Matematica di libertà
Filosofia platonica. Secondo Imre Toth rappresenta la più decisa espressione di quella crisi della tradizione pitagorica che condurrà poi a un’aritmetica del numero irrazionale
Vi teorie sono che due lo importanti storico e filosofo della matematica ebreo Imre Toth (Emerich Roth) ha lasciato alla valutazione dei posteri. La prima consiste nella scoperta di «significative tracce informi di geometria non euclidea negli scritti di scuola di Aristotele, in ben diciotto passi», come ha scritto Giovanni Reale, suo principale sostenitore in Italia, in quello che è stato forse il suo ultimo scritto, Il significato storico-ermeneutico dell’opera di Toth, pubblicato postumo nel volume curato da Romano Romani La matematica. Linguaggio poietico, problema filosofico per Imre Toth (2016), frutto di un convegno tenutosi il 5 maggio 2011 all’Università di Siena, depositaria del Fondo Toth, per ricordarne la figura e l’opera.
Gli studi sulla discussione, nell’Accademia di Platone, di geometrie diverse dalla geometria in seguito raccolta negli Elementi di Euclide, e sulla nascita di quella che Toth definiva la «geometria platonica», hanno prodotto diverse pubblicazioni. In lingua italiana si segnalano i due volumi Aristotele e i fondamenti assiomatici della geometria. Prolegomeni alla comprensione dei frammenti non-euclidei nel Corpus Aristotelicum, nel loro contesto
matematico e filosofico (1997) e De interpretatione: la geometria non-euclidea nel contesto della Oratio continua del commento ad Euclide (2000). Queste ricerche hanno ottenuto ampi ri
conoscimenti internazionali tra filo
logi classici, tra matematici e storici della matematica come l’olandese Bartel Leendert van der Werden e tra filosofi come Karl R. Popper. E sono ora racchiuse nel suo capolavoro: Fragmente und Spuren nichteuklidischer Geometrie bei Aristoteles, pubblicato da De Gruyter a Berlino nell’estate del 2010, pochi mesi dopo che Toth morisse, la notte tra l’11 e il 12 maggio a Parigi in seguito a una crisi cardiaca.
Un intrigante palinsesto delle polemiche di ogni tempo contro le geometrie non euclidee è raccolto in un volume edito soltanto in Italia, No! Libertà e verità, creazione e negazione.
Palinsesto di parole e immagini (1988, 2003), che mima la sua dedizione ai
collages métaphysiques, produzioni artistiche richiamate anche nella copertina di questo volume e presentate in diverse mostre, una tenuta al Museo Laboratorio di Arte contemporanea di Roma il 10-27 novembre 1997.
La seconda linea di indagine, sintetizzata in questo libro postumo consiste nello scoprire – scrive quest’ultimo nell’Introduzione – «in Platone una proposta di costruzione di quelli che noi chiamiamo i numeri reali». Questa scoperta, meno nota, è documentata in vari seminari napoletani tenuti da Toth all’Istituto Italiano
per gli Studi Filosofici del suo amico Gerardo Marotta e in una bella lectio sul Linguaggio del Cratilo: la lingua della matematica, tenutasi all’Università di Torvergata a Roma il 29 novembre 2004. Ma anche in due libri in italiano, che ne toccano aspetti parziali: I paradossi di Zenone nel Parmenide di Platone (1994, 20062) e Lo schiavo di Menone. Commentario a Pla
tone, Menone 82B-86C (1998). Questo libro, curato con pazienza e acribia da Romani e Pagli, traduce un testo in francese, edito prima nel volume collettaneo La ricerca logica in Italia del marzo 2011, in onore di un altro caro amico italiano di Toth, il logico Corrado Mangione, e in seguito, nell’ottobre dello stesso anno, nel libro Platon
et l’irrationnel mathématique, curato sempre da Romani, che lo arricchisce con una rilevante Préface.
Il libro conserva il titolo voluto da Toth per l’edizione italiana e dimostra che in Platone l’indagine sull’aritmetica e sulla geometria incide sulla sua concezione dell’essere e dell’eidos,e definisce il suo rapporto con il pitagorismo e con Parmenide.
Toth presenta la filosofia platonica della matematica come la più decisa espressione di quella crisi della tradizione aritmo-geometrica pitagorica che condurrà a un’aritmetica del numero irrazionale. E indaga su tale rottura soffermandosi sull’uso, in Platone, di una terminologia inconsueta, che separa la procedura geometrica della misura da quella aritmetica del numero. Anziché adoperare il termine più comune asùmmetron, «incommensurabile», attestato nei pitagorici e in Aristotele, Platone si serve del termine àlogon, «irrazionale» ,per designare un’entità aritmetica indipendente da ogni rappresentazione geometrica. Toth dimostra come Platone rimanga a lungo il solo ad abbinare
àritmos con àlogon, dando avvio a quel «grand événement de l’esprit» (P. Valéry) che fu la comparsa dei numeri irrazionali.
Il ben noto dialogo di Socrate con lo schiavo nel Menone rappresenta – secondo Toth – il passaggio dal non essere all’essere dell’àlogon nell’«universo aritmetico», tramite l’asserzione dell’esistenza di √2. La «presa
di coscienza» dell’irrazionale, nello scenario del dialogo, racconta l’emergere del sapere dell’irrazionale, rintracciabile anche in altri luoghi platonici. Assegnando, nel Parmenide, l’essere all’àlogon, Platone fa esplodere una crisi speculativa, prima ancora che matematica, che mette in discussione l’alternativa essere/ non-essere con un «big-bang spirituale determinato dall’esplosivo emergere dell’irrazionale, in particolare dalla sua ontologia negativa».
La concezione platonica dell’irrazionalità aritmetica, avversata dai geometri greci e da Aristotele, che nel libro M della Metafisica ce ne informa, rigettandola nettamente, insieme a quella dell’infinito in atto, assumerà un valore matematico soltanto più di due millenni dopo con Georg Cantor, che nei Grundlagen der allgemeinen
Mannigfaltigkeitslehre (1883) ricorda un passo del Filebo dedicato alla diade infinita, e verrà messa in forma con le «sezioni del campo razionale» introdotte da Richard Dedekind. Ed è esattamente la diade infinita che definisce la misura irrazionale e non misurabile della diagonale del quadrato. I matematici hanno colto, forse più dei filosofi, l’indissolubile legame tra matematica e filosofia, che in Platone produce l’apertura di uno spazio trascendentale, nel quale tramite il logos il non-essere diviene essere.
Nel suo commentario inesauribile e inconcluso Toth ha avviato un dialogo serrato con il corpus platonico per ritrovarvi «un cammino del pensiero che porta l’intelletto all’ascensione verso i domini trascendentali dello spirito, di territori dell’essere che trascendono non soltanto il mondo del sensibile, ma soprattutto – ed è decisivo – l’universo sottomesso alle leggi del ragionamento logico». Quanto diverga la storia del pensiero matematico dal suo irrigidimento nella logica formale Toth lo dimostra in un altro libro a cura di Teodosio Orlando: La filosofia della matematica di Frege. Una restaurazione filosofica, una controrivoluzione scientifica (2015). L’epifania del sapere matematico è anche l’affermazione difficile della libertà del soggetto, che costruisce la sua condizione di verità contro la stessa evidenza sensibile e logica. «Con l’incommensurabile è impossibile aggirare l’infinito», ricorda Toth citando Proclo. Un infinito, potenziale e attuale, al quale oggi i matematici sanno dar forma.