Le relazioni che fanno crescere il bambino
Psicologia. Lo sviluppo evolutivo oltre l’interpretazione psicoanalitica
«Dei bambini non si sa niente», scriveva Marguerite Duras. «In ogni nursery ci sono dei fantasmi», insisteva Selma Fraiberg, assistente sociale e terapeuta infantile. Ma chi leggerà questo libro dei bambini saprà molto di più e ai fantasmi potrà dare un volto. Infant researcher e psicoanalista, Stephen Seligman racconta lo sviluppo umano dalla prospettiva delle relazioni e del ritmo di regolazione reciproca che si instaura tra il bambino e chi se ne prende cura.
Come tutti i clinici illuminati dalla teoria dell’attaccamento, Seligman sa che i bambini nascono con una predisposizione a rispondere alle cure e a suscitarle, che creare e mantenere legami sono motivazioni primarie per i neonati (e per gli umani in generale), e che la relazione psicobiologica tra neonato e caregiver è l’unità fondamentale dello sviluppo psichico.
Ma ciò che fa di questo volume un sofisticato strumento clinico, e non solo un aggiornato manuale di psicologia dello sviluppo, è l’uso che Seligman fa della ricerca come grimaldello per decostruire la psicoanalisi, rinnovandola. Ma perché partire dalla psicoanalisi? Perché è stato Freud, dice Seligman, a investire l’infanzia di significato, a donarle un immaginario e a metterla al centro della sofferenza emotiva degli adulti e della loro salute mentale.
Parafrasando Harold Bloom, se Shakespeare ha «inventato» l’umano, Freud ha «inventato» l’infanzia. Negli ultimi cinquant’anni, però, l´osservazione diretta del bambino ci ha rivelato un’immagine dello sviluppo assai diversa da quella a cui la tradizione psicoanalitica ci aveva abituato. Il neonato di Seligman, infatti, è una creatura «aperta» permeata di socialità, predisposta allo scambio emotivo e innatamente dotata di competenze relazionali. In poche parole, ha una (inter)soggettività. Il bambino di Freud era invece più simile a una creatura «chiusa», più stimolata che stimolante, prodotta dall’incontro tra due adulti (paziente e analista), un impasto di ricordi, riedizioni transferali di esperienze passate, conflitti profondi e difese.
Come possono queste due «visioni» riguardare lo stesso oggetto? La ricerca osservativa e la pratica clinica, argomenta Seligman, vedono aspetti diversi. Riuscire a unirli ci fa comprendere «il bambino» in un modo nuovo. Nelle pagine di Seligman, la soglia tra l’osservazione empirica e la clinica assume la forma di una frattura epistemologica che contiene però la soluzione: più che un problema da risolvere, tale spaccatura è una complessità da abbracciare. Un paradosso che definisce e al tempo stesso risveglia il campo psicoanalitico. Dato che lo sviluppo, come ci dice la ricerca, è il risultato di influenze multiple e di processi non lineari, anche il modo di ragionare e lavorare clinicamente, conclude Seligman, deve calarsi in questa necessaria ambiguità, abbracciando una visione della psicoanalisi fatta di prospettive multiple in interazione dinamica: passato e presente, cambiamento e continuità, separatezza e relazionalità, ripetizione e novità.
Ogni scuola psicoanalitica, dice Seligman, ha creato la propria «metafora del bambino» per sostenere i propri assunti, tanto che le diverse concezioni psicoanalitiche dell’infanzia sembrano evocare la parabola dei ciechi e dell’elefante, dove la forma compiuta dell’animale altro non è che la somma delle singole parti che ciascun cieco riesce a descrivere toccandole.
Il proposito di Seligman è dunque fornire una mediazione complessa e polifonica tra quello che abbiamo appreso osservando i neonati (e interagendo con loro) e lavorando clinicamente con gli adulti. Pagina dopo pagina l’immediatezza dell’osservazione diretta arricchisce e complica l’esperienza della relazione terapeutica: un obiettivo ambizioso che si nutre dell’intreccio di dati provenienti dall’attaccamento, dalle neuroscienze dello sviluppo, dai modelli del trauma e dell’intersoggettivita.̀̀
Organizzato in cinque sezioni e presentato al lettore italiano da Anna Maria Speranza e Francesco De Bei, Lo sviluppo delle relazioni inizia con una panoramica storico-concettuale, si sposta verso spiegazioni più dettagliate dell’immagine odierna del bambino osservato da una prospettiva relazionale, arriva a esplorazioni più specifiche di casi clinici e di tematiche nucleari (quali il riconoscimento e la riflessivita,̀̀ la vitalità̀e la temporalità, i sistemi dinamici non lineari e il potenziale creativo dell’incertezza).
Testo e appendice online propongono anche dei link con videoregistrazioni di interazioni bambino-genitore. Un libro al tempo stesso stimolante e rassicurante, capace di contenere il metodo della ricerca, l’inquietudine della psicoanalisi, la calma della sistematizzazione e le inevitabili scintille prodotte dall’attrito tra discipline che convergono e linguaggi che interagiscono.