«La sentenza spinge a una Ue più ragionevole sugli aiuti di Stato»
«Partiamo da un dato: il ricorso che ha prodotto la sentenza Tercas è stato avviato da noi al Mef; a questa iniziativa si sono associate, ed è un fatto positivo, Bankitalia, il Fondo interbancario e la Popolare di Bari. Per questo dico: abbiamo vinto». Pier Carlo Padoan, che negli oltre quattro anni passati da ministro dell’Economia ha dovuto dedicare una parte importante delle sue energie alla gestione delle crisi bancarie, commenta così la sentenza Tercas. Ma sulle ricadute operative invita alla cautela.
Secondo esponenti di maggioranza la sentenza dimostra che l’Italia non si sarebbe dovuta “piegare” alla commissione nei casi successivi di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrara, con le conseguenze che la liquidazione ha prodotto sui risparmiatori.
Chi dice questo si dimentica che ci sono i mercati. Con una posizione contraria della Dg Competition, i mercati non avrebbero riconosciuto aumenti di capitale finanziati con il fondo interbancario, che quindi sarebbero stati inutili. Ed è strano che una maggioranza che proprio per la reazione dei mercati ha dovuto compiere una svolta a «U» sulla manovra sollevi ora questo argomento. E la vicenda del fondo risparmiatori mostra che anche il governo attuale usa qualche prudenza nei rapporti con Bruxelles.
Se non ci fosse stata quella posizione da parte della commissione, però, la gestione delle crisi successive sarebbe stata diversa. Non c’è dubbio, ma non si possono prospettare conseguenze automatiche perché la sentenza si occupa di un caso specifico. Certo, lo scenario sarebbe stato diverso, ma bisogna stare attenti a dire che non ci sarebbero stati problemi.
Non è possibile ipotizzare risarcimenti dei danni collaterali prodotti dai «no» della commissione?
Sulla vicenda trattata dai giudici bisogna attivarsi subito, ma ipotizzare ristori di danni ipotetici sugli altri casi mi pare più complicato. Su un piano più politico, invece, la sentenza è una chiamata di responsabilità a cui la commissione dovrebbe dare una risposta, riconoscendo di aver avuto un atteggiamento troppo rigido che ha avuto effetti molto pesanti sulla gestione delle crisi successive.
E su un piano più pratico?
La sentenza permette alla commissione di diventare più ragionevole sul problema degli aiuti di Stato nell’utilizzo dei fondi contro le crisi del credito; deve essere l’occasione che spinge la Ue a dotarsi di una cassetta degli attrezzi più fornita. Anche da ministro sostenevo che l’Unione bancaria non dispone di strumenti sufficientemente flessibili per la gestione delle crisi, e la sentenza lo dimostra.
Ma ci sono spazi politici per un cambiamento di rotta? La questione è politicamente matura, e condivisa anche da altri Paesi. E mi sembra che l’Italia, se non altro per tutti gli sforzi compiuti in questi anni, abbia i titoli per avere voce in capitolo. Mi auguro che il governo si faccia sentire.
Sulla vicenda bisogna attivarsi subito, ma ipotizzare ristori di danni ipotetici sugli altri casi mi pare complicato