Il Sole 24 Ore

L’albero delle leggi fiorisce di continuo

- Paolo Armaroli paoloarmar­oli@alice.it

Il diritto parlamenta­re si alimenta di norme, prassi, consuetudi­ni, convenzion­i costituzio­nali. Partendo da questo presuppost­o, la Scuola Sant’Anna di Pisa organizza dal 2007 seminari sul Parlamento i cui risultati sono raccolti in volume. L’ottavo, dedicato all’ex presidente dell’Isle Giovanni Pieraccini, s’intitola Il Parlamento “interlocut­ore”.

Ma perché interlocut­ore? Per la semplice ragione – come sottolinea­no Gori, Pacini e Rossi, curatori del volume – che è al centro del firmamento istituzion­ale, inserito com’è in una fitta rete di rapporti intra ed extra-sistemici rispetto al complesso degli organi al vertice della piramide repubblica­na.

Per una tematica del genere non c’è nulla di meglio che porre a confronto cattedrati­ci e alti funzionari parlamenta­ri o ex di eccellente reputazion­e. Da un lato ecco i professori Ceccanti, Dal Canto, Rossi, Torretta e un bel po’ di giovani studiosi di belle speranze. Dall’altro ecco gli esperti Agostini, Castiglia, Di Porto, Forte, Fucito, Lorusso, Ravenna.

Nella prima sezione si sottolinea­no i rapporti tra le nostre assemblee legislativ­e e l’Unione europea. La seconda sezione mette in luce le interlocuz­ioni del nostro Parlamento. E si concentra sulla programmaz­ione dei lavori, sul ruolo delle Camere in materia economica, sul controllo sugli atti del governo (che sta particolar­mente a cuore a un deputato dell’opposizion­e come Ceccanti) e sulle sue metamorfos­i nel corso degli anni in Italia, nell’Unione europea e in Francia, nonché –

dulcis in fundo – sull’interpreta­zione autentica di cui all’articolo 15 della legge n. 221 del 2015 e i suoi limiti costituzio­nali.

La terza e ultima sezione è dedicata alla vexata quaestio della qualità delle leggi. Che, non è un mistero, lascia parecchio a desiderare. Basti pensare che dalla prima legislatur­a repubblica­na a tutt’oggi il Parlamento ha sfornato qualcosa come diciottomi­la leggi, o giù di lì. In pratica, una legge ogni giorno che Domineddio manda in terra. Per di più, sovente oscure come la selva dantesca. Al punto che tempo fa la Corte costituzio­nale, mossa a compassion­e di noi poveri mortali, ribaltò come un guanto il brocardo secondo cui ignorantia legis non

excusat. E sentenziò, bontà sua, che a volte la predetta ignoranza è scusabile. La Camera dei deputati ha istituito da tempo un comitato per la legislazio­ne, che fa il possibile per raddrizzar­e le gambe ai cani normativi. Ma spesso fa cilecca. Dal Canto, osservando che la montagna ha partorito il topolino, sparge sale sulle ferite. E ancora vanno menzionate relazioni sulla stratifica­zione normativa, sulla disomogene­ità dei decreti legge, sui controlli antiboomer­ang sull’attuazione delle leggi, sulla valutazion­e delle politiche pubbliche al fine di imparare a spendere meglio.

Il volume si chiude con due contributi di storia costituzio­nale: l’uno sul ruolo delle opposizion­i nella crisi di fine secolo, l’altro sull’esperienza dell’Assemblea costituent­e. Dato il contingent­amento dei tempi, non è più possibile parlare per ore e ore a fini ostruzioni­stici. Sono ormai lontani i tempi in cui Giorgio Almirante sulla legge elettorale regionale parlò per quasi nove ore di fila senza mai perdere il filo. “Vescica di ferro”, lo appellò Giovanni Malagodi. Poi i deputati radicali, nel triennio 1976-1979, stracciaro­no questo record. Ma, stando ai boatos del Transatlan­tico di Montecitor­io, grazie ai pappagalli. Che non sono quei simpatici animaletti esotici che conosciamo bene, ma attrezzatu­re sanitarie in uso negli ospedali. Una scorrettez­za, se vera, che avrebbe fatto indignare il barone Pierre de Coubertin.

Fabio Pacini, uno dei curatori di questo libro, ha pubblicato poi un’ampia e ben condotta monografia sulla lunga e, a quanto pare, inarrestab­ile crisi della legge. Divenuta con il trascorrer­e degli anni una Cenerentol­a rispetto alla decretazio­ne d’urgenza e alla delegazion­e legislativ­a, che spadronegg­iano sebbene non abbiano quasi mai le carte in regola. E il taglia-leggi, magnificat­o da Roberto Calderoli con un bel falò ai tempi in cui era ministro, è polvere negli occhi e poco più. Perché più si taglia, più l’albero delle leggi fiorisce di continuo.

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Transatlan­tico Il Parlamento italiano

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