La Ue: il sì alla proroga di Brexit solo se sarà approvato l’accordo
Oggi la risposta del Consiglio europeo alla richiesta della May La premier britannica propone un rinvio non oltre il 30 giugno
L’Unione Europea è disposta a concedere un breve rinvio di Brexit, ma solo se l’accordo di recesso sarà approvato da Westminster la settimana prossima. Lo ha dichiarato ieri il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk rispondendo alla lettera di Theresa May che chiedeva formalmente un’estensione oltre la data di uscita prevista del 29 marzo.
Dopo essersi consultato con i 27, Tusk ha dichiarato ieri che se i deputati britannici daranno luce verde, la concessione del rinvio sarà formalizzata con una lettera ma se necessario ci sarà un summit Ue straordinario poche ore prima della data prevista di Brexit. «Cercheremo fino all’ultimo momento di trovare una soluzione positiva con la pazienza e la buona volontà dimostrate finora», ha detto Tusk.
Nella sua lettera, la premier britannica ha chiesto un rinvio fino al 30 giugno solo per poter ripresentare al Parlamento l’accordo da lei concordato con la Ue e avere poi tempo di ratificarlo se verrà approvato, ma ha escluso la possibilità di un’estensione più lunga.
È un’inversione di rotta rispetto alle dichiarazioni di Downing Street martedì che la lettera avrebbe lasciato aperta la possibilità di un rinvio più lungo se il Parlamento avesse respinto l’accordo per la terza volta.
Tusk ha detto che «la questione della durata dell’estensione resta aperta», perché «la proposta del 30 giugno, pur avendo i suoi meriti, crea una serie di questioni di natura politica e legale». In un documento la Ue aveva aveva indicato una scelta tra un rinvio più breve, fino al 23 maggio al più tardi per non scontrarsi con le elezioni europee, oppure un’estensione lunga anche fino al dicembre 2020.
Si profila quindi un disaccordo con la Ue sui tempi del rinvio, mentre a Westminster la premier britannica sembra sempre più isolata ed è stata aspramente criticata da deputati di tutti i partiti in un dibattito di emergenza.
«Non sono disposta a rinviare Brexit oltre il 30 giugno», ha dichiarato categorica la May in Parlamento, spiegando che andare oltre sarebbe un tradimento del risultato del referendum del 2016. Sarebbe inoltre «inaccettabile che tre anni dopo avere votato a favore di lasciare la Ue gli elettori britannici debbano partecipare alle elezioni europee», ha detto.
Il grande punto interrogativo ora è cosa succederà se il Parlamento respingerà di nuovo l’accordo. Le chance di un’approvazione si sono infatti ridotte con la decisione della May di ieri, perché la premier ha eliminato l’unico incentivo che i ribelli euroscettici avevano per votare a favore, cioè il timore di un lungo rinvio di Brexit. Ora che il 29 marzo è a portata di mano, il fronte pro-Brexit voterà contro l’accordo.
La May non ha dato indicazioni su cosa potrà succedere, dichiarando solo «che sarà il Parlamento a decidere». Alcuni deputati hanno chiesto e ottenuto dallo Speaker John Bercow il permesso di tenere una sessione straordinaria del Parlamento nel fine settimana per cercare una soluzione.
La premier si è rifiutata di rispondere alle molte domande dei deputati che le chiedevano se intende dare le dimissioni se il suo accordo verrà respinto. Secondo voci che circolano a Westminster, in caso di terzo fallimento della sua intesa la May sarebbe pronta a indire elezioni anticipate.
Il voltafaccia della May sul rinvio ha suscitato una reazione concitata in Parlamento. Il leader laburista Jeremy Corbyn ha detto che «l’incompetenza e l’intransigenza della premier ci hanno portato nel bel mezzo di una crisi nazionale».
Altrettanto duro il veterano Tory Dominic Grieve, che ha dichiarato: «Non mi sono mai vergognato tanto di essere membro del partito conservatore».