Iscrizioni chiuse per l’assemblea, Tim giù in Borsa
Vivendi va fino in fondo, la richiesta di revoca non può più essere ritirata
Conto alla rovescia per l’assemblea Telecom. Ieri cadeva il record date, il giorno in cui i fondi avrebbero dovuto depositare le azioni prezzo le banche per partecipare all’adunanza del 29 marzo. Presto per avere indicazioni affidabili sull’affluenza, ma - almeno per quanto riguarda la richiesta di revoca di cinque consiglieri della lista Elliott - il risultato pare ormai scritto. Difficile, se non impossibile, che Vivendi l’abbia vinta sulla richiesta di cambiare in questo modo la composizione del consiglio. Legalmente la richiesta di revoca, ora che è stata introdotta tra i punti all’ordine del giorno, non può più essere ritirata, ma pare comunque che la media company che fa capo a Vincent Bolloré abbia tutta l’intenzione di andare fino in fondo. Anche se la conta potrebbe rivelarsi amara per i francesi.
Tra i candidati a entrare nel board, nel caso in cui dovesse passare la revoca, c’è anche Gabriele Galateri che comunque - come previsto - dovrebbe essere riconfermato al vertice di Generali in linea di continuità. La ratifica ufficiale si avrà dal comitato nomine di Mediobanca - dal quale uscirà la lista di maggioranza per il rinnovo del cda della compagnia triestina - che dovrebbe tenersi la settimana prossima, presumibilmente anche prima dell’assemblea Telecom che si riunirà venerdì a Rozzano.
Giochi fatti comunque in Borsa, dove gli acquisti, già da inizio settimana, non sono più validi per portare i titoli in assemblea. Finiti dunque i posizionamenti, le quotazioni hanno ritracciato, con un calo a fine giornata del 2,39% a 0,5259 euro. JP Morgan, controparte per il collar di Elliott, ha comunicato intanto - come si apprende dalle rilevazioni Consob - di essere scesa dal 6,78% al 4,858%.
Cdp, recentemente salita al 9,8%, voterà in linea col progetto industriale che vorrebbe favorire, cioè l’unificazione dell’infrastruttura di rete con Open Fiber. Quindi a sostegno del piano portato avanti dall’ad Luigi Gubitosi che - almeno a parole - non viene sfidato neanche da Parigi. Gubitosi, all’incontro con gli investitori organizzato da Citi, ha ripetuto che una combinazione con Open Fiber, a suo giudizio, avrebbe molto senso. lo riferisce una nota dell’analista Kevin Patel, che circola tra gli investitori, che cita anche la possibile cessione del Brasile come estrema mossa per la riduzione del debito. In realtà, come spiega la stessa nota, Gubitosi si è detto “bullish” su Tim Brasil, che vuole rilanciare, e l’uscita dal Sud America non è in programma.
Per il resto continua a esserci l’aspettativa che Cdp, vista la quota accumulata, prima o poi debba fare ingresso nel board Telecom, anche in chiave di assunzione di responsabilità, ma non è chiaro come. Da parte sua il presidente Fulvio Conti, nel mirino di Vivendi, non ha nessuna intenzione di farsi da parte. E tranne forse un caso, nessuno sembra disposto a dimettersi spontaneamente. Se comunque Cdp facesse ingresso nel board Telecom, avendo una quota inferiore al 10% - soglia che fa da spartiacque per il collegamento societario - non ci sarebbero particolari problemi formali a trattare con Open Fiber che pure è partecipata al 50% dalla Cassa. Ma certamente sarebbe più “elegante” se l’eventuale futuro rimpasto del cda Telecom avvenisse in seguito a una fusione che ricomponesse l’azionariato. Un canovaccio tutto da costruire. Ad ogni modo è abbastanza evidente che non possa continuare all’infinito il braccio di ferro nell’azionariato che come risultato ha prodotto una cronica spaccatura all’interno del consiglio tra maggioranza “Elliott” e minoranza Vivendi.