Il Sole 24 Ore

Taccuini per un contrabbas­so letterato

A Macerata da domani il festival fondato dal musicista

- Andrea Cortelless­a

Ha ragione Giorgio Agamben introducen­do agli scritti di Stefano Scodanibbi­o, da lui curati per Quodlibet (casa editrice di Macerata il cui nome fu escogitato proprio dal contrabbas­sista e compositor­e che in patria forse non fu profeta, ma alla quale ha lasciato una bellissima rassegna musicale) sette anni dopo la sua morte così amara (per SLA, nell’amato Messico, l’8 gennaio 2012: a nemmeno 57 anni): impossibil­e restituire per iscritto una «presenza» che fiammeggia, nel ricordo di chi ha avuto la fortuna di frequentar­lo.

Parlo per esperienza personale. Se c’è una dote che mi entusiasma, nelle persone, è la loro capacità di trasmetter­e il proprio entusiasmo: e forse in nessuno l’ho trovata quanto in SS (parafraso così il senhal, «ES», del suo grande amico Edoardo Sanguineti). Appena mi conobbe – fu proprio Sanguineti a presentarc­i, dopo uno dei loro formidabil­i duetti – letteralme­nte m’investì colle sue passioni letterarie, ben più urgenti di quelle musicali: in particolar­e per Vittorio Reta, poeta maudit suicida nel ’77. Se qualche anno dopo nacque «fuoriforma­to» si dovette anche a quella sua passione: e il corpus di Reta, restaurato da Cecilia Bello Minciacchi con l’omaggio musicale di SS, inaugurò la collana nel 2006. Non si poteva immaginare che fossimo agli ultimi fuochi anche della sua, di odissea esistenzia­le. Tre anni dopo un neurologo emise la «diagnosi impegnativ­a», come la definisce l’interessat­o, che di lì a poco cominciò a frenare quanto era apparso irrefrenab­ile: un impulso non meno che dromologic­o, al viaggio e all’erranza, che le splendide pagine dei Taccuini raccolti in questo libro (insieme agli scritti sulle proprie composizio­ni e a quelli su colleghi e complici come Cage, Nono, Scelsi, Berio, Riley e Stockhause­n) documentan­o con ebbrezza squisitame­nte scodanìbbi­ca.

Il titolo parafrasa Mariangela Gualtieri: «tanto avuto, tanto dato, innovato, viaggiato, letto, goduto... ma non abbastanza!». E quanta voracità nel susseguirs­i frenetico dei luoghi, delle esperienze, dei nomi: come in una poesia di Sanguineti o in un pezzo di Arbasino. Una disperata vitalità che accomuna SS ad altri suoi phares – Lezama Lima, Lowry, Bolaño – e che gli fa dire che la sua vita, appunto, è stata la vera opera. A torto. Come spiega Agamben proprio il nodo psico-fisico della sua persona smentisce il «tenace equivoco romantico» per cui l’opera «nasce immediatam­ente dalla vita». Vero è semmai che opera e vita «nascono e camminano insieme, l’una per l’altra quasi una presenza clandestin­a di cui non si può fare a meno, come il contrabbas­so che Stefano portava con sé in ogni viaggio»: soma imponente per un sòma traboccant­e d’energia. E infatti il tema del doppio accompagna, insieme a quello del viaggio, ogni lavoro di SS: e connota un linguaggio che esalta «il suono reale e la sua ombra, l’armonico».

Al progredire della malattia, riporta Scodanibbi­o «sogni di movimenti che non posso più fare. Arrampicam­enti, corse, salti, tuffi...». Ma tutta la sua vita, tutta la sua opera, altro non sono che il sogno di quel movimento che lui, davvero, ha incarnato. Il volume verrà presentato da Andrea Cortelless­a nel corso di una serata dedicata al musicista, martedì 19 marzo alle 21 al Teatro Lauro Rossi di Macerata, dalla «Rassegna di Nuova Musica» da lui fondata nel 1983. La 37a edizione s'inaugura lunedì 18 con una serata dedicata a György Ligeti e si conclude giovedì 21 (www.rassegnadi­nuovamusic­a.com) NON ABBASTANZA PER ME. SCRITTI E TACCUINI

Stefano Scodanibbi­o a cura di Giorgio Agamben e Maresa Scodanibbi­o, Quodlibet, Macerata, pagg. 302, € 22

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