebbe fatto indignare il barone Pierre de Coubertin.
Fabio Pacini, uno dei curatori di questo libro, ha pubblicato poi un’ampia e ben condotta monografia sulla lunga e, a quanto pare, inarrestabile crisi della legge. Divenuta con il trascorrere degli anni una Cenerentola rispetto alla decretazione d’urgenza e alla delegazione legislativa, che spadroneggiano sebbene non abbiano quasi mai le carte in regola. E il taglia-leggi, magnificato da Roberto Calderoli con un bel falò ai tempi in cui era ministro, è polvere negli occhi e poco più. Perché più si taglia, più l’albero delle leggi fiorisce di continuo.