Carbone, il Far East traina la domanda
Il presidente Clavarino: «Sul phase-out italiano si apra un tavolo di lavoro»
Il commercio mondiale di carbone continua a correre sfruttando la spinta del sud-est asiatico alla ricerca di di fonti di energia a prezzi bassi. Ecco perché la fotografia 2018 illustrata oggi, in occasione del consueto appuntamento annuale di Assocarboni, dal presidente Andrea Clavarino, conferma la leadership del carbone nella produzione di elettricità con una quota del 40 per cento. Nel 2018, il commercio via mare si è chiuso con un incremento del 3% (1,2 miliardi di tonnellate, di cui 976 milioni di carbone da vapore, +3,3%), sostenuto dal Far East (dall’India al Pakistan, dal Vietnam alla Cina) e dagli ingenti investimenti per acquisire nuova capacità a carbone.
E l’Italia ? «Il nostro paese ricorre al carbone per circa il 10% della produzione totale di energia elettrica spiega Clavarino al Sole 24 Ore contro il 38% della Germania e oltre il 50% dei paesi dell’est Europa». Con conseguenze evidenti soprattutto sull’industria. «Le imprese italiane - prosegue - devono fronteggiare prezzi dell’elettricità del 50% sopra la media europea con pesanti ripercussioni sulla competitività». Nella proposta di Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, la chiusura delle centrali a carbone (phase-out) è confermata entro il 2025, ma Clavarino invita a guardare alla Germania. «Si stanno preparando anche loro all’uscita dal carbone, ma su un orizzonte più ampio: nei prossimi vent’anni saranno chiusi gradualmente gli impianti più datati, mentre quelli ancora efficienti resteranno in funzione, con le ultime dismissioni previste entro il 2038». E, per compensare posti di lavoro e favorire la conversione delle centrali, «sono stati già stimati 40 miliardi di aiuti».
La conclusione è chiara: «Auspichiamo - chiosa - l’apertura di un tavolo di lavoro con istituzioni e operatori elettrici per affrontare tempestivamente e nel modo più opportuno le modalità di chiusura delle centrali e i relativi indennizzi».