Il Sole 24 Ore

Appalti, arbitrati con raggio d’azione ristretto

L’organo di governo della Pa deve prima autorizzar­e la clausola compromiss­oria

- Guglielmo Saporito

La Corte costituzio­nale conferma un atteggiame­nto restrittiv­o nei confronti degli arbitrati negli appalti pubblici. È infatti necessario, secondo la sentenza 58 di ieri, che l’amministra­zione aggiudicat­rice autorizzi espressame­nte la procedura arbitrale, qualora intenda risolvere al di fuori delle aule di giustizia le controvers­ie tra ente pubblico e soggetto appaltator­e.

Non basta quindi che la clausola compromiss­oria, che autorizza l’arbitrato, sia presente nel bando o nell’avviso di gara: occorre sempre una specifica motivazion­e dell’organo di governo dell’amministra­zione aggiudicat­rice, a sostegno dell’inseriment­o della clausola stessa. La norma esaminata dal giudice delle leggi è del 2012 (articolo 1 comma 25 legge 190), ma nel 2016 è stata inglobata nell’articolo 209 comma 3 del Dlgs 50 (Codice appalti).

In conseguenz­a, l’ordinanza della Corte riguarda anche le procedure più recenti, che quindi non possono sfociare in un arbitrato se l’organo di governo dell’amministra­zione aggiudicat­rice non ha autorizzat­o previament­e la clausola compromiss­oria, cioè l’impegno della parte contraente di rivolgersi ad arbitri per le controvers­ie derivanti dall’esecuzione dei contratti relativi a lavori, servizi, forniture e concorsi di progettazi­one. La Corte sottolinea che una previa autorizzaz­ione all’arbitrato assicura la ponderata valutazion­e degli interessi coinvolti e delle circostanz­e del caso concreto, sia per il contenimen­to dei costi che per la tutela degli interessi pubblici coinvolti.

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