Il Sole 24 Ore

Allarme per la fuga dei medici: in 6 anni via 16.700 specialist­i

Lo studio del sindacato. Secondo l’Anaao in Piemonte e in Lombardia ci saranno 2mila unità in meno da qui al 2025 - Anestesist­i, rianimator­i, chirurghi, cardiologi e pediatri sono i profili più carenti

- Barbara Gobbi

In Piemonte e in Lombardia saldi negativi da capogiro: rispettiva­mente -2.004 e -1.921 medici specialist­i mancherann­o all’appello da qui al 2025. Al Centro, la Toscana (-1.793 medici) e - alla voce “Sud e Isole” - la tripletta Puglia, Calabria e Sicilia (1.686, 1.410 e 2.251 camici bianchi fuori dal sistema). È una mappa con effetto gruviera quella tracciata dall’ultima analisi sulle carenze di medici specialist­i per Regione nei prossimi otto anni, messa a punto dal principale sindacato di categoria, l’Anaao Assomed. Un’indagine che certifica gli effetti di una programmaz­ione a dir poco distratta. Sia a livello regionale che nazionale e, ancora, sia per numeri (il cosiddetto fabbisogno) che per specialità carenti. Mancano medici di Pronto soccorso, anestesist­i rianimator­i, chirurghi generali, cardioIogi, pediatri. Solo per citare le discipline più in affanno. E nessuna Regione sarà in grado di soddisfare il deficit determinat­o dall’entrata in vigore di Quota 100 - in combinato disposto con gli effetti della legge Fornero - proprio quando la “gobba pensionist­ica” farà uscire dal mercato i profession­isti più anziani. Che sono un esercito: nel 2015 la platea dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale (Ssn) era fatta per il 68% da ultra cinquanten­ni. La scelta del Molise di “richiamare in servizio” i pensionati, è emblematic­a.

Già nel 2018 il gap di medici arrivava a 10mila profession­isti: al 2025 supererà i 16.700. A ritmi di lavoro massacrant­i, burnout, blocco al turnover e contratto in stand-by da un decennio si è sommata ora la sirena flat tax, che promette una tassazione al 15% a fronte del 45% in regime pubblico. Le proposte per correre subito ai ripari non mancano, a cominciare dal recupero delle borse di specializz­azione perdute, cioè finanziate ma non godute, che superano le 500 ogni anno. Poi c’è all’orizzonte l’avvio dei teaching hospital, che consentire­bbe agli specializz­andi di cominciare subito lavorare, ripopoland­o le corsie. Ma un disegno di sistema appare lontano. «Solo una seria programmaz­ione potrà eliminare l’imbuto formativo che strozza il passaggio dalla laurea alla specializz­azione e noi proponiamo che la competenza passi dal Miur alla Salute – afferma Palermo –. Poi, servono una campagna di assunzioni e almeno 10mila i contratti di specializz­azione l’anno. La nostra non è una battaglia di categoria: in ballo c’è la tenuta del Servizio sanitario, quindi un interesse pubblico».

La mappa dei fabbisogni fotografa un bicchiere mezzo vuoto. Solo il Lazio farebbe eccezione: al 2025 la Regione avrà infatti un surplus di 905 specialist­i, ma anche qui la programmaz­ione è distorta: «Resteranno comunque carenze forti nelle singole branche – registra lo studio Anaao - a cominciare dalla Medicina dell’emergenza urgenza con 554 specialist­i in meno». Intanto il fabbisogno indicato dalla Regione sembra sottostima­to (solo 355 borse di specializz­azione richieste ogni anno), così come è fuorviante la gestione nazionale dei contratti: se il Pronto soccorso è in affanno, il Miur finanzia borse che creano surplus importanti in discipline come la geriatria (127 specialist­i in più rispetto al fabbisogno) e la cardiologi­a (+120 profession­isti in arrivo).

La carenza di specialist­i dimostra l’incapacità di programmar­e a partire dai bisogni reali del Paese

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